ATTUALITA'
Giovanna Repetto
C’è vita nella fantascienza italiana? Incontro con Lukha B. Kremo
Il nostro viaggio nell’attualità della fantascienza italiana ci porta a incontrare un’altra figura poliedrica, che si mette personalmente in gioco e ci riserva belle sorprese. È Lukha B. Kremo (nome d’arte, ma è quello che ci interessa) vincitore dell’ultima edizione del Premio Urania con il romanzo Pulphagus® Fango dei cieli. Laureato in Storia Medievale, ha lavorato come insegnante ma anche come correttore di bozze presso importanti case editrici. Attualmente è lui stesso editore avendo fondato la Kipple Officina Libraria, e affianca questa attività a quella di scrittore. È autore di diversi racconti e romanzi, fra cui la trilogia degli Inframondi pubblicata da Delos: tre romanzi basati sulla teoria delle "dimensioni arrotolate", I nerogatti di Sodw, Morgànt dei Nerogatti, e recentemente I nerogatti di Briganti, che chiude il ciclo.
Lukha, noi del Paradiso abbiamo intrapreso un viaggio nella fantascienza italiana dei giorni nostri per rispondere all’annosa domanda: c’è vita? Ora stiamo scoprendo che in quest’ambito esistono dei movimenti piuttosto vitali, come il Connettivismo, e a quanto pare tu nei fai parte.
Io preferisco la sineddoche Connettivisti, in quanto ognuno si riconosce nel movimento senza che questo debba riconoscere o meno l’appartenenza.
Com’è cominciato?
I Connettivisti si sono conosciuti in rete e hanno redatto un manifesto, pubblicato nel solstizio buio del 2004, in base alle proprie sensibilità simili. Nella stessa notte, senza che io ancora li conoscessi, dichiarai l’indipendenza della Nazione Oscura Caotica. Entro un anno, conobbi i fondatori del movimento e scoprimmo la coincidenza o, se preferite, il giusto allineamento spaziotemporale.
In che modo questa appartenenza ti coinvolge nella tua attività di scrittore?
Non è il movimento che mi coinvolge in ciò che scrivo, ma al contrario, l’arte di chi vi si riconosce che porta avanti il movimento. Nel 2014 i Connettivisti hanno tracciato un punto fermo a dieci anni dalla pubblicazione del manifesto (2004), in minima parte come raccolta o celebrazione del lavoro fatto (per esempio l’antologia The Origins pubblicata da Kipple Officina Libraria o la raccolta per Delos, con Bruce Sterling che farà da capocordata, che dovrebbe uscire dopo due anni di gestazione!), ma soprattutto un rilancio per esplorare nuovi territori.
Ho letto il manifesto connettivista. È di per sé un’opera d’arte, un poema percorso da una grande potenza visionaria. Ricorda, per la passione che lo anima, le grandi secessioni artistiche, come il Futurismo. Di solito i movimenti dichiarano i loro enunciati in opposizione a qualcosa da cui si vogliono distinguere. Anche i Connettivisti hanno una sorta di rabbia che li porta a rifiutare qualcosa del passato (o del presente)?
Per quanto mi riguarda, sono arrabbiato con la rabbia che c’è nel mondo presente. La paura è il combustibile e l’ignoranza il comburente. Però non direi che rifiutiamo il passato, anzi lo richiamiamo con i Futuristi, una sorta di retropassato.
Il manifesto è enunciato in dieci punti. Ce n’è uno, fra questi dieci, in cui ti riconosci particolarmente?
La visione connettivista ha un aspetto olistico, per questo non sarebbe corretto scindere analiticamente un punto del manifesto dall’altro. I fenomeni più complessi, come la mente e l’universo, non possono essere compresi solo analiticamente, ma anche e soprattutto con una sorta di visione olistica.
L’ottica connettivista ha qualcosa in comune con il concetto di sincronicità di Jung?
Sì, ci sono visioni in differenti discipline che intendono lo stesso significato/sensazione. I Connettivisti amano però particolarmente la teoria del Paradigma Olografico, per cui la terza dimensione è una proiezione olografica a partire dalle prime due. E preferiscono questa perché si basa su osservazioni rigorosamente scientifiche, riuscendo a fondere insieme pensiero logico-analitico e intuitivo-olistico.
Chi sono i Connettivisti che hanno lanciato insieme a te il manifesto?
Il manifesto è stato scritto da Giovanni De Matteo, i fondatori sono, oltre a lui, Sandro Battisti e Marco Milani. Al momento, i Connettivisti più attivi comprendono anche me, Alex Tonelli, Marco Moretti, Domenico Mastrapasqua e Giovanni Agnoloni.
Hai detto di aver dichiarato l’indipendenza della Nazione Oscura Caotica. È una faccenda intrigante. Di che si tratta?
Già dal 2000 mi diletto nello stampare francobolli artistici. Il 2004 fu dichiarato dalla mail art italiana l’anno delle “azioni oscure”. La Nazione Oscura Caotica è una micronazione che nasce proprio come azione oscura dell’anno 2004, quindi è da considerarsi un’opera d’arte parodistica (arte azionista di creare una nazione, giocando sull’assonanza azione oscura/nazione oscura con l’aggiunta dell’altro elemento a cui sono legato, il caos).
Questo mi conferma nella constatazione di un “passaggio all’atto” degli scrittori di fantascienza italiani. C’è una sorta di discesa in campo, al di là della produzione letteraria. Concretamente, in che cosa consiste la tua attività in favore della Nazione Oscura?
Ho stampato francobolli, banconote e - fondamentale per la cittadinanza -il passaporto. Abbiamo eletto un governo con una decina di ministri, alcuni ambasciatori e votiamo online sulle più importanti questioni internazionali. Il tutto si può seguire nel volontariamente iperburocratico blog nazioneoscura.wordpress.com, dove si spiega la trafila per ottenere la cittadinanza e votare.
Nel 2010 mi sono trasferito a Torriglia (Ge) e ho fuso la Nazione Oscura con la neonata Repubblica di Torriglia, in omaggio alla Repubblica Partigiana di Torriglia del 1944.
Nell’ambito della fantascienza tu svolgi un doppio ruolo, di scrittore ed editore. Come sei arrivato all’editoria?
Ho sempre amato seguire la filiera della lavorazione di un prodotto, in special modo del libro. Così, nel 1995, andai in tipografia e feci stampare il libro che avevo scritto, inventandomi il marchio Kipple (preso dalla parola di Philip K. Dick con la successiva aggiunta di Officina Libraria, che è la parola latina per casa editrice e richiama la lavorazione artigianale). Successivamente sentii l’esigenza di unirmi al mondo della fantascienza, dell’horror e del giallo che stavo conoscendo in quel periodo. E creai la fanzine Avatär, cercando i contributi di vari autori. Dal gennaio 2000 a fine 2004 sono usciti 14 numeri che si sono portati a casa 3 Premi Italia. A quel punto nel 2005 decisi di fare le cose a livello professionale, inaugurando la collana “Avatar”, tutt’ora esistente e giunta al numero 30.
Che cosa guida le tue scelte editoriali?
Le scelte editoriali sono sempre state coraggiose, votate al nuovo e all’originale. Al momento, il nostro motto è Be Weird Be Kipple, perché non saprei definire meglio cosa stiamo cercando.
Hai vinto il Premio Urania con “Pulphagus®”, qui recensito. Ci sono diverse idee geniali, fra cui il valore commerciale delle parole, che hanno un costo anche nella lingua parlata. La parola è sempre una specie di punto dolente. Se ne discute, ci si preoccupa della sua evoluzione o involuzione, nel linguaggio e nella scrittura. E non è raro che gli scrittori, oltre a servirsi della parola, ne facciano oggetto di riflessione. Anche tu, vedo.
Sono sempre stato incuriosito dalla parola, dall’evoluzione della lingua, dalla trasmigrazione delle accezioni. Amo giocarci, inventare e fondere parole. Ma sono anche uno scrittore, il cui compito è quello di comunicare una storia e un messaggio. Pulphagus è il perfetto equilibrio di tutto ciò che amo, la storia delle storie (l’amore, la discesa negli inferi), la ricerca linguistica non fine a se stessa, e il messaggio sociale ecologico, politico, utopico/distopico. Lascio volentieri che il romanzo si difenda da solo, se ci riesce. Per quanto mi riguarda il linguaggio è l’elemento più sottovalutato tra quelli che chi ha o raggiunge il potere prova o riesce a controllare. Sono in linea con William Burroughs quando sosteneva che il potere controlla la società e l’uomo per mezzo del sesso, della droga e della parola, considerando anche la lezione di Marshall McLuhan, per cui il mezzo è talmente importante da riuscire a modificare o sconvolgere il messaggio stesso. Basta guardarsi intorno (nel mondo) per capire che le prove sono davanti ai nostri occhi.
Da un’indiscrezione ho saputo che hai festeggiato la vittoria al Premio Urania acquistando un quadro. È vero?
Potrei rispondere di sì. Perché – connettivisticamente e nietzschianamente parlando – lo spaziotempo si è incurvato finché l’attimo si è fuso ai suoi vicini. Mi spiego. Il quadro (l’autoritratto di Prof. Bad Trip, mio mito personale, con cui ho avuto la fortuna di parlare insieme una notte intera), l’ho comprato pochi giorni prima di sapere della vittoria. Il prezzo del quadro e le royalties di Mondadori ammontano quasi alla stessa cifra, quindi direi che è un altro degli allineamenti spaziotemporali cui accennavo prima.
Pensi che ci sia un legame particolare fra la fantascienza e le arti visive?
La fantascienza è la letteratura più legata alle arti visive, proprio per le sue caratteristiche di “letteratura dell’immaginario”, come del resto si può constatare vedendo l’alto numero di film e serie di fantascienza (anche se spacciate per altro), nonostante siano i lavori più costosi.
Attualmente stai scrivendo?
Sto scrivendo o scriverò uno o più romanzi ambientati nel mondo di Pulphagus, e alcune cose a sorpresa, forse più connettiviste, se preferite slipstream, romanzi o racconti.
Hai altri progetti per l’immediato futuro?
Continuo i miei progetti a metà tra musica e arte (come il cd KREDRZ), senza trascurare la Kipple, che a breve aprirà il nuovo, fiammante sito, e i Connettivisti, che non hanno mai smesso di pensare e partorire idee. Ad aprile, la frangia più fedele dei Connettivisti s’incontrerà a Villa Kremo a Torriglia, celebrando l’incontro di Villa Diodati del 1816 di Lord Byron, Mary Shelley e John Polidori, dove per “scommessa” la Shelley gettò le basi di ciò che considero il primo romanzo di fantascienza propriamente detta, cioè Frankenstein. In quella sede prenderemo anche altre decisioni che ora non posso anticipare, ma che riguarderanno anche i non connettivisti.
Allora restiamo in attesa!
Nota
MANIFESTO DEL CONNETTIVISMO
Siamo i Custodi della Percezione, i Guardiani degli Angeli Caduti in Fiamme dal
Cielo, Lupi Siderali. Un gruppo di liberi pensatori indipendenti.
Viviamo nel cyberspazio, siamo dappertutto. Non conosciamo frontiere.
Questo è il nostro manifesto.
1. Canteremo la resurrezione dell'anima consumata nella tecnologia. La
notte, il sogno, la visione e la connessione. E tutto ciò che sublima le nostre
anime a un ordine superiore di conoscenza.
2. Il deragliamento dei sensi, le corrispondenze analogiche e la rottura del
controllo saranno gli strumenti fondamentali della nostra ricerca.
3. Noi vogliamo scavare a fondo nelle carni dell'universo, penetrare sotto
l'epidermide del mondo e raggiungerne il midollo pulsante. La parola, l'immagine
e l'equazione sono i virus che trasportano la nostra infezione.
4. Noi crediamo che il mistero dell'universo è codificato in una chiave
inafferrabile e indistruttibile: l'ologramma. Il principio olografico, il
modello olonomico della mente e l'olomovimento: dalla struttura della realtà ai
nostri schemi di senso la percezione conosce un solo paradigma, che racchiude le
istanze della relatività e dell'indeterminazione.
5. L'ordine esplicito dischiuso al senso è solo l'immagine proiettata di un
ordine implicito irraggiungibile. Non basta dissecare il mondo per svelare la
verità che nasconde. Occorre risalire il fascio di luce fino alla pellicola per
comprendere da dove proviene l'immagine che vediamo. Vogliamo rimontare il
flusso fino a toccare la sorgente che inganna la percezione e staccare la luce:
solo così solleveremo il velo.
6. Ci abbandoniamo al riflusso pronti a catturare l'onda irrequieta del
tempo. Sulle spiagge del futuro ascoltiamo la voce dei morti e la musica che
emerge da tutte le cose del mondo: il nostro sogno è un rituale di negromanzia quantistica.
7. Noi siamo quelli che camminano da soli per strada, quelli sospesi tra
l'illusione del mondo virtuale e l'inganno del mondo reale. Scorriamo i sentieri
eterei della rete, navighiamo nell'oceano dell'informazione, siamo impulsi di
adrenalina nei cavi che cablano la realtà. Siamo lupi siderali alla deriva sulle
correnti ioniche del vento solare, ombre che cantano alla notte per ascoltare
l'eco delle voci risuonare in lontananza. Immersi nel flusso ininterrotto
dell'informazione, ci lasciamo guidare da spettri e percorriamo le immense
distese silenziose di periferie entropiche adagiate nel crepuscolo dei sensi.
Siamo quelli che sostano all'ombra degli alberi, in ascolto del loro respiro
avvolgente. E quando dormiamo, esploriamo le Terre del Sogno.
8. Non abbiamo nomi. Il nostro vero nome è un sussurro nel buio, un rumore
nascosto nella radiazione di fondo dell'universo, un segnale immerso nel rumore
bianco della materia. Il nostro nome vaga libero nella notte.
9. Noi siamo rabdomanti cibernetici. Ricerchiamo le connessioni segrete che
custodiscono il significato e lo spirito di tutte le cose. Siamo decifratori e
vogliamo scardinare il flusso di tutte le cose, risolvere il tempo nella
sovrapposizione concorrente degli eventi.
10. Noi vogliamo cantare le strade deserte della notte, i monumenti congelati
nel silenzio, le luci al neon della metropolitana, le periferie spettrali, i
cimiteri di campagna, i reperti dell'archeologia postindustriale, le autostrade
abbandonate, le città rase al suolo dai bombardamenti, le strade dei briganti,
la morbida geometria dei corpi, il silenzio attinico di stanze d'albergo
abbandonate, la carica sensuale della promiscuità tecnologica, il caos, le
stelle, i pianeti deserti, le sonde lanciate verso la notte, la musica radiante
di quasar morte, la tenebra metafisica di un orizzonte degli eventi, la
connessione neurale. Il respiro della notte, il ruggito delle novae e i sospiri
di stanze che deformano la nostra comprensione dei sogni. Siamo antenne puntate
nel vuoto, variabili impazzite, violini male accordati, cronoscopi fuori fuoco.
Inseguiamo la condivisione delle anime, dei luoghi, del tempo, usando antichi
percorsi mistici. Viviamo nella connessione e siamo protesi verso il futuro. Per
questo
NOI SAREMO TUTTO!
Lukha, noi del Paradiso abbiamo intrapreso un viaggio nella fantascienza italiana dei giorni nostri per rispondere all’annosa domanda: c’è vita? Ora stiamo scoprendo che in quest’ambito esistono dei movimenti piuttosto vitali, come il Connettivismo, e a quanto pare tu nei fai parte.
Io preferisco la sineddoche Connettivisti, in quanto ognuno si riconosce nel movimento senza che questo debba riconoscere o meno l’appartenenza.
Com’è cominciato?
I Connettivisti si sono conosciuti in rete e hanno redatto un manifesto, pubblicato nel solstizio buio del 2004, in base alle proprie sensibilità simili. Nella stessa notte, senza che io ancora li conoscessi, dichiarai l’indipendenza della Nazione Oscura Caotica. Entro un anno, conobbi i fondatori del movimento e scoprimmo la coincidenza o, se preferite, il giusto allineamento spaziotemporale.
In che modo questa appartenenza ti coinvolge nella tua attività di scrittore?
Non è il movimento che mi coinvolge in ciò che scrivo, ma al contrario, l’arte di chi vi si riconosce che porta avanti il movimento. Nel 2014 i Connettivisti hanno tracciato un punto fermo a dieci anni dalla pubblicazione del manifesto (2004), in minima parte come raccolta o celebrazione del lavoro fatto (per esempio l’antologia The Origins pubblicata da Kipple Officina Libraria o la raccolta per Delos, con Bruce Sterling che farà da capocordata, che dovrebbe uscire dopo due anni di gestazione!), ma soprattutto un rilancio per esplorare nuovi territori.
Ho letto il manifesto connettivista. È di per sé un’opera d’arte, un poema percorso da una grande potenza visionaria. Ricorda, per la passione che lo anima, le grandi secessioni artistiche, come il Futurismo. Di solito i movimenti dichiarano i loro enunciati in opposizione a qualcosa da cui si vogliono distinguere. Anche i Connettivisti hanno una sorta di rabbia che li porta a rifiutare qualcosa del passato (o del presente)?
Per quanto mi riguarda, sono arrabbiato con la rabbia che c’è nel mondo presente. La paura è il combustibile e l’ignoranza il comburente. Però non direi che rifiutiamo il passato, anzi lo richiamiamo con i Futuristi, una sorta di retropassato.
Il manifesto è enunciato in dieci punti. Ce n’è uno, fra questi dieci, in cui ti riconosci particolarmente?
La visione connettivista ha un aspetto olistico, per questo non sarebbe corretto scindere analiticamente un punto del manifesto dall’altro. I fenomeni più complessi, come la mente e l’universo, non possono essere compresi solo analiticamente, ma anche e soprattutto con una sorta di visione olistica.
L’ottica connettivista ha qualcosa in comune con il concetto di sincronicità di Jung?
Sì, ci sono visioni in differenti discipline che intendono lo stesso significato/sensazione. I Connettivisti amano però particolarmente la teoria del Paradigma Olografico, per cui la terza dimensione è una proiezione olografica a partire dalle prime due. E preferiscono questa perché si basa su osservazioni rigorosamente scientifiche, riuscendo a fondere insieme pensiero logico-analitico e intuitivo-olistico.
Chi sono i Connettivisti che hanno lanciato insieme a te il manifesto?
Il manifesto è stato scritto da Giovanni De Matteo, i fondatori sono, oltre a lui, Sandro Battisti e Marco Milani. Al momento, i Connettivisti più attivi comprendono anche me, Alex Tonelli, Marco Moretti, Domenico Mastrapasqua e Giovanni Agnoloni.
Hai detto di aver dichiarato l’indipendenza della Nazione Oscura Caotica. È una faccenda intrigante. Di che si tratta?
Già dal 2000 mi diletto nello stampare francobolli artistici. Il 2004 fu dichiarato dalla mail art italiana l’anno delle “azioni oscure”. La Nazione Oscura Caotica è una micronazione che nasce proprio come azione oscura dell’anno 2004, quindi è da considerarsi un’opera d’arte parodistica (arte azionista di creare una nazione, giocando sull’assonanza azione oscura/nazione oscura con l’aggiunta dell’altro elemento a cui sono legato, il caos).
Questo mi conferma nella constatazione di un “passaggio all’atto” degli scrittori di fantascienza italiani. C’è una sorta di discesa in campo, al di là della produzione letteraria. Concretamente, in che cosa consiste la tua attività in favore della Nazione Oscura?
Ho stampato francobolli, banconote e - fondamentale per la cittadinanza -il passaporto. Abbiamo eletto un governo con una decina di ministri, alcuni ambasciatori e votiamo online sulle più importanti questioni internazionali. Il tutto si può seguire nel volontariamente iperburocratico blog nazioneoscura.wordpress.com, dove si spiega la trafila per ottenere la cittadinanza e votare.
Nel 2010 mi sono trasferito a Torriglia (Ge) e ho fuso la Nazione Oscura con la neonata Repubblica di Torriglia, in omaggio alla Repubblica Partigiana di Torriglia del 1944.
Nell’ambito della fantascienza tu svolgi un doppio ruolo, di scrittore ed editore. Come sei arrivato all’editoria?
Ho sempre amato seguire la filiera della lavorazione di un prodotto, in special modo del libro. Così, nel 1995, andai in tipografia e feci stampare il libro che avevo scritto, inventandomi il marchio Kipple (preso dalla parola di Philip K. Dick con la successiva aggiunta di Officina Libraria, che è la parola latina per casa editrice e richiama la lavorazione artigianale). Successivamente sentii l’esigenza di unirmi al mondo della fantascienza, dell’horror e del giallo che stavo conoscendo in quel periodo. E creai la fanzine Avatär, cercando i contributi di vari autori. Dal gennaio 2000 a fine 2004 sono usciti 14 numeri che si sono portati a casa 3 Premi Italia. A quel punto nel 2005 decisi di fare le cose a livello professionale, inaugurando la collana “Avatar”, tutt’ora esistente e giunta al numero 30.
Che cosa guida le tue scelte editoriali?
Le scelte editoriali sono sempre state coraggiose, votate al nuovo e all’originale. Al momento, il nostro motto è Be Weird Be Kipple, perché non saprei definire meglio cosa stiamo cercando.
Hai vinto il Premio Urania con “Pulphagus®”, qui recensito. Ci sono diverse idee geniali, fra cui il valore commerciale delle parole, che hanno un costo anche nella lingua parlata. La parola è sempre una specie di punto dolente. Se ne discute, ci si preoccupa della sua evoluzione o involuzione, nel linguaggio e nella scrittura. E non è raro che gli scrittori, oltre a servirsi della parola, ne facciano oggetto di riflessione. Anche tu, vedo.
Sono sempre stato incuriosito dalla parola, dall’evoluzione della lingua, dalla trasmigrazione delle accezioni. Amo giocarci, inventare e fondere parole. Ma sono anche uno scrittore, il cui compito è quello di comunicare una storia e un messaggio. Pulphagus è il perfetto equilibrio di tutto ciò che amo, la storia delle storie (l’amore, la discesa negli inferi), la ricerca linguistica non fine a se stessa, e il messaggio sociale ecologico, politico, utopico/distopico. Lascio volentieri che il romanzo si difenda da solo, se ci riesce. Per quanto mi riguarda il linguaggio è l’elemento più sottovalutato tra quelli che chi ha o raggiunge il potere prova o riesce a controllare. Sono in linea con William Burroughs quando sosteneva che il potere controlla la società e l’uomo per mezzo del sesso, della droga e della parola, considerando anche la lezione di Marshall McLuhan, per cui il mezzo è talmente importante da riuscire a modificare o sconvolgere il messaggio stesso. Basta guardarsi intorno (nel mondo) per capire che le prove sono davanti ai nostri occhi.
Da un’indiscrezione ho saputo che hai festeggiato la vittoria al Premio Urania acquistando un quadro. È vero?
Potrei rispondere di sì. Perché – connettivisticamente e nietzschianamente parlando – lo spaziotempo si è incurvato finché l’attimo si è fuso ai suoi vicini. Mi spiego. Il quadro (l’autoritratto di Prof. Bad Trip, mio mito personale, con cui ho avuto la fortuna di parlare insieme una notte intera), l’ho comprato pochi giorni prima di sapere della vittoria. Il prezzo del quadro e le royalties di Mondadori ammontano quasi alla stessa cifra, quindi direi che è un altro degli allineamenti spaziotemporali cui accennavo prima.
Pensi che ci sia un legame particolare fra la fantascienza e le arti visive?
La fantascienza è la letteratura più legata alle arti visive, proprio per le sue caratteristiche di “letteratura dell’immaginario”, come del resto si può constatare vedendo l’alto numero di film e serie di fantascienza (anche se spacciate per altro), nonostante siano i lavori più costosi.
Attualmente stai scrivendo?
Sto scrivendo o scriverò uno o più romanzi ambientati nel mondo di Pulphagus, e alcune cose a sorpresa, forse più connettiviste, se preferite slipstream, romanzi o racconti.
Hai altri progetti per l’immediato futuro?
Continuo i miei progetti a metà tra musica e arte (come il cd KREDRZ), senza trascurare la Kipple, che a breve aprirà il nuovo, fiammante sito, e i Connettivisti, che non hanno mai smesso di pensare e partorire idee. Ad aprile, la frangia più fedele dei Connettivisti s’incontrerà a Villa Kremo a Torriglia, celebrando l’incontro di Villa Diodati del 1816 di Lord Byron, Mary Shelley e John Polidori, dove per “scommessa” la Shelley gettò le basi di ciò che considero il primo romanzo di fantascienza propriamente detta, cioè Frankenstein. In quella sede prenderemo anche altre decisioni che ora non posso anticipare, ma che riguarderanno anche i non connettivisti.
Allora restiamo in attesa!
Nota
MANIFESTO DEL CONNETTIVISMO
Siamo i Custodi della Percezione, i Guardiani degli Angeli Caduti in Fiamme dal
Cielo, Lupi Siderali. Un gruppo di liberi pensatori indipendenti.
Viviamo nel cyberspazio, siamo dappertutto. Non conosciamo frontiere.
Questo è il nostro manifesto.
1. Canteremo la resurrezione dell'anima consumata nella tecnologia. La
notte, il sogno, la visione e la connessione. E tutto ciò che sublima le nostre
anime a un ordine superiore di conoscenza.
2. Il deragliamento dei sensi, le corrispondenze analogiche e la rottura del
controllo saranno gli strumenti fondamentali della nostra ricerca.
3. Noi vogliamo scavare a fondo nelle carni dell'universo, penetrare sotto
l'epidermide del mondo e raggiungerne il midollo pulsante. La parola, l'immagine
e l'equazione sono i virus che trasportano la nostra infezione.
4. Noi crediamo che il mistero dell'universo è codificato in una chiave
inafferrabile e indistruttibile: l'ologramma. Il principio olografico, il
modello olonomico della mente e l'olomovimento: dalla struttura della realtà ai
nostri schemi di senso la percezione conosce un solo paradigma, che racchiude le
istanze della relatività e dell'indeterminazione.
5. L'ordine esplicito dischiuso al senso è solo l'immagine proiettata di un
ordine implicito irraggiungibile. Non basta dissecare il mondo per svelare la
verità che nasconde. Occorre risalire il fascio di luce fino alla pellicola per
comprendere da dove proviene l'immagine che vediamo. Vogliamo rimontare il
flusso fino a toccare la sorgente che inganna la percezione e staccare la luce:
solo così solleveremo il velo.
6. Ci abbandoniamo al riflusso pronti a catturare l'onda irrequieta del
tempo. Sulle spiagge del futuro ascoltiamo la voce dei morti e la musica che
emerge da tutte le cose del mondo: il nostro sogno è un rituale di negromanzia quantistica.
7. Noi siamo quelli che camminano da soli per strada, quelli sospesi tra
l'illusione del mondo virtuale e l'inganno del mondo reale. Scorriamo i sentieri
eterei della rete, navighiamo nell'oceano dell'informazione, siamo impulsi di
adrenalina nei cavi che cablano la realtà. Siamo lupi siderali alla deriva sulle
correnti ioniche del vento solare, ombre che cantano alla notte per ascoltare
l'eco delle voci risuonare in lontananza. Immersi nel flusso ininterrotto
dell'informazione, ci lasciamo guidare da spettri e percorriamo le immense
distese silenziose di periferie entropiche adagiate nel crepuscolo dei sensi.
Siamo quelli che sostano all'ombra degli alberi, in ascolto del loro respiro
avvolgente. E quando dormiamo, esploriamo le Terre del Sogno.
8. Non abbiamo nomi. Il nostro vero nome è un sussurro nel buio, un rumore
nascosto nella radiazione di fondo dell'universo, un segnale immerso nel rumore
bianco della materia. Il nostro nome vaga libero nella notte.
9. Noi siamo rabdomanti cibernetici. Ricerchiamo le connessioni segrete che
custodiscono il significato e lo spirito di tutte le cose. Siamo decifratori e
vogliamo scardinare il flusso di tutte le cose, risolvere il tempo nella
sovrapposizione concorrente degli eventi.
10. Noi vogliamo cantare le strade deserte della notte, i monumenti congelati
nel silenzio, le luci al neon della metropolitana, le periferie spettrali, i
cimiteri di campagna, i reperti dell'archeologia postindustriale, le autostrade
abbandonate, le città rase al suolo dai bombardamenti, le strade dei briganti,
la morbida geometria dei corpi, il silenzio attinico di stanze d'albergo
abbandonate, la carica sensuale della promiscuità tecnologica, il caos, le
stelle, i pianeti deserti, le sonde lanciate verso la notte, la musica radiante
di quasar morte, la tenebra metafisica di un orizzonte degli eventi, la
connessione neurale. Il respiro della notte, il ruggito delle novae e i sospiri
di stanze che deformano la nostra comprensione dei sogni. Siamo antenne puntate
nel vuoto, variabili impazzite, violini male accordati, cronoscopi fuori fuoco.
Inseguiamo la condivisione delle anime, dei luoghi, del tempo, usando antichi
percorsi mistici. Viviamo nella connessione e siamo protesi verso il futuro. Per
questo
NOI SAREMO TUTTO!
CERCA
NEWS
-
12.11.2024
La nave di Teseo.
Settembre nero. -
12.11.2024
Tommaso Pincio
Panorama. -
4.11.2024
Alessandro Barbero
Edizioni Effedi. La voglia dei cazzi.
RECENSIONI
-
Han Kang
La vegetariana
-
Han Kang
Atti umani
-
Giuliano Pavone
Per diventare Eduardo
ATTUALITA'
-
Ettore Maggi
La grammatica della Geopolitica.
-
marco minicangeli
CAOS COSMICO
-
La redazione
Trofeo Rill. I risultati.
CLASSICI
CINEMA E MUSICA
-
Marco Minicangeli
La gita scolastica
-
Marco Minicangeli
Juniper - Un bicchiere di gin
-
Lorenzo Lombardi
IL NERD, IL CINEFILO E IL MEGADIRETTORE GENERALE
RACCONTI
-
Fiorella Malchiodi Albedi
Ad essere infelici sono buoni tutti.
-
Roberto Saporito
30 Ottobre
-
Marco Beretti
Tonino l'ubriacone