RACCONTI
Paolo Pedote
Il prestigio della razza
Le luci del teatro si abbassano.
Su una parete bianca è proiettato un «blob» d'immagini dell'Istituto Luce.
Siamo alla fine degli anni Trenta: parate, folle oceaniche, piazze gremite. Il potere mediatico del duce è inarrestabile: in un ennesimo discorso alla Nazione conferma la sua linea filonazista. La gente è in delirio, ci crede veramente. L'Italia è pronta a conquistare il mondo. L'uomo nuovo che avanza è forte, virile e vittorioso...
Il video lascia lo spazio alla scena.
Milano. Notte, la luna a un quarto. Un muro grigio, due lampioni. Sullo sfondo il profilo della città. Via vai di uomini che si aggirano silenziosi. L'aria è intrisa di erotismo e clandestinità.
Un uomo sui cinquanta, ben vestito e curato, passa davanti a un ragazzo che fuma appoggiato al muro. Si scambiano un'occhiata carica di desiderio...
Uomo (facendosi coraggio) C'hai da accendere, per piacere?
Ragazzo Prego... (è impacciato, cerca nelle tasche e gli porge il cerino) Prego.
Uomo Grazie.
Ragazzo Prego, prego.
Uomo (dopo una pausa tra le boccate di fumo) Che serata fiacca, né?
Ragazzo Però si sta bene.
Uomo Già.
Ragazzo C'è una bell'arietta.
Uomo C'è fresco, non c'è afa.
Ragazzo Anche se è già estate.
Uomo Che bella Milano così di notte, vero?
Ragazzo Beh, sì.
Uomo Tu non sei mica di qua.
Ragazzo No, no
Uomo Di dove sei?
Ragazzo Vivo vicino a Pavia.
Uomo Sei solo?
Ragazzo Ci vengo in bicicletta.
Uomo In bicicletta?
Ragazzo Mi piace pedalare.
Uomo Oh, ma sei forte per fare tutti quei chilometri lì.
Ragazzo Insomma.
Uomo Quanti anni hai?
Ragazzo Ventidue.
Uomo Però!
Ragazzo Tu invece sei di Milano?
Uomo Sì, non abito molto distante da qui.
Ragazzo Allora sei ricco.
Uomo Trovi?
Ragazzo (ride) Beh, sì.
Uomo Da cosa ti sembra?
Ragazzo Così... Qui del centro sono tutti ricchi.
Uomo Mica vero!
Ragazzo Sì, sì!
Uomo (anche lui ridendo) Ma no!
Ragazzo Rispetto a me che sono un fornaio.
Uomo No, non sono ricco. (fa una paura, una lunga boccata di fumo) Quella casa è un'eredità, me l'hanno lasciata i miei vecchi zii. Io sono un semplice maestro di pianoforte... (un'altra breve risata) insegno ai ricchi, ma io non sono mica ricco.
Ragazzo Ah, ecco.
Uomo E mia madre, da quando è morto mio padre, è tornata a vivere in campagna dove era nata. Lei è ammalata di cuore, la città la fa agitare e lì è più tranquilla. Tu invece, cosa fai?
Ragazzo Fornaio.
Uomo Fai il pane?
Ragazzo Facciamo il pane, facciamo la pasta fresca.
Uomo Ah, che buono il pane appena sfornato! Caldo, con quel profumo.
Ragazzo A me mi piacerebbe diventare un pasticcere.
Uomo Ah, sì? E' un'arte, l'arte pasticcera.
Ragazzo Fare torte gigantesche per gli sposalizi, fare le paste per la domenica... con la crema, con il cioccolato... con la frutta.
Uomo E la musica, la musica ti piace?
Ragazzo Oh, sì! Specialmente quella americana. Com'è che si chiama quella musica lì?
Uomo Lo swing, il jazz!
Ragazzo Sì, quello lì, proprio. Tu lo sai suonare il jazz?
Uomo Un po'...
Ragazzo Io avevo due dischi americani che mi aveva regalato un amico, poi mio padre me li ha buttati via.
Uomo Perché?
Ragazzo Ha paura. Ha paura delle perquisizioni.
Uomo Ah, già... adesso ce l'hanno anche con gli americani.
Ragazzo Ci vuole poco per finire nel mirino, né?
Uomo Non hanno mica tanta fantasia, questi qua!
Ragazzo Mio padre andava sempre alla casa del popolo. Da allora non lo lasciano più in pace... Lì, gli insegnavano a leggere e a scrivere, gli raccontavano la storia, discutevano di politica. Poi hanno bruciato tutto e lui lo hanno anche purgato.
Uomo Bastardi!
Ragazzo Povero papà: una notte è venuto a casa che si era fatto tutto addosso, mi faceva una pena. Allora m'ha detto: «Silvietto, fin che ci sono questi fascisti qua, tutta sta roba te la devi scordare».
Uomo Distruggono tutto, tutto quello che non capiscono lo distruggono!
Ragazzo Piangeva come un bambino.
Uomo Spero che la paghino cara...
Ragazzo Io appena posso vengo a Milano... sai, a Pavia c'hanno la lingua lunga!
Uomo Peccato che di notte non si possa suonare, se no ti facevo ascoltare qualche motivo americano.
Ragazzo Davvero? Cassu, che bel!
Uomo Con quegli occhi lì che c'hai, suonerei per te tutta la notte.
Ragazzo (tutto d'un fiato dopo aver preso coraggio) Però se vuoi possiamo andare lo stesso... Dico, anche senza suonare... se ti fidi di me.
Uomo Ah sì, ci vieni lo stesso tu da me?
Ragazzo Io sì... e tu ti fidi?
Uomo Certo che mi fido.
Ragazzo C'ho una voglia di fare l'amore.
L'uomo gli afferra le braccia e lo bacia. Entra in scena correndo un secondo uomo.
Secondo uomo (allarmato) Via, via! Correte via, presto! Ci sono i carabinieri! Presto, andatevene.
Confusione. Ombre impazzite, uomini che fuggono nel buio. Voci, urla e imprecazioni. L'uomo e il ragazzo cercano di dileguarsi. Entrano in scena tre carabinieri.
Primo carabiniere (accento piemontese) Fermo! Fermo!
Secondo carabiniere (accento genovese) Dove vai, tu?...
Ragazzo Devo andare a lavorare.
Primo carabiniere Vieni qua, vieni! Che ci vai dopo. (all'uomo) Anche tu, dove scappi?
Uomo Lasciatemi, non avete il diritto!
Primo carabiniere Zitto!
Terzo carabiniere (accento milanese) Prendete anche quello... sì, anche quello là!
Primo carabiniere Non fatevene scappare nessuno! Avete capito?
Secondo carabiniere Mi raccomando: guardate in ogni angolo. Là, là, guardate là dietro.
Terzo carabiniere Dietro quelle siepi, da tutte le parti, che questi si nascondono bene.
Entrano in scena altri uomini trascinati per il braccio da due carabinieri.
Terzo uomo Scusi, ma c'è un equivoco.
Quarto carabiniere (accento sardo) Lo so, lo so: lei è equivoco.
Terzo uomo Ma no, cosa ha capito? Io passavo di qua per caso, non capisco.
Quarto carabiniere Va bene, va bene... lo spieghi al commissario che eri qui a prendere una boccata d'aria. (rivolgendosi a un altro uomo che ha afferrato per il braccio) Forza, anche tu, sbrigati!
Quarto uomo Ma come si permette, scusi?
Quinto carabiniere Ci permettiamo, ci permettiamo.
Quarto uomo Io sono il cavalier Raboni e posso fornire come e quando volete le mie referenze. Vi renderete conto del grave errore che state facendo!
Quinto carabiniere Bella razza di cavaliere. Dai cammina, maiale!
Primo carabiniere Avanti, forza!
Terzo carabiniere Via tutti.
Quinto uomo Ma adesso non si può neppure uscire a prendere le sigarette?
Primo carabiniere Silenzio!... 'Sti invertiti.
Secondo carabiniere E quanti cazzo ce ne stanno!
Quarto carabiniere Sbucano da tutte le parti.
Primo carabiniere Sono proprio peggio delle puttane.
Torna il video con le immagini: è un altro discorso di Mussolini.
15 settembre 1938. Trieste.
...nei riguardi della politica italiana il problema di più scottante attualità è quello razziale. Anche in questo campo noi adotteremo le soluzioni necessarie. Coloro i quali fanno credere che noi abbiamo obbedito a imitazioni, o, peggio, a suggestioni, sono dei poveri deficienti ai quali non sappiamo se dirigere il nostro disprezzo o la nostra pietà. Il problema razziale non è scoppiato all'improvviso come pensano coloro i quali abituati a bruschi risvegli, perché sono abituati ai lunghi sonni poltroni. È in relazione alla conquista dell'impero; poiché la storia ci insegna che gli imperi si conquistano con le armi ma si tengono col prestigio. E per il prestigio occorre una chiara, severa coscienza razziale che stabilisca non soltanto delle differenze ma delle superiorità nettissime...
Buio in sala.
Su una parete bianca è proiettato un «blob» d'immagini dell'Istituto Luce.
Siamo alla fine degli anni Trenta: parate, folle oceaniche, piazze gremite. Il potere mediatico del duce è inarrestabile: in un ennesimo discorso alla Nazione conferma la sua linea filonazista. La gente è in delirio, ci crede veramente. L'Italia è pronta a conquistare il mondo. L'uomo nuovo che avanza è forte, virile e vittorioso...
Il video lascia lo spazio alla scena.
Milano. Notte, la luna a un quarto. Un muro grigio, due lampioni. Sullo sfondo il profilo della città. Via vai di uomini che si aggirano silenziosi. L'aria è intrisa di erotismo e clandestinità.
Un uomo sui cinquanta, ben vestito e curato, passa davanti a un ragazzo che fuma appoggiato al muro. Si scambiano un'occhiata carica di desiderio...
Uomo (facendosi coraggio) C'hai da accendere, per piacere?
Ragazzo Prego... (è impacciato, cerca nelle tasche e gli porge il cerino) Prego.
Uomo Grazie.
Ragazzo Prego, prego.
Uomo (dopo una pausa tra le boccate di fumo) Che serata fiacca, né?
Ragazzo Però si sta bene.
Uomo Già.
Ragazzo C'è una bell'arietta.
Uomo C'è fresco, non c'è afa.
Ragazzo Anche se è già estate.
Uomo Che bella Milano così di notte, vero?
Ragazzo Beh, sì.
Uomo Tu non sei mica di qua.
Ragazzo No, no
Uomo Di dove sei?
Ragazzo Vivo vicino a Pavia.
Uomo Sei solo?
Ragazzo Ci vengo in bicicletta.
Uomo In bicicletta?
Ragazzo Mi piace pedalare.
Uomo Oh, ma sei forte per fare tutti quei chilometri lì.
Ragazzo Insomma.
Uomo Quanti anni hai?
Ragazzo Ventidue.
Uomo Però!
Ragazzo Tu invece sei di Milano?
Uomo Sì, non abito molto distante da qui.
Ragazzo Allora sei ricco.
Uomo Trovi?
Ragazzo (ride) Beh, sì.
Uomo Da cosa ti sembra?
Ragazzo Così... Qui del centro sono tutti ricchi.
Uomo Mica vero!
Ragazzo Sì, sì!
Uomo (anche lui ridendo) Ma no!
Ragazzo Rispetto a me che sono un fornaio.
Uomo No, non sono ricco. (fa una paura, una lunga boccata di fumo) Quella casa è un'eredità, me l'hanno lasciata i miei vecchi zii. Io sono un semplice maestro di pianoforte... (un'altra breve risata) insegno ai ricchi, ma io non sono mica ricco.
Ragazzo Ah, ecco.
Uomo E mia madre, da quando è morto mio padre, è tornata a vivere in campagna dove era nata. Lei è ammalata di cuore, la città la fa agitare e lì è più tranquilla. Tu invece, cosa fai?
Ragazzo Fornaio.
Uomo Fai il pane?
Ragazzo Facciamo il pane, facciamo la pasta fresca.
Uomo Ah, che buono il pane appena sfornato! Caldo, con quel profumo.
Ragazzo A me mi piacerebbe diventare un pasticcere.
Uomo Ah, sì? E' un'arte, l'arte pasticcera.
Ragazzo Fare torte gigantesche per gli sposalizi, fare le paste per la domenica... con la crema, con il cioccolato... con la frutta.
Uomo E la musica, la musica ti piace?
Ragazzo Oh, sì! Specialmente quella americana. Com'è che si chiama quella musica lì?
Uomo Lo swing, il jazz!
Ragazzo Sì, quello lì, proprio. Tu lo sai suonare il jazz?
Uomo Un po'...
Ragazzo Io avevo due dischi americani che mi aveva regalato un amico, poi mio padre me li ha buttati via.
Uomo Perché?
Ragazzo Ha paura. Ha paura delle perquisizioni.
Uomo Ah, già... adesso ce l'hanno anche con gli americani.
Ragazzo Ci vuole poco per finire nel mirino, né?
Uomo Non hanno mica tanta fantasia, questi qua!
Ragazzo Mio padre andava sempre alla casa del popolo. Da allora non lo lasciano più in pace... Lì, gli insegnavano a leggere e a scrivere, gli raccontavano la storia, discutevano di politica. Poi hanno bruciato tutto e lui lo hanno anche purgato.
Uomo Bastardi!
Ragazzo Povero papà: una notte è venuto a casa che si era fatto tutto addosso, mi faceva una pena. Allora m'ha detto: «Silvietto, fin che ci sono questi fascisti qua, tutta sta roba te la devi scordare».
Uomo Distruggono tutto, tutto quello che non capiscono lo distruggono!
Ragazzo Piangeva come un bambino.
Uomo Spero che la paghino cara...
Ragazzo Io appena posso vengo a Milano... sai, a Pavia c'hanno la lingua lunga!
Uomo Peccato che di notte non si possa suonare, se no ti facevo ascoltare qualche motivo americano.
Ragazzo Davvero? Cassu, che bel!
Uomo Con quegli occhi lì che c'hai, suonerei per te tutta la notte.
Ragazzo (tutto d'un fiato dopo aver preso coraggio) Però se vuoi possiamo andare lo stesso... Dico, anche senza suonare... se ti fidi di me.
Uomo Ah sì, ci vieni lo stesso tu da me?
Ragazzo Io sì... e tu ti fidi?
Uomo Certo che mi fido.
Ragazzo C'ho una voglia di fare l'amore.
L'uomo gli afferra le braccia e lo bacia. Entra in scena correndo un secondo uomo.
Secondo uomo (allarmato) Via, via! Correte via, presto! Ci sono i carabinieri! Presto, andatevene.
Confusione. Ombre impazzite, uomini che fuggono nel buio. Voci, urla e imprecazioni. L'uomo e il ragazzo cercano di dileguarsi. Entrano in scena tre carabinieri.
Primo carabiniere (accento piemontese) Fermo! Fermo!
Secondo carabiniere (accento genovese) Dove vai, tu?...
Ragazzo Devo andare a lavorare.
Primo carabiniere Vieni qua, vieni! Che ci vai dopo. (all'uomo) Anche tu, dove scappi?
Uomo Lasciatemi, non avete il diritto!
Primo carabiniere Zitto!
Terzo carabiniere (accento milanese) Prendete anche quello... sì, anche quello là!
Primo carabiniere Non fatevene scappare nessuno! Avete capito?
Secondo carabiniere Mi raccomando: guardate in ogni angolo. Là, là, guardate là dietro.
Terzo carabiniere Dietro quelle siepi, da tutte le parti, che questi si nascondono bene.
Entrano in scena altri uomini trascinati per il braccio da due carabinieri.
Terzo uomo Scusi, ma c'è un equivoco.
Quarto carabiniere (accento sardo) Lo so, lo so: lei è equivoco.
Terzo uomo Ma no, cosa ha capito? Io passavo di qua per caso, non capisco.
Quarto carabiniere Va bene, va bene... lo spieghi al commissario che eri qui a prendere una boccata d'aria. (rivolgendosi a un altro uomo che ha afferrato per il braccio) Forza, anche tu, sbrigati!
Quarto uomo Ma come si permette, scusi?
Quinto carabiniere Ci permettiamo, ci permettiamo.
Quarto uomo Io sono il cavalier Raboni e posso fornire come e quando volete le mie referenze. Vi renderete conto del grave errore che state facendo!
Quinto carabiniere Bella razza di cavaliere. Dai cammina, maiale!
Primo carabiniere Avanti, forza!
Terzo carabiniere Via tutti.
Quinto uomo Ma adesso non si può neppure uscire a prendere le sigarette?
Primo carabiniere Silenzio!... 'Sti invertiti.
Secondo carabiniere E quanti cazzo ce ne stanno!
Quarto carabiniere Sbucano da tutte le parti.
Primo carabiniere Sono proprio peggio delle puttane.
Torna il video con le immagini: è un altro discorso di Mussolini.
15 settembre 1938. Trieste.
...nei riguardi della politica italiana il problema di più scottante attualità è quello razziale. Anche in questo campo noi adotteremo le soluzioni necessarie. Coloro i quali fanno credere che noi abbiamo obbedito a imitazioni, o, peggio, a suggestioni, sono dei poveri deficienti ai quali non sappiamo se dirigere il nostro disprezzo o la nostra pietà. Il problema razziale non è scoppiato all'improvviso come pensano coloro i quali abituati a bruschi risvegli, perché sono abituati ai lunghi sonni poltroni. È in relazione alla conquista dell'impero; poiché la storia ci insegna che gli imperi si conquistano con le armi ma si tengono col prestigio. E per il prestigio occorre una chiara, severa coscienza razziale che stabilisca non soltanto delle differenze ma delle superiorità nettissime...
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