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Il Paradiso degli Orchi
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CINEMA E MUSICA

Alfredo Ronci

La magia etno-elettronica di Mulatu Astatke e the Heliocentrics

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Nella musica, come nella letteratura, non sta succedendo un piffero. O forse sarebbe meglio confessare a noi stessi che tutto è stato già detto e la speranza è che, quel poco che rimane da considerare, venga offerto almeno con garbo.

In questi giorni il mercato discografico nazional popolare è invaso dal saccheggio sistematico del tempo che fu: iniziò mesi fa Morgan col suo Italian songbook vol.1, che aveva il pregio di riproporre chicche di autori che di solito vengono ricordati quando già son morti (Bindi, Endrigo, Modugno), ma soprattutto mostrava un musicista capace di confrontarsi col 'mostrosacrismo' senza rinunciare ad una parte considerevolmente consistente di sé. Ora davvero si è strabordato: Ornella Vanoni con Più di te ha di fatto disossato buona parte del cantautorato nostrano offrendo versioni di Zucchero, Ron e quant'altri ad un passo dagli amplessi erotomani anni cinquanta di Jula De Palma. Quel po' di pop contenuto nel disco naufraga in uno sdilinquimento di violini ed orchestra da far rimpiangere Cinico Angelici. Giusy Ferreri con Fotografie tenta la carta dell'allure rifacendo Mare verticale di Paolo Benvegnù (già riproposta da Marina Rei con ben altri risultati) e Ciao amore ciao di Tenco, ma sembra il fiorellino all'occhiello di un'operazione stancamente commerciale.

La rossa Mannoia (m'annoia?) spalma la sua vocalità monocorde zampettando, beata lei perché ci vuole fegato, tra Negrita e Renato Zero e rifotocopiando il tanto amato Fossati con C'è tempo. Ed infine Morandi (sì proprio lui) che annaspa in un catalogo eterogeneo senza capo né coda partorendo pure un Rimmel di De Gregori (ma non avevano litigato anni fa?).

Si dirà: nazional-popolarismo. Ma sì, sarà pur vero, ma le nuove proposte non è che brillino di luce miracolosa (ma perché siete riusciti ad ascoltare fino alla fine il nuovo album di Beatrice Antolini? Tanto per dirne una? Io dopo 3 brani ho avuto un attacco di orticaria).

Insomma, come si diceva all'inizio, nulla di nuovo, ed il nuovo si confronta col vecchio con risultati, a parte Morgan, molto discutibili.

Ma anche il mercato internazionale non è che partorisca chissà cosa: più che altro reunion. Dagli Spandau Ballet ai Simple Minds ai Prefab Sprout (fresco fresco il loro nuovo album). Insomma, riproposizioni, come i peperoni mangiati la sera.

Sorprende dunque quando in un mare notturno di mestizia all'improvviso si scorge una lampara (piaciuta? Rubata parzialmente a Dalla). Ma gesummio che cacchio di luce che fa: Mulatu Astatke and the Heliocentrics. Lui, musicista etiope, sdoganato finalmente nel 2005 con un suo pezzo contenuto nella colonna sonora del film di Jarmusch Broken Flowers, è considerato una sorta di re dell''ethio jazz', un incrocio di varie forme musicali tra cui i canti tradizionali dell'Est Africa e gli inni sacri della musica copta. Tranquilli, non siamo dalle parti del finto terzomondismo musicale, già preso per il culo a suo tempo, e giustamente, da un Tommaso Labranca tipo: Le mistere des voix bulgares (dio che palle!). Qui è davvero musica dell'anima. Gli Heliocentrics, gruppo inglese che si agita nella scena underground capitanato da Malcom Gatto, già attivi con un album di fascinosa misticanza Out there (riferimenti: Gong, George Clinton, colonne sonore e persino Nico), bazzicano l'elettronica ma con spirito divoratore di generi.

L'incontro tra due realtà così fibrillanti ha partorito un capolavoro: Inspiration information (ma è già pronto il secondo lavoro).

Immaginate la musica elettronica (mai come in questo caso invadente) che si confronta con una sorta di strumentazione pagana: il krar (lira etiope), il washint (flauto di bambù), la begena (antica arpa a dieci corde) ed un vibrafono con barre di alluminio. Quel che esce è un magma sonoro che a stento può essere contenuto in una definizione appropriata. E' solo una sorta di arcobaleno incandescente dove convivono ritmi tribali ed inserti jazz (Masengo), rivisitazioni lounge a metà strada tra l'exotic world di Les Baxter e Xavier Cugat (Cha cha), 'morceaux' di un Badalamenti più muscolare (Blue Nile), riapparizioni fantasmatiche della copia Eno-Byrne ai tempi di My life in the bush of ghosts (Live from Tigre Lounge), l'ombra del primo lavoro dei Lounge Lizards e Theolonius Monk (Chinese new year), le contorsioni vibratili alla James Chance (Fire in the zoo) ed il fascino ossessivamente etnico ma in zona Saint Germain des Prés (An epic story).

Insomma come si diceva prima un capolavoro. I riferimenti ai generi e ai protagonisti musicali che si sono indicati servono solo per dare delle indicazioni di massima. In Inspiration information tutto è originale e stimolante.

Non per tutti. Ma si sa, anche Il Paradiso non è per tutti.



Mulatu Astatke e the Heliocentrics

Inspiration information

Strut records -2009



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