CLASSICI
Alfredo Ronci
Ma chi è questa signora?: “La bella di Lodi” di Alberto Arbasino.
Chi sarà mai questa bella di Lodi, che in pieno 1972 (ma poi vedremo che non è così) cade, tra l’incudine e il martello (per dire penna), nelle mani del cattivo, burbero e chissà quale altra definizione possa andar bene, Alberto Arbasino?
Lui la presenta così (senza troppo distinguerla): Le ragazze di Lodi, grandi, belle, con la loro pelle splendida e un appetito da uomo, quando son dritte possono essere molto più forti di quelle di Milano. Quando son dritte, oltre ai bei denti e ai begli occhi e alla gamba lunga e al cappello magnifico, chiaro, hanno tanta terra, almeno un paio di migliaia di pertiche (quindici pertiche fanno un ettaro); e anche se un anno il foraggio è scarso, un altro anno il prezzo del grano è fissato un po’ troppo basso, o il riso non rende, o se arrivano tutte insieme un bel po’ di cartelle d’imposte di successione arretrate, male che vada si tratterà di rinunciare a cambiare l’Alfetta per l’estate, o di non prendersi un gattaccio nuovo per il prossimo St Moritz; ma l’attività delle centinaia di vacche e del caseificio annesso basta comunque a produrre un reddito ancora abbastanza soddisfacente.
Una descrizione, quella delle bellezze di Lodi, che in pochissimo tempo passa dall’estasi al denaro, senza soluzione di continuità. Ma la domanda è sempre la stessa. Come mai Arbasino, in piena crisi della borghesia e in un momento in cui si ribaltavano certe convenzioni sociali, ci regala il profilo di una perfetta (e bella) donna borghese di Lodi?
Personalmente, pur apprezzando (anche con un certo rapimento) l’Arbasino, spesso e volentieri me lo sono ritrovato tra i denti? Nel senso che spesso e volentieri facevo fatica ad accettare certi suoi comportamenti e certe sue scelte?
Ricordo, ma non chiedetemi i tempi, quando scoprii (la scoperta era assolutamente veritiera) che il nostro era iscritto al partito Repubblicano. Cosa? Pensai, proprio il partito Repubblicano? Quello allora diretto e comandato da Giovanni Spadolini? Ma il suo essere omosessuale (tra l’altro, e non fu cosa da poco e se fosse vivo Pasolini potremmo chiederlo anche a lui, dichiarato)? E il suo essere diverso e discorde da altri (in genere scrittori, ma poi piano piano si capì che era solo un vezzo)?
Diceva di lui Giorgio Bàrberi Squarotti: L’inarrestabile pettegolezzo di Arbasino, tuttavia urtante e a tratti incisivo, si riduce così a un mormorio indistinto, da cui spicca appena qualche tentativo di rivelazione dei fantasmi, o l’insistenza sull’estrema illusione della tematica omosessuale, come azione eversiva, in una situazione storico-sociale che, invece, l’ha ormai assorbita nel modo più completo, senza più shock (almeno nella misura decorativa e illustrativa con cui Arbasino la raffigura). Ma Arbasino ha poi sempre una carica d’intelligenza straordinaria che lo può portare alle impennate più vivaci.
Perché cito Squarotti? Perché pur negli anni sessanta (la citazione è tratta dall’ormai famoso, per noi, saggio su La narrativa italiana del dopoguerra) il critico poneva l’accento sulla tematica omosessuale, meglio ancora sulla illusione della tematica omosessuale.
Bene, in La bella di Lodi dov’è? Intendiamoci, non sempre gli scrittori parlano del privato e di sé stessi (ma andatelo a chiedere a Busi), ma nello stesso tempo ci si augura che una buona penna possa insistere su una buona passione. E anche qui ci sarebbe da dire, perché Arbasino è lo scrittore che più di altri ha ri-scritto le sue storie. Per lui dunque, cambiare editore ha voluto dire essenzialmente riscrivere le proprie opere.
La bella di Lodi, nella limitata, diciamolo, attività narrativa di Arbasino è considerata un po’ il due a denari della scrittura. Vogliamo parlare delle innumerevoli versioni di Fratelli d’Italia o della riproposizione di L’anonimo lombardo? Anche La bella di Lodi subì delle correzioni: uscito nel 1960 su Il mondo come prima versione fu poi utilizzato da Mario Missiroli per il film omonimo. Nel 1972 (data definitiva) ottenne il Premio Selezione Campiello.
Ma i conti, a mio modesto parere non tornano. E’ la storia di una splendida ragazza possidente e prepotente che s’innamora di un favoloso meccanico, pur ben dotato e sexy. E nelle fasi d’amplesso si ritrova lo spirito di Arbasino più urticante. Ma se provassimo a cambiare le parti? … Tutt’e due buttati sul letto s’abbracciano e si rotolano violentemente: lei in gonna semislacciata, reggipetto, pantofole; lui in maglietta sportiva, mutande, calze e scarpe, e cazzo sporco. Il resto dei vestiti è sparso per tutta la stanza in disordine. Le lenzuola sono un disastro. E anche lei ormai gli sta facendo delle cose inverosimili.
Provare per credere.
L’edizione da noi considerata è:
Alberto Arbasino
La bella di Lodi
Einaudi
Lui la presenta così (senza troppo distinguerla): Le ragazze di Lodi, grandi, belle, con la loro pelle splendida e un appetito da uomo, quando son dritte possono essere molto più forti di quelle di Milano. Quando son dritte, oltre ai bei denti e ai begli occhi e alla gamba lunga e al cappello magnifico, chiaro, hanno tanta terra, almeno un paio di migliaia di pertiche (quindici pertiche fanno un ettaro); e anche se un anno il foraggio è scarso, un altro anno il prezzo del grano è fissato un po’ troppo basso, o il riso non rende, o se arrivano tutte insieme un bel po’ di cartelle d’imposte di successione arretrate, male che vada si tratterà di rinunciare a cambiare l’Alfetta per l’estate, o di non prendersi un gattaccio nuovo per il prossimo St Moritz; ma l’attività delle centinaia di vacche e del caseificio annesso basta comunque a produrre un reddito ancora abbastanza soddisfacente.
Una descrizione, quella delle bellezze di Lodi, che in pochissimo tempo passa dall’estasi al denaro, senza soluzione di continuità. Ma la domanda è sempre la stessa. Come mai Arbasino, in piena crisi della borghesia e in un momento in cui si ribaltavano certe convenzioni sociali, ci regala il profilo di una perfetta (e bella) donna borghese di Lodi?
Personalmente, pur apprezzando (anche con un certo rapimento) l’Arbasino, spesso e volentieri me lo sono ritrovato tra i denti? Nel senso che spesso e volentieri facevo fatica ad accettare certi suoi comportamenti e certe sue scelte?
Ricordo, ma non chiedetemi i tempi, quando scoprii (la scoperta era assolutamente veritiera) che il nostro era iscritto al partito Repubblicano. Cosa? Pensai, proprio il partito Repubblicano? Quello allora diretto e comandato da Giovanni Spadolini? Ma il suo essere omosessuale (tra l’altro, e non fu cosa da poco e se fosse vivo Pasolini potremmo chiederlo anche a lui, dichiarato)? E il suo essere diverso e discorde da altri (in genere scrittori, ma poi piano piano si capì che era solo un vezzo)?
Diceva di lui Giorgio Bàrberi Squarotti: L’inarrestabile pettegolezzo di Arbasino, tuttavia urtante e a tratti incisivo, si riduce così a un mormorio indistinto, da cui spicca appena qualche tentativo di rivelazione dei fantasmi, o l’insistenza sull’estrema illusione della tematica omosessuale, come azione eversiva, in una situazione storico-sociale che, invece, l’ha ormai assorbita nel modo più completo, senza più shock (almeno nella misura decorativa e illustrativa con cui Arbasino la raffigura). Ma Arbasino ha poi sempre una carica d’intelligenza straordinaria che lo può portare alle impennate più vivaci.
Perché cito Squarotti? Perché pur negli anni sessanta (la citazione è tratta dall’ormai famoso, per noi, saggio su La narrativa italiana del dopoguerra) il critico poneva l’accento sulla tematica omosessuale, meglio ancora sulla illusione della tematica omosessuale.
Bene, in La bella di Lodi dov’è? Intendiamoci, non sempre gli scrittori parlano del privato e di sé stessi (ma andatelo a chiedere a Busi), ma nello stesso tempo ci si augura che una buona penna possa insistere su una buona passione. E anche qui ci sarebbe da dire, perché Arbasino è lo scrittore che più di altri ha ri-scritto le sue storie. Per lui dunque, cambiare editore ha voluto dire essenzialmente riscrivere le proprie opere.
La bella di Lodi, nella limitata, diciamolo, attività narrativa di Arbasino è considerata un po’ il due a denari della scrittura. Vogliamo parlare delle innumerevoli versioni di Fratelli d’Italia o della riproposizione di L’anonimo lombardo? Anche La bella di Lodi subì delle correzioni: uscito nel 1960 su Il mondo come prima versione fu poi utilizzato da Mario Missiroli per il film omonimo. Nel 1972 (data definitiva) ottenne il Premio Selezione Campiello.
Ma i conti, a mio modesto parere non tornano. E’ la storia di una splendida ragazza possidente e prepotente che s’innamora di un favoloso meccanico, pur ben dotato e sexy. E nelle fasi d’amplesso si ritrova lo spirito di Arbasino più urticante. Ma se provassimo a cambiare le parti? … Tutt’e due buttati sul letto s’abbracciano e si rotolano violentemente: lei in gonna semislacciata, reggipetto, pantofole; lui in maglietta sportiva, mutande, calze e scarpe, e cazzo sporco. Il resto dei vestiti è sparso per tutta la stanza in disordine. Le lenzuola sono un disastro. E anche lei ormai gli sta facendo delle cose inverosimili.
Provare per credere.
L’edizione da noi considerata è:
Alberto Arbasino
La bella di Lodi
Einaudi
CERCA
NEWS
-
12.11.2024
La nave di Teseo.
Settembre nero. -
12.11.2024
Tommaso Pincio
Panorama. -
4.11.2024
Alessandro Barbero
Edizioni Effedi. La voglia dei cazzi.
RECENSIONI
-
Han Kang
La vegetariana
-
Han Kang
Atti umani
-
Giuliano Pavone
Per diventare Eduardo
ATTUALITA'
-
Ettore Maggi
La grammatica della Geopolitica.
-
marco minicangeli
CAOS COSMICO
-
La redazione
Trofeo Rill. I risultati.
CLASSICI
CINEMA E MUSICA
-
Marco Minicangeli
La gita scolastica
-
Marco Minicangeli
Juniper - Un bicchiere di gin
-
Lorenzo Lombardi
IL NERD, IL CINEFILO E IL MEGADIRETTORE GENERALE
RACCONTI
-
Fiorella Malchiodi Albedi
Ad essere infelici sono buoni tutti.
-
Roberto Saporito
30 Ottobre
-
Marco Beretti
Tonino l'ubriacone