CINEMA E MUSICA
Alfredo Ronci
Tra incubi giovanili esistenziali e sixties: 'Dei cani' dei Non voglio che Clara.
Ragazzacci. Dice Fabio De Min, il cantante e principale autore della band, ad un'intervista a XL di Repubblica: Ciò che mi è sempre piaciuto del nostro nome, al di là del fatto che questa Clara non esiste, è che al suo interno c'è una negazione, "non", che esprime un senso di volontà. E poi il nome di donna evidenzia la componente femminile che ben si adatta alla nostra musica. Dovessi sceglierlo adesso, ne sceglierei uno diverso. Magari Non è Francesca.
Ragazzacci. Ma purtroppo con Battisti i Non voglio che Clara non hanno nulla a che spartire, ma non disdegnano certi agganci al nostro passato canzonettaro e sessantottino (nel senso di anni sessanta, non formidabili e ... di barricate). Anzi, direi che nei passaggi più complessi, dove si abbandonano le linee semplici della ballata acustica e al piano, certe 'ridondanze' (termine da prendere cum grano salis) ricordano l'incedere dei Procol Harum (e di conseguenza certe sbandate dei Muse) e dei nostri Camaleonti (ma Fabio De Min non ha la ricchezza vocale del 'vecchio' Tonino).
M'incaponirei di più sui testi, perché la musica, sia se si tratti di riverniciature british ('Secoli'), sia se si tratti di una tradizione melodica ben precisa (la triade pianistica di ''L'estate', 'Il dramma della gelosia' e 'L'amore al tempo del Kerosene') sia che ricordi un Venditti, ma post-liceale ('Gli anni dell'università') ha una sua coerenza di fondo, peraltro priva di sbuffi e sbandate improvvise.
Quel che non convince sono le parole: i passaggi mi ricordano tanto, pur non avendo questi ragazzi la stessa età, i dialoghi dei soliti quarantenni in preda a crisi esistenziali, tanto caratteristici e mortiferi nel nostro indigeno cinema (chessò... Baciami ancora).
Ecco dunque le disillusioni sentimentali de 'Il tuo carattere e il mio': ... una volta tu avevi un cuore. O le lontananze spaziali de 'Le guerre': Più che la guerra a tenerci distanti... ma il tuo pensiero che non lascia scampo. O addirittura l'alibi paraculo de 'Gli amori di gioventù': Un vecchio amore per non invecchiare e mi chiedevo se è uguale, se ho baciato te o un'altra, se era in questa vita o un'altra (beh personalmente se fossi quella baciata, qualche acido risentimento lo coltiverei).
In questo stormir di fronde sentimentali e giovanilistiche, spesso un globtrotterismo geografico da letteratura scadente, in questi tumulti cardiaci post-Topexan all'improvviso t'arriva (è la fine del disco) 'La stagione buona' che pare un grido di sofferenza per una società malata (un sussulto politico-sociologico?), in realtà un perfetto omaggio all'arte de gregoriana.
Non si voglia prendere questa segnalazione come stroncatura: tutt'altro. Nel senso che se i ragazzi lavorassero di più sui testi e sul mezzo vocale (con un po' di buona volontà credo che le corde vocali del De Min possano emettere non dico un'ottava in più, ma un paio di toni) quel che uscirebbe fuori sarebbe un mix gradevolissimo di tradizione e melodia. Tipicamente italiana. Ad avercene!
Non voglio che Clara
Dei cani
Sleeping star - 2010
Ragazzacci. Ma purtroppo con Battisti i Non voglio che Clara non hanno nulla a che spartire, ma non disdegnano certi agganci al nostro passato canzonettaro e sessantottino (nel senso di anni sessanta, non formidabili e ... di barricate). Anzi, direi che nei passaggi più complessi, dove si abbandonano le linee semplici della ballata acustica e al piano, certe 'ridondanze' (termine da prendere cum grano salis) ricordano l'incedere dei Procol Harum (e di conseguenza certe sbandate dei Muse) e dei nostri Camaleonti (ma Fabio De Min non ha la ricchezza vocale del 'vecchio' Tonino).
M'incaponirei di più sui testi, perché la musica, sia se si tratti di riverniciature british ('Secoli'), sia se si tratti di una tradizione melodica ben precisa (la triade pianistica di ''L'estate', 'Il dramma della gelosia' e 'L'amore al tempo del Kerosene') sia che ricordi un Venditti, ma post-liceale ('Gli anni dell'università') ha una sua coerenza di fondo, peraltro priva di sbuffi e sbandate improvvise.
Quel che non convince sono le parole: i passaggi mi ricordano tanto, pur non avendo questi ragazzi la stessa età, i dialoghi dei soliti quarantenni in preda a crisi esistenziali, tanto caratteristici e mortiferi nel nostro indigeno cinema (chessò... Baciami ancora).
Ecco dunque le disillusioni sentimentali de 'Il tuo carattere e il mio': ... una volta tu avevi un cuore. O le lontananze spaziali de 'Le guerre': Più che la guerra a tenerci distanti... ma il tuo pensiero che non lascia scampo. O addirittura l'alibi paraculo de 'Gli amori di gioventù': Un vecchio amore per non invecchiare e mi chiedevo se è uguale, se ho baciato te o un'altra, se era in questa vita o un'altra (beh personalmente se fossi quella baciata, qualche acido risentimento lo coltiverei).
In questo stormir di fronde sentimentali e giovanilistiche, spesso un globtrotterismo geografico da letteratura scadente, in questi tumulti cardiaci post-Topexan all'improvviso t'arriva (è la fine del disco) 'La stagione buona' che pare un grido di sofferenza per una società malata (un sussulto politico-sociologico?), in realtà un perfetto omaggio all'arte de gregoriana.
Non si voglia prendere questa segnalazione come stroncatura: tutt'altro. Nel senso che se i ragazzi lavorassero di più sui testi e sul mezzo vocale (con un po' di buona volontà credo che le corde vocali del De Min possano emettere non dico un'ottava in più, ma un paio di toni) quel che uscirebbe fuori sarebbe un mix gradevolissimo di tradizione e melodia. Tipicamente italiana. Ad avercene!
Non voglio che Clara
Dei cani
Sleeping star - 2010
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