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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Roberto Piumini, Roberto Innocenti

Casa del tempo

La Margherita edizioni, Pag. 63 Euro 24,00
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Borges, forse ne La biblioteca inglese, racconta di un villaggio inglese o scozzese, dove l'anziano prevosto muore e viene sostituito da un giovane predicatore che deve essere un fanatico sostenitore della modernità, uno che parla chiaro e facile, soggetto e verbo se proprio non se ne può fare a meno; uno che cerca di capire cosa vuole la gente, quali sono le sue reali esigenze, e gliele soddisfa. L'anziano, invece, era di tutt'altra pasta: la domenica si arrampicava sul pulpito con la furia di un corsaro che sta per arringare la ciurma, e prendeva a salmodiare, in versi lunghi e sinuosi, sermoni di una ridondanza estatica che culminavano invariabilmente in incomprensibili tirate in buon ebraico. Ovvio che i fedeli di quel villaggio, abituati a questa dieta, cacciarono via il giovane pieno di idee moderne alla sua seconda messa.

Questa è una storia di resistenza umana; anzi un episodio resistenziale di una storia ormai lunghissima, se Ugo di San Vittore, e siamo nel 1100, doveva già lamentare il decadimento del pensiero simbolico e immaginale a favore del razionalismo monetizzabile del commerciante; se l'utopia rinascimentale doveva essere immolata, nella persona di Giordano Bruno, ad uso e consumo delle esigenze politiche del razionalismo; se tutto il vasto movimento romantico doveva finire con la contabilizzazione del surrealismo (Sogni che si possono comprare col denaro è la pellicola hollywoodiana sforzo collettivo di diversi esponenti del movimento per mettere una pietra tombale su tutto quello che era stato) e l'invenzione del pop.

Tutto l'affare si potrebbe leggere in chiave pessimistica, come fa, per esempio, James Hillman, il quale sospetta che la marcia trionfale della spiritualità accecante, del razionalismo, dell'utilitarismo, dell'efficientismo, e via dicendo, sia stata realizzata pienamente dal nazismo e perfezionata dalla società occidentale del secondo dopoguerra (Hillman rimane colpito, per fare un esempio, dal fatto che, in nome dell'efficienza, il partito nazista poteva obbligare una donna alla sterilizzazione; e che oggi molte donne vi si obbligano liberamente): è pure vero, però, che, vedendola da un altro punto di vista, la resistenza del pensiero simbolico e immaginale, la resistenza dell'anima, è sempre in corso: perfino oggi.

Perfino oggi, e perfino nel nostro povero paese. Pensate per esempio a questo incredibile libro: Casa del Tempo, frutto della collaborazione fra uno scrittore, Roberto Piumini, e un illustratore, Roberto Innocenti, che rappresentano un vertice dell'arte letteraria, il primo, e di quella figurativa, il secondo.

Casa del tempo è la storia di una casa di montagna adagiata su qualche declivio dell'Appennino. È lei stessa a raccontare la sua storia, con parole che sono come pietre; le parole pesanti e penetranti della poesia. Una poesia dalla voce riposata, di saggio che ha visto le cose: e che infatti ha visto tutto il Novecento, un secolo scelto non casualmente, ma come quello più tragico, quello che ha visto il perfezionamento della sconfitta dell'anima.

La parabola è completa: la casa, nelle prime pagine, accoglie dei bambini di qualche villaggio lì nei pressi. È una casa che sta lì, cosa tra le cose della natura, almeno dal Seicento. Sa molto, e, allora, salgono bambini dal paese,/i coraggiosi, e altri con paura,/ e io racconto storie come quelle/ che ascoltano d'inverno, nella stalla,/nel caldo di pacifici animali./ Storie del tempo antico, affamato. Sarà la notizia di questa sapienza, forse, a spingere anche gli adulti fra le sue braccia. La casa viene abitata, la sua terra coltivata. E lo sarà a lungo, nella lunga guerra quotidiana per non morire, nell'unica battaglia che la casa conosce, combattuta con eserciti di grano, mentre gli echi delle guerre per uccidere, quelli della Grande Guerra, delle guerre coloniali, e della Seconda, incombono con violenza persecutoria. Ma neanche questi sembrano potere intaccare veramente l'essenza della casa, come se s'inserissero nei cicli dei campi, dei lavori e delle feste, dei matrimoni e dei funerali. La casa cresce, come qualsiasi animale: m'hanno fatta più grande,/con qualche tradimento di mattoni/ e due o tre impazienze di cemento. Ma è sempre la stessa casa, come nella storia del calzettone che, se anche lo rattoppi fino al punto che della stoffa originale non ci è rimasto più niente, è sempre lo stesso calzettone: la materia è accidentale, la forma è sostanziale. E finché la casa rimane quello che è, la tavola miracolosa di Innocenti ci rivela un mondo minuzioso, una selva concretissima di segni, che sono invariabilmente cose, e la loro immagine, e il loro simbolo: un fatto di vita. Tavole ridondanti vita.

Ma questo è un libro tragico. E come una tragedia che svegli e allerti, andrebbe fatta leggere e vedere, e non solo ai bambini, questa storia; come un grande spettacolo che solleciti alla vita, e alla ribellione, la parte più profonda dell'anima del lettore: anche l'ultima guerra si è spenta, e comincia la nostra era: la gente se ne va dalla casa, la ricchezza illustrativa delle tavole si accanisce nel dare il segno di un progressivo abbandono; la casa viene chiusa, dirocca sotto i venti, diventa meta di gitanti al canto di oliunidislav: e, alla fine, ai giorni nostri, viene sfigurata e umiliata fino a diventare l'imbarazzante monumento alla modernità di un villotto adorno di nani da giardino, piscine e gente efficientemente indaffarata in qualche cosa. Eppure la casa è ancora lì, e forse un giorno...

Se avete intenzione di fare qualcosa di importante per voi, leggete questo libro.



di Pier Paolo Di Mino


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