RECENSIONI
Mark Twain
L'uomo che corruppe Hadleyburg
Mattioli 1885, Pag. 101 Euro 10,90
Parlar di Twain iniziando con King. Sì perché recentemente ho finito di leggere l'ultima fatica del 're del Maine', esattamente 22/11/63, quella sull'omicidio Kennedy, e devo dire che, riuscita o meno del libro, ciò che mi ha colpito di più è stata una sorta di arretratezza politica dello scrittore. L'ho sempre ritenuto un liberal progredito (non parliamo di tendenze sinistrorse in quel d'America, il discorso potrebbe diventare pericoloso e melmoso), ma nel suo ultimo romanzo, al di là dell'incredibile considerazione sulla tragedia di Dallas, l'impressione è di un qualunquistico giudizio sulla politica obamiana. Della serie; fa quello che può. Che detta così potrebbe anche essere un'ammissione, tutto sommato lecita, della debolezza del sistema democratico americano e della sua incancrenita situazione politica (e vallo a dire a noi). In realtà ho percepito con nettezza una specie di resa ideologica, come se dal delitto di Dallas all'elezione di Obama il paese avesse sì attraversato incredibili, tragici e il più delle volte destabilizzanti momenti di crisi, poi superati, ma 'dominati' comunque da un filo conduttore quasi nascosto, ma tenuto su da poteri occulti e potenti. Nulla a che vedere, intendiamoci, con le teorie complottiste che hanno sempre 'brillato' dal delitto Kennedy fino all'11 settembre.
Un King, oserei dire, molto simile al cittadino italiano che, per una sorta di triste rassegnazione etica, ancor più che politica, in tutto questo tempo non ha saputo mai riscattarsi né dal cinquantennio democristiano, né dal ventennio berlusconiano coi prodromi craxiani. Ne consegue, dico per King soprattutto, una stasi di giudizio complessivo che tende a pacificare piuttosto che a invalidare il fastidioso senso di un perenne status quo.
Eccoci dunque a Twain. Nel 1898 si trovava in Europa, alle prese con un tour di letture. In una stanza del Metropole Hotel di Vienna (quello che quarant'anni dopo sarebbe diventato il quartier generale del Terzo Reich) nacque questo breve, ma sagace raccontino, un microcosmo, come dice anche una mini presentazione alla fine del libriccino, in cui lo scrittore dipinge un'America gretta e ipocrita, attaccata al denaro e per il quale tutto si fa e tutto si distrugge.
Non sto a raccontarvi la trama per non rovinarvi il piacere, ma il protagonista di questa vicenda è una cittadina, Hadleyburg appunto, ritenuta la più onesta e integra di tutta la regione, a cui basta però la prospettiva di incassare una ingente somma di denaro per squadernare l'assetto apparentemente rigoroso ed austero di tutti i suoi abitanti. Ma sulla cui 'onestà' qualcuno, già dai primi abbozzi della storia ha qualcosa da appuntare: E' una città meschina, e dura, e avara, e priva di qualsiasi virtù se non questa supposta onestà per la quale è così celebre e tanto presuntuosa.
La lettura del racconto invita al sorriso, più che al riso (tipico della letteratura classicamente 'canzonatoria') e ad una riflessione che non stonerebbe oggidì, nonostante il pessimismo strisciante di un altro americano, King appunto, che per tanti anni ha raccontato, forse, un'altra storia.
Twain ha mantenuto invece una sua granitica coerenza.
di Alfredo Ronci
Un King, oserei dire, molto simile al cittadino italiano che, per una sorta di triste rassegnazione etica, ancor più che politica, in tutto questo tempo non ha saputo mai riscattarsi né dal cinquantennio democristiano, né dal ventennio berlusconiano coi prodromi craxiani. Ne consegue, dico per King soprattutto, una stasi di giudizio complessivo che tende a pacificare piuttosto che a invalidare il fastidioso senso di un perenne status quo.
Eccoci dunque a Twain. Nel 1898 si trovava in Europa, alle prese con un tour di letture. In una stanza del Metropole Hotel di Vienna (quello che quarant'anni dopo sarebbe diventato il quartier generale del Terzo Reich) nacque questo breve, ma sagace raccontino, un microcosmo, come dice anche una mini presentazione alla fine del libriccino, in cui lo scrittore dipinge un'America gretta e ipocrita, attaccata al denaro e per il quale tutto si fa e tutto si distrugge.
Non sto a raccontarvi la trama per non rovinarvi il piacere, ma il protagonista di questa vicenda è una cittadina, Hadleyburg appunto, ritenuta la più onesta e integra di tutta la regione, a cui basta però la prospettiva di incassare una ingente somma di denaro per squadernare l'assetto apparentemente rigoroso ed austero di tutti i suoi abitanti. Ma sulla cui 'onestà' qualcuno, già dai primi abbozzi della storia ha qualcosa da appuntare: E' una città meschina, e dura, e avara, e priva di qualsiasi virtù se non questa supposta onestà per la quale è così celebre e tanto presuntuosa.
La lettura del racconto invita al sorriso, più che al riso (tipico della letteratura classicamente 'canzonatoria') e ad una riflessione che non stonerebbe oggidì, nonostante il pessimismo strisciante di un altro americano, King appunto, che per tanti anni ha raccontato, forse, un'altra storia.
Twain ha mantenuto invece una sua granitica coerenza.
di Alfredo Ronci
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