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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Carla Castellacci/Telmo Pievani

Sante ragioni

Chiarelettere, Pag. 275 Euro 13,60
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Ha scritto Rossana Rossanda sul Manifesto del 16 Gennaio 2008 a proposito della mancata visita del papa alla Sapienza di Roma: due giorni fa Joseph Ratzinger ha celebrato la messa nella cappella Sistina dando le spalle ai fedeli. Liturgia che il Vaticano II aveva sostituito con la celebrazione faccia a faccia perché non fosse un dialogo del sacerdote con dio, e i fedeli dietro, ma una celebrazione in comune. Ora si ritorna indietro. Da quando è papa ha riaperto ai lefebvriani, ha chiuso con il dialogo ecumenico all'interno stesso dell'area cristiana, ha negato quel non casuale lapsus culturale a Ratisbona, qualsiasi spiritualità all'islam, ha messo un alt all'avanzata del sacerdozio femminile, ha ribadito l'obbligo del celibato per i sacerdoti, ha negato i sacramenti ai divorziati che si risposino, ha respinto nelle tenebre gli omosessuali, ha condannato non solo aborto e eutanasia, ma ogni forma di fecondazione assistita, ha interdetto la ricerca sugli embrioni, intervenendo ogni giorno direttamente o tramite i vescovi sulle politiche dello stato italiano. Tra un po' risaremo al Sillabo.

Perdonate la lunga introduzione, ma era necessaria. Ma non occorre risalire al gennaio scorso per rendersi conto della nefasta influenza della chiesa sulle nostre vite. Bastava aprire i giornali di ieri, tra i vescovi che si scagliano contro la scena "hard" di Caos calmo all'irruzione della polizia in un ospedale napoletano alla ricerca di un aborto "irregolare", alle esternazione teo-com dell'uomo-incinto Ferrara, per gridare all'indignazione. Perché se non bastassero questi "influssi" reazionari dei conservatori e del pontefice, sul libro di Castellacci/Pievani troverete il resto: che spesso è identificato con l'assoluto atteggiamento prono delle nostre cariche politiche nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche. Un esempio fra tutti: la VI sezione del Consiglio di Stato nel 2006, a proposito di un ricorso di una insegnante per la presenza del crocefisso nelle scuole, "arditamente" sentenziò che esso non è soltanto un simbolo di identità nazionale italiana, indipendente dal significato religioso che riveste per i credenti, ma è anche di per sé, come oggetto fisico, un vero e proprio emblema della laicità italiana (pag.64). Non solo, la sentenza cita altri paesi, prendendosela con la "povera" Francia, rea di perseguire la mortificazione dell'autonomia organizzativa delle confessioni e della libertà di espressione individuale della fede religiosa (Pag. 65). Prosit potremmo dire, alla faccia del rispetto delle legislazioni altrui e dei trattati internazionali.

In più, l'elenco degli "inganni" perseguiti dallo stato italiano a favore della Chiesa e ai danni dei cittadini è lungo, basti citare l'esenzione ICI per i fabbricati di interesse religioso, tranne considerare la possibilità che una lussuosa clinica privata, provvista di una cappella votiva per i devoti, si trasformi da struttura di natura esclusivamente commerciale, ad una di interesse confessionale. O la scandalosa quota dell'otto per mille che grazie a tabelle costruite ad "hoc", ha permesso alla Conferenza Episcopale Italiana, nel 2006, di incamerare la bellezza di 930 milioni di euro, destinando solo l'1% alle "famose" e televisivamente pubblicizzate missioni del terzo mondo.

Insomma questo libro fa, giustamente, le pulci ad una politica invasiva (quella della Chiesa ai danni di uno Stato sovrano) e ad una ingiustificatamente difensiva (eufemismo? Quella dello Stato sovrano a favore della Chiesa). E s'inserisce nella tradizione di sana laicità e anticlericalismo che ebbe in Ernesto Rossi, sempre troppo poco ricordato, mente arguta e lucida. Peraltro citato in una intestazione azzeccata: io sono, cioè, sulle posizioni di quello che la maggior parte degli esponenti della nostra sinistra democratica oggi definisce «vieto anticlericalismo» e «pregiudizio piccolo borghese». Alla faccia dei "predicatori" alla Ernesto Galli della Loggia, e al non-sindaco di Roma troppo preoccupato a vietare le celebrazioni di unioni civili fra persone del medesimo sesso a Roma perché città sede del seggio pontificio.



di Alfredo Ronci


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