RECENSIONI
Attilio Spaccarelli
Troppe scale!
A&B Editrice, Pag. 170 Euro 15,00
Qualche anno fa, avendo in visione una prima bozza del libro, ne pubblicammo un capitolo nella sezione racconti. Ora, dopo vicissitudini che confermano il brutto andazzo dell'editoria italiana, la stesura definitiva raggiunge il meritato approdo.
E' un libro speciale, autobiografico senza essere un'autobiografia, narrativo senza essere un romanzo, umoristico senza perdere di vista il lato amaro della realtà. Attilio Spaccarelli, costretto dalla sclerosi multipla a muoversi su una sedia a rotelle, parla della propria esperienza e lo fa non con il tono drammatico che si potrebbe pensare appropriato, ma (è questo l'aspetto straordinario) con un irresistibile senso dell'umorismo.
Sei per terra e stai per provare l'ebbrezza della solidarietà, perché almeno dieci persone si gettano su di te per riportarti sulla carrozzina. Dieci persone dieci, perfettamente disorganizzate sotto la guida di un capo, il più esagitato del gruppo, che agiscono con totale assenza di sincronia, incuranti delle direttive. I più svelti riescono a impossessarsi di un arto, lo tirano e non lo cederebbero mai per nessun motivo; i ritardatari si aggrappano a ciò che rimane, anche solo per un ricordo; gli esclusi si consolano elargendo ordini, non importa se contraddittori, ai loro colleghi più fortunati.
Per certi versi si potrebbe definire un manuale, nel senso che i singoli episodi sfuggono alla spontaneità del diario per diventare tipici e paradigmatici, in un compendio che esamina sistematicamente i diversi aspetti della vita quotidiana di un disabile, impegnato in un continuo slalom fra barriere architettoniche ed umani pregiudizi. A confermarlo c'è perfino un glossario in chiusura al testo.
L'ironia è uno strumento che Attilio ha adottato per convivere con la sua malattia, ma anche per riflettere criticamente sul mondo che lo circonda. La sua carrozzina è come una postazione di candid camera, uno stimolo che funziona da test per far emergere una vasta tipologia di atteggiamenti umani, dall'imbarazzo all'indifferenza all'ipocrisia alla rigidità mentale, fino all'accanimento terapeutico e alla follia mistica.
E' Pasqua (...) così ti ritrovi seduto sulla tua carrozzella, sommerso in un mare di folla, a carpire brani della celebrazione liturgica.
A un certo punto una giovane ragazza vestita con un saio beige si avvicina, porta una mano verso la tua testa e con l'unghia tagliente di un suo dito marca il segno della croce sulla fronte. Stai quasi per protestare, quando la giovane intima:
"Alzati, alzati e cammina!"
La lettura non è solo interessante per chi, nel ruolo di paziente o di operatore, sia direttamente implicato nelle problematiche legate alla disabilità, ma è coinvolgente per tutti. Il senso di impotenza e frustrazione che si prova davanti a compiti impossibili è insito nella condizione umana, così come lo scoramento che ci affligge a contatto con certe regole astruse o con certi casi di insanabile rigidità mentale. In più c'è un'impertinente scrittura in seconda persona a prendere per il bavero il lettore e calarlo di forza dentro la situazione.
Il ventisette agosto, in un giorno di grande calura, un volontario viene a prenderti per portarti in circoscrizione. (...) Poiché non si riesce a trovare qualcuno che aiuti a transitare per le scale, mandi il volontario con le fotografie e la vecchia carta d'identità a sbrigare la pratica.
Dopo circa mezz'ora il volontario torna e riferisce:
"Le fotografie non vanno bene!"
"In che senso?" chiedi con voce strozzata.
"Sono ritoccate, secondo l'ufficiale comunale..."
Gli chiedi di andare a chiamare l'ufficiale. Dopo circa venti minuti il volontario ritorna con il funzionario addetto. E' una donna piccolina, rotondetta e piuttosto bruttina. Le chiedi:
"Perché non vanno bene le fotografie?"
"Sono ritoccate!" risponde il funzionario.
"Dove sono ritoccate?" domandi indispettito.
"Sono ritoccate!" replica laconico il funzionario.
Una giovane coppia sta scendendo le scale. Cerchi di attirare la loro attenzione, capiscono e vengono verso di te.
"Mi scusi, signore, chi è ritratto in questa foto?"
L'uomo guarda la foto, poi ti guarda, fissa per un po' la carrozzina e poi ti guarda nuovamente. Forse pensa che sei un po' scemo.
"Mah, sembra lei. Perché?" chiede perplesso.
E via di questo passo. Kafkiano suo malgrado.
di Giovanna Repetto
E' un libro speciale, autobiografico senza essere un'autobiografia, narrativo senza essere un romanzo, umoristico senza perdere di vista il lato amaro della realtà. Attilio Spaccarelli, costretto dalla sclerosi multipla a muoversi su una sedia a rotelle, parla della propria esperienza e lo fa non con il tono drammatico che si potrebbe pensare appropriato, ma (è questo l'aspetto straordinario) con un irresistibile senso dell'umorismo.
Sei per terra e stai per provare l'ebbrezza della solidarietà, perché almeno dieci persone si gettano su di te per riportarti sulla carrozzina. Dieci persone dieci, perfettamente disorganizzate sotto la guida di un capo, il più esagitato del gruppo, che agiscono con totale assenza di sincronia, incuranti delle direttive. I più svelti riescono a impossessarsi di un arto, lo tirano e non lo cederebbero mai per nessun motivo; i ritardatari si aggrappano a ciò che rimane, anche solo per un ricordo; gli esclusi si consolano elargendo ordini, non importa se contraddittori, ai loro colleghi più fortunati.
Per certi versi si potrebbe definire un manuale, nel senso che i singoli episodi sfuggono alla spontaneità del diario per diventare tipici e paradigmatici, in un compendio che esamina sistematicamente i diversi aspetti della vita quotidiana di un disabile, impegnato in un continuo slalom fra barriere architettoniche ed umani pregiudizi. A confermarlo c'è perfino un glossario in chiusura al testo.
L'ironia è uno strumento che Attilio ha adottato per convivere con la sua malattia, ma anche per riflettere criticamente sul mondo che lo circonda. La sua carrozzina è come una postazione di candid camera, uno stimolo che funziona da test per far emergere una vasta tipologia di atteggiamenti umani, dall'imbarazzo all'indifferenza all'ipocrisia alla rigidità mentale, fino all'accanimento terapeutico e alla follia mistica.
E' Pasqua (...) così ti ritrovi seduto sulla tua carrozzella, sommerso in un mare di folla, a carpire brani della celebrazione liturgica.
A un certo punto una giovane ragazza vestita con un saio beige si avvicina, porta una mano verso la tua testa e con l'unghia tagliente di un suo dito marca il segno della croce sulla fronte. Stai quasi per protestare, quando la giovane intima:
"Alzati, alzati e cammina!"
La lettura non è solo interessante per chi, nel ruolo di paziente o di operatore, sia direttamente implicato nelle problematiche legate alla disabilità, ma è coinvolgente per tutti. Il senso di impotenza e frustrazione che si prova davanti a compiti impossibili è insito nella condizione umana, così come lo scoramento che ci affligge a contatto con certe regole astruse o con certi casi di insanabile rigidità mentale. In più c'è un'impertinente scrittura in seconda persona a prendere per il bavero il lettore e calarlo di forza dentro la situazione.
Il ventisette agosto, in un giorno di grande calura, un volontario viene a prenderti per portarti in circoscrizione. (...) Poiché non si riesce a trovare qualcuno che aiuti a transitare per le scale, mandi il volontario con le fotografie e la vecchia carta d'identità a sbrigare la pratica.
Dopo circa mezz'ora il volontario torna e riferisce:
"Le fotografie non vanno bene!"
"In che senso?" chiedi con voce strozzata.
"Sono ritoccate, secondo l'ufficiale comunale..."
Gli chiedi di andare a chiamare l'ufficiale. Dopo circa venti minuti il volontario ritorna con il funzionario addetto. E' una donna piccolina, rotondetta e piuttosto bruttina. Le chiedi:
"Perché non vanno bene le fotografie?"
"Sono ritoccate!" risponde il funzionario.
"Dove sono ritoccate?" domandi indispettito.
"Sono ritoccate!" replica laconico il funzionario.
Una giovane coppia sta scendendo le scale. Cerchi di attirare la loro attenzione, capiscono e vengono verso di te.
"Mi scusi, signore, chi è ritratto in questa foto?"
L'uomo guarda la foto, poi ti guarda, fissa per un po' la carrozzina e poi ti guarda nuovamente. Forse pensa che sei un po' scemo.
"Mah, sembra lei. Perché?" chiede perplesso.
E via di questo passo. Kafkiano suo malgrado.
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