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ATTUALITA'

Marco Lanzòl

Anche papà lo fa

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Heri dicebamus dei libri - destinati agli sbarbi - con personaggi homo poco più adulti. Oggi, cari Barabìtti e Barabìtte della Sciverulèmba che costituite il Ns. pubblico, ci spasseremo a parlare di alcuni pochi testi ideati per un mercato estremamente specifico, e, ahinoi, piuttosto diradato: i figli di padri o madri gay. Fattispecie che sembra essere visibile soprattutto negli USA: è da lì, infatti, che vengono la metà (due su quattro) dei lavori che si prenderanno in esame, perché negli Stati Uniti "vi sono da due a tre milioni di madri lesbiche naturali (...) e da uno a tre milioni di padri gay naturali (...). Si calcola inoltre che i figli di genitori omosessuali siano oltre 14 milioni". (1)

Dall' Italia, invece, zitti e mosca, probabilmente perché "la maggioranza delle famiglie omosessuali sono apparentemente famiglie del tutto tradizionali, assolutamente irriconoscibili, accuratamente mimetizzate fra le altre famiglie, fra coppie e genitori eterosessuali", (2) e dunque non si pongono questioni del genere che si affronta nei racconti in disamina, né la preoccupazione di stamparli. Eppure i ragazzini omosessuali nel paese del sole dovrebbero essere parecchi, visto che gli adulti busoni o cerbiatte si stima siano tra l' 8 e il 14% della popolazione, (3) e che "lesbiche e gay non saltano fuori ad un' arbitraria età del consenso", (4) ma son lì già da prima - da molto prima, direi. (5)

Ciò detto, occupiamoci di letteratura, ordinando i libri con un criterio strettamente cronologico, secondo le date dei copyright. E complichiamoci subito la vita: il primo volume di cui riporterò, infatti, è la traduzione in catalano della voltura inglese d' un libro uscito nel 1981 in Danimarca. Il titolo originale è Mette bor hos Morten og Erik, che dalla versione catalana rendo come "Marta vive con Eric e Martin". (6)

Il testo letterario, che la minima età della piccola protagonista forse destina a bambini coetanei o poco più grandi, è corredato da numerose fotografie e alcuni disegni. Esso ci introduce alla vita d' una famiglia atipica: Marta, una bambina di cinque anni, abita con suo padre Martin ed Eric, legato al primo, supponiamo, da amicizia particolare. Uno squallido rapporto, ovviamente, che però non impedisce alla madre della piccina di filare d' amore e d' accordo con gli scellerati, poiché li va a visitare molto spesso. (p. 7) Come, ad esempio, in occasione del compleanno di Eric, festeggiato comodamente in giardino. Il sabato la ragazzina va poi a svegliare i suoi papà, che dormono, com'è intuibile, assieme nel lettone, e fa colazione con loro. Insomma, tutto scorre liscio, fino a quando una broccola li intercetta per la strada, e li striglia: "Maledetti gay! Perché non ve ne restate a casa vostra? Qui la gente non vuole aver nulla a che fare con voialtri!"". (p. 40)

Comprensibilmente, la ragazzina ci rimane scottata: così, i due maledetti nel Levitico s' affannano a tranquillarla, disegnando sul marciapiede con un gesso una specie di cartone animato. I balloon del quale spiegano come e qualmente si possa vivere, tòller marito e prosperare anche essendo buhaiole. Sommando: la storia è didascalica, i protagonisti sono belli quanto la fame e la sete (bimbi a parte che son sempre un fenomeno), però almeno si affronta il problema in modo cheto e razionale.

E mandiamo la macchina del tempo avanti di dieci anni, compiendo inoltre un bel salto anche nello spazio: non più una casetta a Legoland, bensì un sobborgo americano. Esaminiamo cioè How would you feel if your dad was gay, (7) titolo appena più lungo dell'intera Arte della fuga, scelto appositamente per favorire l' infante magari balbutènte che debba richiederlo in biblioteca o in libreria. Veniamo al dunque: durante una lezione, Jasmine, una bambina nera di terza elementare, s' allarga e dichiara di avere tre papà. Figurarsi la teppa dei compagnucci! Ne fa strame! Dopodiché, a ricreazione, degli omofobi in erba ricìcciano, e canzonano suo fratello Michael, di due anni più grande: "Tuo padre è frocio, frocio, frocio!" (p. 7). Michael poi a casa se la piglia con la sorella, contestandole che poteva pure starsene zitta, però.

Dati i musi lunghi a colazione, Andrew e Ron, genitore organico della prole, non ci mettono molto a capire che qualcosa non va. Gli vengono raccontati i fatti, e salomonicamente si dichiara che Michael ha il diritto alla privacy, ma che Jasmine aveva simmetriche ragioni per dire la verità. (p. 11) Purtuttavia, gli eventi non hanno colpito solo la maison dei due bambini di colore. Anche Noah, un loro coetaneo, ha qualche guaio, e ne parla con la madre, Sarah. L' inizio non è dei migliori: "Vorrei che tu non fossi lesbica", (p. 14) e il ragazzino prosegue raccontando come abbia tentato di difendere Michael, beccandosi la sua parte di improperi: "Allora hanno cominciato a chiamare me frocio!" (p. 14).

La madre lo consola, spiegandogli che lui non è ricchiòne, è lei che lo è. E che dunque può esimersi dal fare il donchisciotte, se non vuole. Il ragazzino non la piglia benissimo, e allora, prima di andare a letto, la mamma gli fornisce un supplemento di delucidazioni, assicurandogli che lei sarebbe sempre stata pronta a parlare con lui, e a chiarirgli le idee. (p. 17)

Nel frattempo, Jasmine torna a scuola: nessuno discute l' accaduto, però la maestra dà per compito la realizzazione dei cartoncini di auguri per la Festa del Papà. Così Maya, un' amichetta della bimba offesa, le si avvicina e le confida: "Mi piacciono i tuoi cartoncini, Jas. E scommetto che piaceranno anche ai tuoi papà". (p. 19) Anche Michael riceve attestazioni di stima da parte di alcuni compagni. Inoltre, il preside decide di riunire l' assemblea dei genitori per discutere della questione, sostenendo che " permettere ai ragazzini di ingiuriare qualcuno perché ha i genitori gay sia come permettergli di farlo avendo i genitori di colore". (p. 21) Sottolineo il punto perché è l' unica volta che si sostiene non che i genitori gay siano uguali agli altri, ma che siano diversi come gli altri. E si proponga una minima comunità dei differenti.

Difatti, all' assemblea viene invitata una dottoressa che illustra, mediante diapositive, le varie tipologie di famiglie possibili: con due genitori etero, con due omo, con un solo genitore, col figlio unico di madre vedova, etc.. E termina parafrasando Love story: ""famiglia" vuol dire chiunque tu abbia come affine" (p. 25), e pure trombonando un pochetto: "Molti non capiscono che essere gay è solo un altro modo di innamorarsi, e di creare una famiglia". (p. 26) Così, i cenerentoli ("cinderfellahs"!) tornano al castello dopo il bacio della Principa Azzurra, e il salmo finisce in gloria:"Sapete cosa si prova ad avere un papà gay? Certe volte è strano. Ma per il resto è troppo giusto". (p. 32) E vabbe': A parte l' immancabile effetto "gobbo il pàre, gobba la màre", (e quelli sono arrusàzzi, e quella è lesbiana...) che si ha scrivendo di personalità simili, e il fatto che il libro sia pedante e schematico, meglio che niente è.

E siamo al migliore della serie: Papas freund ("L' amico di papà"), (8) versione tedesca dell' americano Daddy's roommate. (9) Il racconto è dedicato a bambini molto piccoli, addirittura da due a sei anni: quindi illustrazioni (bellissime) a tutta pagina, e poche frasi di confortante normalità. Il bambino protagonista ci dice che suo papà ha lasciato sua mamma, e poi s'è riaccasato con un amico, Frank. I due lavorano assieme, mangiano assieme, dormono assieme, litigano assieme: Frank porta il piccolo a spasso, gli racconta le barzellette, gli prepara pane e marmellata, lo coccola col padre quando ha gli incubi, e tutti vanno alla partita e allo zoo. Punto. La madre poi gli spiega che i due sono gay, e il bambino sulle prime non capisce bene: ma quando gli viene detto che esser gay è solo un altro modo per volersi bene (vedi sopra), e di essere felici, conclude: "Il mio papà e Frank sono molto felici assieme. E lo sono anch'io". Padreterno, ti ringrazio. Anche solo nella fiction, sentire un marmocchio che dice una cosa del genere dimezza il conto dello speziale.

E già che siamo, almeno parzialmente, in Germania, restiamoci, e teniamo conto dell' ultimo dei libri in programma, 2 x papa (sic: inutile tradurlo, no?), (10) destinato alle creature dai dieci anni in su. Pure qui c' entra una ricreazione: Rob, il protagonista undicenne della storia, viene preso in giro, e corre a casa dalla mamma. Qui la questione è più complessa che nei libri precedenti. Infatti il padre, Maurice (che vi ricorda?), quando s'è scoperto omosessuale (il bimbo era piccolissimo) ha "cercato aiuto". Bella mossa, che l' ha spinto prima da un dottore, quindi in un' associazione gay. Dove incontra "un vero omosessuale", (p. 40) cioè uno con una voce "che non si capiva se venisse da un maschio o da una femmina", che indossa occhiali rosa "alla Elton John", insomma tutto il campionario delle finocchione. Più avanti l' Autrice precisa che "papà in quell' ambiente si sentiva proprio a disagio", (p. 49) e vabbe', se ne passano di peggio.

Non ci stupiamo dunque se ad un certo punto il maschietto sbotta: "E che cazzo, ma perché papà non poteva essere normale come tutti gli altri padri?" (p. 59) Reazione più che legittima e probabile, sia ben chiaro, e letterariamente molto più interessante di tanta melassa. Ma "lu cuntu è nenti, tuttu sta comu si porta", (11) e dopo quella sorta di ritrattino di omosessuale al quale ho accennato, davvero si è "a disagio". Sensazione che aumenta leggendo (è la madre di Rob che parla): "Una volta tuo padre mi ha detto che non ha mai amato nessun uomo come ha amato me". (p. 62)

Comunque, i rapporti si appianano, man mano che Nils, l' amante omosessuale ed ebreo (il suo vero nome è David, p. 67), e Rob si frequentano. Dunque cominciano ad abituarsi l' uno all' altro, e dopo varie peripezie, e le usuali spiegazioni didattiche, si giunge al lieto fine. Rob può tranquillamente tornarsene a scuola, e dire coram populo che suo padre vive con un altro uomo. Ad Amsterdam, ovviamente. (p. 84)

Prima di lasciarci, concedetemi una considerazione spicciola. Ottimo rivendicare il diritto alla famiglia, e tutto il resto. Uscire dalla rappresentazione della gaytudine sesso-sauna-sudore-sperma, benissimo. Dire ai ragazzini che se vivono con un frocio o una lesbica non finiranno all' inferno o al manicomio, splendido.

Però a me sembra che quanto propongano questi libri, sia una versione di famiglia che persino per gli etero si è mostrata non particolarmente eccitante. Insomma non mi pare si debba imitare, citando la battuta di un film di Fellini, quel gabbiano che "libero, volò a cercarsi un altro padrone". Nella rappresentazione letteraria e sociale, si è appena usciti dalla galera della clandestinità. Perché volersi rinchiudere in un' altra gabbia?

Ma forse mi preoccupo tanto, perché sono un tipo da 'na botta e via.



1) Monica Bonaccorso, Mamme e papà omosessuali, Editori Riuniti, Roma 1994, p. 7 e 9;

2) ibidem, p. 6;

3) Ma quale 10%!, "Babilonia" n. 139, dicembre 1995, p. 7;

4) AA.VV. The age taboo, Alyson, Boston 1981, p. 135;

5) cfr. Piergiorgio Paterlini, Ragazzi che amano ragazzi, Feltrinelli, Milano 1991; Richard A. Isay, Essere omosessuali, Raffaello Cortina Editore, Milano 1996;

6) La Martona viu amb l' Eric i en Martì, Institut Lambda, Barcellona 1986. A proposito della versione inglese di questo pìcciol libro, trovo scritto: "In Gran Bretagna (...) si registrano ancora episodi omofobi. L'esempio più significativo è rappresentato dall'approvazione, nel maggio del 1988, di un emendamento anti-gay meglio conosciuto come Section 28 che proibiva alle autorità locali di incoraggiare o di pubblicare l'omosessualità come un' alternativa alla famiglia tradizionale. L'approvazione dell'emendamento non è che la punta dell'iceberg di un clima culturale iniziato già nel 1983, quando il Daily Mail si era scagliato contro il responsabile di una scuola che aveva accettato nella sua biblioteca un testo, Jenny lives with Eric and Martin, che raccontava la storia di una ragazzina che viveva con suo padre e il suo partner. L'episodio causò una sorta di panico moralista, incoraggiato soprattutto dalla stampa e dai rappresentanti del partito conservatore". Vedi in Francesco Gnerre, Gian Pietro Leonardi, Noi e gli altri, Il dito e la luna, Milano 2007, p. 13;

7) di Ann Heron e Meredith Maran, illustrato (male) da Kris Kovick, Alyson, Boston 1991;

8) Michael Willhoite, Magnus buch, Berlin 1994;

9) Alyson, Boston 1991;

10)Marie Thérèse Schins, èdita Rowolt, Hamburg, 1995;

11) "quel che si racconta non ha importanza, quel che importa è il come". Detto da una narratrice popolare siciliana, e riportato in Leonardo Sciascia, Fatti diversi di storia letteraria e civile l'Unità/Sellerio, Roma ottobre 1993, vol. II p. 78.





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