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ATTUALITA'

Giovanna Repetto

La strada per l'Inferno? E' dietro l'angolo

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Non è casuale la frase d'apertura di quello splendido libro che è Le Benevole (1) di Jonathan Littel: Fratelli umani, lasciate che vi racconti com'è andata. Il vocativo è lo stesso che apre la Ballade des pendus di Villon: Freres humains... Non è un caso. Chi riesce a guardare oltre il relativismo dei professati ideali, oltre l'ipocrisia delle pretese virtù, ci svela che il "disumano" appartiene al repertorio comportamentale dell'uomo quanto ciò che viene comunemente considerato "umano". Cosa che è necessario non dimenticare mai, perché l'idea di essere "nel giusto", e perciò definitivamente protetti dal pericolo di essere "cattivi", è il più facile alibi della cattiveria.

C'è dunque una fratellanza, cioè una matrice comune, fra i "buoni" e i "cattivi", che a volte sono persone uguali messe in circostanze diverse. Philip Zimbardo, psicologo e ricercatore della Stanford University, ha chiamato "Effetto Lucifero" (2) il fenomeno per cui lo stesso individuo può dimostrarsi angelo o demonio a seconda dello scenario in cui agisce. E' famoso il suo esperimento, svolto verso la fine degli anni '60, su un campione di studenti suddivisi in due gruppi e inseriti in un contesto carcerario in cui dovevano rivestire rispettivamente i ruoli di carcerati e carcerieri. Pur essendo stati eliminati, dal campione, i soggetti con tratti anche minimi di devianza psichica, l'esperimento dovette essere interrotto prima del tempo previsto, (cioè dopo i primi sei giorni!) a causa dei crescenti comportamenti di maltrattamento e di abuso da parte delle "guardie".

Sull'orrore degli stermini operati dai nazisti siamo tutti d'accordo. Tutti, ovviamente, tranne i negazionisti (parola che ha una strana assonanza con creazionisti: che sia questo il suono prodotto dal negare l'evidenza?). Tutti condividiamo il dolore per questo lutto mai elaborato. Ma non si parla abbastanza dell'immane delitto perpetrato ai danni di coloro che stavano dall'altra parte della barricata: lo sterminio delle coscienze. L'entità dello scempio può sfuggire se non si attua una riflessione profonda (e questo libro ci aiuta a farlo) sulle conseguenze della propaganda nazista a livello capillare: la sistematica distorsione dei valori, la corruzione della ragione, l'educazione al fanatismo. Infine l'anestesia del più elementare senso di umana pietà.

E' vero che ci furono i criminali, i sadici e gli esaltati, ed è rassicurante poterli confinare in apposite categorie. Ma come collocheremo tutta quella gente comune, i padri di famiglia disposti ai compromessi per la sopravvivenza, i giovani irretiti da un mistificante amor di patria, i soldati pronti a puntare il fucile contro il fuoco nemico e poi schierati loro malgrado contro donne e bambini, insomma tutti coloro che il nazismo volle complici per forza? In certe situazioni l'alternativa non è fra la complicità e l'innocenza, ma fra la complicità e l'eroismo. A questo punto la domanda "che cosa avrei fatto al loro posto" non evoca più risposte così scontate.

Il protagonista del romanzo racconta in prima persona la propria carriera nel corpo delle SS, iniziata quasi per caso, e passata attraverso missioni sul fronte orientale e nel Caucaso, poi nell'inferno di Stalingrado, e infine a far la spola fra i diversi campi di concentramento per il reperimento della manodopera destinata alle fabbriche d'armi. Mansioni prevalentemente amministrative, le sue, ma strettamente connesse all'agghiacciante logica dei massacri. In Ucraina, dove gruppi di ebrei, di comunisti e di zingari vengono fucilati nelle foreste sul bordo di fosse comuni, Maximilien Aue comincia a prendere contatto con le proprie e altrui reazioni. In primo luogo quelle degli esecutori materiali dei massacri.

Alcuni, era chiaro, godevano dell'atto in sé , ma quelli li si poteva considerare dei malati...

Quanto agli altri, che la cosa gli ripugnasse o li lasciasse indifferenti, la eseguivano per senso del dovere e dell'obbligo, e così godevano del proprio zelo, della propria capacità di portare a termine con successo un compito tanto difficile nonostante il disgusto e l'angoscia...


Quando arriva il nuovo ordine del Führer che impone di uccidere, insieme agli uomini, anche donne e bambini, questo non lascia indifferenti.

Il clima al Kommando si fece spaventoso; gli ufficiali erano nervosi, alzavano la voce per un nonnulla...... ognuno teneva per sé le proprie opinioni, ma era chiaro che i nuovi compiti pesavano a tutti.

In quel clima, qualche ufficiale comincia a dar segni di squilibrio mentale, qualcun altro chiede e ottiene di essere trasferito. Il protagonista resta in campo, argomentando che "se vanno via tutti gli uomini rispettabili, qui resteranno solo i macellai, la feccia."

E' un periodo in cui si crede ancora di poter fare un lavoro "pulito", senza eccessi o crudeltà gratuite, e i trasgressori vengono puniti anche con la morte.

All'inizio c'è più posto per i conflitti di coscienza, perché le vittime delle stragi vengono prelevate direttamente dal loro ambiente, e possiedono tutte quelle caratteristiche di aspetto e comportamento che li connotano nella loro individualità umana. Il processo di "deumanizzazione" della vittima, come lo definirebbe Zimbardo, è già iniziato con la teoria della razza, ma non ha ancora raggiunto quegli estremi di omologazione che nei lager opereranno per presentare gli internati come una massa informe e indistinta (divise, rasatura del cranio, assenza di oggetti personali, ecc.)

Maximilien Aue che assiste, senza parteciparvi, a diverse esecuzioni, arriva a distinguere negli esecutori tre tipi di "temperamenti":

... quelli che, pur cercando di nasconderlo, uccidevano con voluttà...

... quelli che ne erano disgustati e che uccidevano per dovere, vincendo la ripugnanza, per amore dell'ordine.

... quelli che consideravano gli ebrei degli animali e li uccidevano come un macellaio sgozza una vacca...


Quanto a lui, che non cessa di porsi domande su se stesso e sulle proprie motivazioni, si sente dominato dal fascino dell'assoluto, dalla coerenza a quella che appare la volontà del Volk, incarnata dal capo supremo. Accetta quindi il principio della necessità dell'ordine ricevuto, per quanto ripugnante sia. Vuole andare fino in fondo senza sconti, anche se il suo stesso corpo si ribella infliggendogli pesanti disturbi gastrointestinali.

Intanto, spinto da un'incessante curiosità, continua a studiare le reazioni altrui.

In molti casi, mi dicevo perfino, quello che avevo preso per sadismo gratuito, l'inaudita brutalità con cui certi uomini trattavano i condannati prima di giustiziarli, era solo una conseguenza della mostruosa pietà che provavano e che, incapace di esprimersi altrimenti, si trasformava in rabbia, una rabbia impotente, però, priva di oggetto, e che perciò doveva quasi inevitabilmente ritorcersi contro chi ne era la causa prima.

Ogni volta che l'abitudine, la massificazione, il cinismo sembrano vicini a consentire una certa anestesia dell'anima, interviene l'incontro con il singolo, con la soggettività dell'Altro. E' il caso del piccolo pianista ebreo, che incanta gli ufficiali con la sua musica, e per il quale vien voglia di fare un'eccezione. O della partigiana che prima di essere impiccata viene baciata a turno dai soldati.

Quando fu il mio turno, mi guardò, uno sguardo chiaro e luminoso, lavato da ogni cosa, e vidi che lei, lei capiva tutto, sapeva tutto, e di fronte a quel sapere così puro esplosi in fiamme.

Così, nessuno può resistere al carisma del vecchio ebreo caucasico che si esprime in greco antico e detta le regole della propria morte, facendosi fucilare sulla montagna indicata dalle sue visioni profetiche. E dovrà chiedere il trasferimento l'ufficiale a cui l'ex vicino di casa ebreo chiede pacatamente "Per favore, mein Herr, fucili i bambini in modo pulito".

E allora, a che cosa si aggrapperà la persona comune (ex persona comune, perché nell'intimo le macerie si accumulano) per perseverare nei compiti ricevuti? E' chiaro, dovrà invocare delle verità più certe dell'evidenza, degli obblighi più vincolanti delle leggi di natura, dei principi più forti dei vincoli morali. Lo stesso Eichmann, bontà sua, si interroga sulla questione dell'Imperativo kantiano, ma il nostro Maximilien, che ormai ha fatto progressi nell'arte della mistificazione, gli risolve prontamente il dilemma: "...Siamo tutti d'accordo che in uno Stato nazionalsocialista il fondamento ultimo della legge positiva è la volontà del Führer... Non c'è nessuna contraddizione fra questo principio e l'Imperativo kantiano."

Talvolta però Maximilien ha momenti di consapevolezza delle ferite interne che lo stanno trasformando in qualcosa di diverso da ciò che avrebbe voluto essere.

Mi pervase un'ondata di amarezza: ecco cos'hanno fatto di me, mi dicevo, un uomo che non può vedere una foresta senza pensare a un fossa comune.

La sua strada per l'Inferno è lunga, e per un tratto passa accanto ai campi di sterminio, dove può constatare l'esistenza di due mondi paralleli, quello dell'orrore quotidiano in cui agonizzano i reclusi e quello della quotidianità ottusa e indifferente in cui vivono le famiglie dei responsabili.

Osservavo con curiosità quell'uomo così rigido e coscienzioso, che faceva indossare ai figli abiti di bambini ebrei uccisi sotto la sua responsabilità. Ci pensava, quando li guardava? Probabilmente quell'idea non gli passava neanche per la testa.

Quando poi le sorti della guerra si avviano verso l'inevitabile epilogo, l'idea che l'incremento della produzione di armi possa ancora capovolgerne le sorti porta a una frenetica ricerca di manodopera, e Maximilien tenta, con scarso successo, di migliorare le condizioni dei detenuti, non per fini umanitari, ma per far sì che durino più a lungo. Ovviamente senza sprechi di cibo. Se ne discute nelle riunioni d'équipe.

... se fosse tecnicamente possibile calcolare delle razioni pensate per far morire un uomo entro un determinato periodo; per esempio una razione che desse tre mesi a un ebreo non qualificato, un'altra che ne desse nove a un operaio specializzato asociale.

Toni molto pratici, ormai, di gente che ha fatto il callo a tutto.

L'effetto delle situazioni estreme e delle logiche aberranti non risparmia nemmeno la cosiddetta età dell'innocenza. Se ne rende conto il protagonista quando alla fine, dopo una rovinosa ritirata, si imbatte in un'orda di bambini cenciosi ed equipaggiati con armi di fortuna, che vagano dietro le linee russe, uccidendo spietatamente i soldati isolati: i russi, che sanno nemici, e i tedeschi, che considerano disertori.

Alcuni dei ragazzi, soprattutto i più grandi, parlavano a malapena il tedesco; eppure, almeno fino all'anno precedente, probabilmente andavano tutti a scuola, ma della loro educazione non sembrava fosse rimasta alcuna traccia, a parte l'incrollabile convinzione di appartenere a una razza superiore; vivevano come una tribù primitiva o una muta, cooperando con abilità per uccidere o trovare da mangiare, e poi disputandosi malvagiamente il bottino.

E' la descrizione di uno stato di imbarbarimento simile a quello dei piccoli sopravvissuti de Il Signore delle Mosche di William Golding, dove la situazione esterna e la necessità di sopravvivere sovvertono i consueti schemi di valori. Qui si aggiunge un brandello di ideologia, quello che serve di più, che giustifica tutto, la certezza di appartenere a una razza superiore. Questa certezza, in ogni parte del mondo, è sempre equivalsa alla licenza di uccidere.

Il protagonista, giunto alla fine della sua odissea, osserva che tutti, o quasi, (in quel "quasi" Zimbardo individua la crepa in cui può insinuarsi "l'eroe per caso", unica alternativa all'Effetto Lucifero) in un dato complesso di circostanze, fanno ciò che viene detto loro di fare, e continua:

Se siete nati in un paese o in un'epoca in cui non solo nessuno viene a uccidervi la moglie o i figli, ma nessuno viene nemmeno a chiedervi di uccidere la moglie e i figli degli altri, ringraziate Dio e andate in pace. Ma tenete sempre a mente questa considerazione: forse avete avuto più fortuna di me, ma non siete migliori. Perché se avete l'arroganza di pensarlo, qui comincia il pericolo.

C'è di che meditare. Chi poi voglia conoscere tutta la storia di Maximilien Aue, e quali guasti e in che modo gli siano derivati dall'atrocità della sua esperienza, non ha che da leggere le 953 pagine del libro, che non è un romanzo storico: è invece nello stesso tempo romanzo psicologico e documento storico dettagliato e puntiglioso. Scenario di tragedie collettive e confessionale per le più scabrose miserie personali. Fittissima galleria di ritratti e schermo panoramico per cogliere intense suggestioni naturalistiche. Ne vale la pena. Di quelle 953 pagine non ne scarterei nemmeno una.





(1) Jonathan Littel

Le Benevole

Einaudi

Pag. 953 Euro 24,00



(2) Philip Zimbardo

The Lucifer Effect: Understanding How Good People Turn Evil

Random House, 2007





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