ATTUALITA'
Alfredo Ronci
Una provocazione: eliminiamo l'autore, non la sostanza.
Già lo aveva detto Giulio Ferroni nel suo Scritture a perdere. La letteratura negli anni zero (Einaudi): nell'epoca di internet è pressoché impossibile verificare la sostanziale originalità dei testi. Cosa sia dunque farina del sacco dell'autore e cosa no.
Non si tratta di mettere in dubbio l'intera struttura di un'opera, quanto i singoli passaggi, i riferimenti ed eventuali aggiunte, perché il mare magnum dell'informazione in rete impedisce qualsivoglia confronto.
Nel 1812 Charles Nodier, letterato di sostanza, pubblica Questions de letterature légale. Du plagiat. De la supposition d'auteurs, des supercheries qui ont rapport aux livres. Ouvrage qui peut servir de suite au Dictionnaires des anonime et à toutes les bibliografies (cambiato in italiano in Crimini letterari e per la prima volta tradotto per i tipi :due punti edizioni).
In sostanza cosa dice lo scrittore francese: che il plagio è sempre esistito, che gli autori più bersagliati sono stati Montaigne ed Omero e che se proprio si vuole plagiare meglio saccheggiare gli antichi piuttosto che i moderni, e che tra questi occorra risparmiare i compatrioti dedicandosi di preferenza agli stranieri.
La faccio facile: in realtà Nodier si addentra in questioni che il lettore contemporaneo può seguire fino ad un certo punto perché i riferimenti sono alti e dotti e non sempre 'percorribili' con facilità, ma l'essenza del discorso è avvincente e del tutto attuale.
Perché la questio si riduce essenzialmente nell'individuazione dei modelli di riferimento, quelli che fanno scuola si potrebbe dire, e gli altri che si agganciano, con strumenti e modi differenti e subdoli, per raggiungere visibilità.
Dice Nodier: In breve, in letteratura, i maestri hanno uno stile, le scuole hanno una maniera, ed è a quest'ultima che si aggrappano come possono gli scrittori che, ancora una volta, non hanno uno stile tutto loro. Un uomo che si dedichi all'arte dello scrivere per effetto di un'ispirazione irresistibile, imprime il suo sigillo sulle sue opere. Lo spirito mediocre che segue questa carriera per una mania, o per speculazione,o, cosa forse più scusabile, per avere nella vita una distrazione piacevole e innocente, vi imprime invece una debole controstampa del sigillo degli altri, perché la natura non lo ha dotato di un suo proprio...
Dunque i più capaci avranno capito che il fine ultimo della trattazione non era l'aspetto legale della scrittura (anche se vi erano motivi a iosa per occuparsene. Pare che lo stesso Nodier si sia volutamente 'appropriato' di una novella di Jan Potocki e che l'abbia copiata pressoché integralmente e inserita nel suo Infernaliana), quanto la scrittura stessa.
E qui i nodi vengono al pettine con tutto il carro di Tespi del faccendismo contemporaneo: cosa si può pretendere da una letteratura che come ha detto giustamente Goffredo Fofi in un suo intervento sull'inserto dei libri de Il sole 24 ore (attenzione: il mio 'citare' non è che un'integrazione al testo, ma farina di un altro sacco: siamo ancora nel lecito o cadiamo nel calderone generale dell'attribuzione in questo caso non di un'opera, ma di uno articolo?) è fatta di poca varietà negli approcci al racconto (si battono ossessivamente strade strabattute, non ci sono 'avanguardie' e diversità formali ma solo narratori più esigenti ed acuti di altri)?
Si potrebbe (condizionale d'obbligo) pretendere una rappresentazione della realtà innanzitutto meno copiata (cosa avrebbe detto Nodier del fatto che scrittori modesti copiassero scrittori altrettanto inessenziali? Si è arrivati persino a fare un film La solitudine dei numeri primi, da un romanzo brutto) e restituire alla narrativa un angolo prospettico diverso. Anzi: restituirgli proprio l'angolo prospettico dal momento che la scrittura contemporanea ha dimenticato la profondità.
Ma per far questo è proprio necessario, come dice un altro 'critico' nostrano, Andrea Cortellessa, analizzare le strutture che condizionano la nostra vita (quindi anche il mercato) per poi proporre una visione 'alta' di queste stesse e non quella seppellirla sotto (citazione): tonnellate di fuffa industriale (e la chiama fuffa!).
Tema affascinante: Nodier in questo aveva l'atteggiamento dell'intellettuale moralmente ineccepibile (e abbiamo visto che ineccepibile non era) e sostanzialmente 'bigotto' come nel passaggio in cui difende la verginità della letteratura dall'attacco di 'avanguardismi' (il concetto è più vicino a noi, ma è calzante), come nell'uso della figura retorica dell'antitesi (ignorata da Omero e Virgilio) che rompe, mutila, snatura il pensiero conferendo al periodo un tono asciutto, uniforme, monotono e costringendo lo spirito a impegnarsi incessantemente in comparazioni e contrasti.
Ma aveva le idee chiare: il vero talento non fonda le scuole, e aggiungeremmo noi, dalle scuole non esce il vero talento. Scuole che hanno prodotto 'tonnellate di fuffa' in una parzialissima e coattiva visione del mondo e che continuano ad offrirci prodotti, e quindi autori, non sappiamo, proprio perché impossibilitati al confronto, se 'abituati' al plagio e alla copiatura, senz'altro però inessenziali e privi di ingegno.
Si potrebbe ovviare a questa deriva della letteratura proponendo la non titolarità del testo (cioè senza autore): così eviteremmo di correr dietro all'ennesimo scrittore inutile, nel tentativo di lapidarlo, e nello stesso tempo lasceremmo aperta la strada a quelle 'penne' originali che oltre ad offrire il proprio ingegno producano cloni letterari. Come è già successo: vedi Borges, Monterroso, Lem, Bolaño, Aub ed altri.
Non si tratta di mettere in dubbio l'intera struttura di un'opera, quanto i singoli passaggi, i riferimenti ed eventuali aggiunte, perché il mare magnum dell'informazione in rete impedisce qualsivoglia confronto.
Nel 1812 Charles Nodier, letterato di sostanza, pubblica Questions de letterature légale. Du plagiat. De la supposition d'auteurs, des supercheries qui ont rapport aux livres. Ouvrage qui peut servir de suite au Dictionnaires des anonime et à toutes les bibliografies (cambiato in italiano in Crimini letterari e per la prima volta tradotto per i tipi :due punti edizioni).
In sostanza cosa dice lo scrittore francese: che il plagio è sempre esistito, che gli autori più bersagliati sono stati Montaigne ed Omero e che se proprio si vuole plagiare meglio saccheggiare gli antichi piuttosto che i moderni, e che tra questi occorra risparmiare i compatrioti dedicandosi di preferenza agli stranieri.
La faccio facile: in realtà Nodier si addentra in questioni che il lettore contemporaneo può seguire fino ad un certo punto perché i riferimenti sono alti e dotti e non sempre 'percorribili' con facilità, ma l'essenza del discorso è avvincente e del tutto attuale.
Perché la questio si riduce essenzialmente nell'individuazione dei modelli di riferimento, quelli che fanno scuola si potrebbe dire, e gli altri che si agganciano, con strumenti e modi differenti e subdoli, per raggiungere visibilità.
Dice Nodier: In breve, in letteratura, i maestri hanno uno stile, le scuole hanno una maniera, ed è a quest'ultima che si aggrappano come possono gli scrittori che, ancora una volta, non hanno uno stile tutto loro. Un uomo che si dedichi all'arte dello scrivere per effetto di un'ispirazione irresistibile, imprime il suo sigillo sulle sue opere. Lo spirito mediocre che segue questa carriera per una mania, o per speculazione,o, cosa forse più scusabile, per avere nella vita una distrazione piacevole e innocente, vi imprime invece una debole controstampa del sigillo degli altri, perché la natura non lo ha dotato di un suo proprio...
Dunque i più capaci avranno capito che il fine ultimo della trattazione non era l'aspetto legale della scrittura (anche se vi erano motivi a iosa per occuparsene. Pare che lo stesso Nodier si sia volutamente 'appropriato' di una novella di Jan Potocki e che l'abbia copiata pressoché integralmente e inserita nel suo Infernaliana), quanto la scrittura stessa.
E qui i nodi vengono al pettine con tutto il carro di Tespi del faccendismo contemporaneo: cosa si può pretendere da una letteratura che come ha detto giustamente Goffredo Fofi in un suo intervento sull'inserto dei libri de Il sole 24 ore (attenzione: il mio 'citare' non è che un'integrazione al testo, ma farina di un altro sacco: siamo ancora nel lecito o cadiamo nel calderone generale dell'attribuzione in questo caso non di un'opera, ma di uno articolo?) è fatta di poca varietà negli approcci al racconto (si battono ossessivamente strade strabattute, non ci sono 'avanguardie' e diversità formali ma solo narratori più esigenti ed acuti di altri)?
Si potrebbe (condizionale d'obbligo) pretendere una rappresentazione della realtà innanzitutto meno copiata (cosa avrebbe detto Nodier del fatto che scrittori modesti copiassero scrittori altrettanto inessenziali? Si è arrivati persino a fare un film La solitudine dei numeri primi, da un romanzo brutto) e restituire alla narrativa un angolo prospettico diverso. Anzi: restituirgli proprio l'angolo prospettico dal momento che la scrittura contemporanea ha dimenticato la profondità.
Ma per far questo è proprio necessario, come dice un altro 'critico' nostrano, Andrea Cortellessa, analizzare le strutture che condizionano la nostra vita (quindi anche il mercato) per poi proporre una visione 'alta' di queste stesse e non quella seppellirla sotto (citazione): tonnellate di fuffa industriale (e la chiama fuffa!).
Tema affascinante: Nodier in questo aveva l'atteggiamento dell'intellettuale moralmente ineccepibile (e abbiamo visto che ineccepibile non era) e sostanzialmente 'bigotto' come nel passaggio in cui difende la verginità della letteratura dall'attacco di 'avanguardismi' (il concetto è più vicino a noi, ma è calzante), come nell'uso della figura retorica dell'antitesi (ignorata da Omero e Virgilio) che rompe, mutila, snatura il pensiero conferendo al periodo un tono asciutto, uniforme, monotono e costringendo lo spirito a impegnarsi incessantemente in comparazioni e contrasti.
Ma aveva le idee chiare: il vero talento non fonda le scuole, e aggiungeremmo noi, dalle scuole non esce il vero talento. Scuole che hanno prodotto 'tonnellate di fuffa' in una parzialissima e coattiva visione del mondo e che continuano ad offrirci prodotti, e quindi autori, non sappiamo, proprio perché impossibilitati al confronto, se 'abituati' al plagio e alla copiatura, senz'altro però inessenziali e privi di ingegno.
Si potrebbe ovviare a questa deriva della letteratura proponendo la non titolarità del testo (cioè senza autore): così eviteremmo di correr dietro all'ennesimo scrittore inutile, nel tentativo di lapidarlo, e nello stesso tempo lasceremmo aperta la strada a quelle 'penne' originali che oltre ad offrire il proprio ingegno producano cloni letterari. Come è già successo: vedi Borges, Monterroso, Lem, Bolaño, Aub ed altri.
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