ATTUALITA'
Alfredo Ronci
Ancora Pasolini
E' notizia di pochi giorni fa: è andato quasi distrutto il bar Necci a Roma, l'antica osteria del Pigneto dal 1924, che Pasolini organizzò come quartier generale per le riprese del suo primo film Accattone, girato tra l'aprile e il luglio del 1961. Si dice che nell'incendio sia rimasta appesa al muro, praticamente integra anche nella cornice, una vecchia riproduzione del regista. Segno del destino? Ma quale?
E' fuor di dubbio che il 'fantasma' di Pasolini aleggia ancora nell'aere: probabilmente non sfiorerà le stanze del Palazzo(ma chi glielo fa fare a svolazzare tra l'inciucio degli strepiti nazional-popolari lui che detestava anche l'ambiente letterario? Ricordiamo le sue parole: Il mondo della cultura – in cui vivo per una vocazione letteraria, che si rivela ogni giorno più estranea a tale società e a tale mondo – è il luogo deputato della stupidità, della viltà e della meschinità. Non posso accettare nulla del mondo in cui vivo, sono rimasto isolato, a ingiallire con me stesso e la mia ripugnanza a parlare sia di impegno che di disimpegno.), di sicuro si fa sentire nelle coscienze più cristalline di questo nostro 'povero' paese.
Due libri recentissimi, tra l'altro con finalità diversissime, ne ripropongono la figura centrale e i dubbi sulla sua morte violenta. Profondo Nero (1) di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, in realtà, affronta il tema pasoliniano solo nella terza parte dove appunto si riprendono in considerazioni le varie tesi sulla tragica fine del poeta e regista friulano, avvenuta nella notte tra il 1° e il 2 novembre del 1975 in un campetto dell'Idroscalo di Ostia. Quel che più interessa agli autori è 'creare' una pista comune che lega l'incidente aereo che costò la vita ad Enrico Mattei, alla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro e appunto alla morte di Pasolini.
In sintesi cosa esce fuori? Che la morte dell'allora Presidente dell'Eni non fu dovuta ad un guasto dell'aereo su cui viaggiava dopo un viaggio in Sicilia, ma ad un vero e proprio attentato dietro cui si possono rinvenire le trame e i propositi di Eugenio Cefis, in quel periodo vice di Mattei, ex partigiano legato a Fanfani e ritenuto dai servizi segreti il vero fondatore della P2. E che la morte del giornalista siciliano Mauro De Mauro non fu soltanto la conseguenza delle sue indagini 'mafiose', ma il risultato delle sue 'esplorazioni' in relazione al caso Mattei: Un commercialista, un noto avvocato e gli esattori più potenti d'Italia si muovono in combutta con un boss di Cosa nostra, per coprire il 'grande complotto italiano' che ha voluto la fine di Mattei in Sicilia. Come? Tappando la bocca a un giornalista scomodo che ha scoperto qualcosa di grosso,che è arrivato troppo vicino alla verità (pag. 161).
E in tutto questo Pasolini? Affascina (nonostante molti detrattori, sono sicuro, accuseranno i due autori di 'complottismo') il percorso che Lo Bianco e Rizza affrontano per cercare di districare la matassa ingarbugliata del delitto. A partire dall'idea che lo stesso regista s'era fatto del potere clientelare democristiano e del periodo stragista (che equivale a dire, in sostanza, avere le chiavi per comprendere al meglio gli ultimi 50 anni della nostra storia). Ecco la sintesi adottata nel libro e che sarebbe anche il sunto di Gianni D'Elia, il giornalista autore de Il petrolio delle stragi (2): Dal 1973 (strage della questura di Milano) i fascisti fanno le stragi, i servizi gliele lasciano fare, come scrive Pellegrino nel libro Segreto di Stato (Einaudi 2000) ma poi gliele attribuiscono, per rifarsi il trucco 'antifascista' sulla maschera di Stato, che a sua volta sta sul volto 'fascista' nascosto. (Pag. 253).
Se dunque le stragi sono stragi di Stato, occorre guardare indietro per capirne le origini. Pasolini pensò che solo con l'arma che più gli era congeniale, la scrittura, avrebbe potuto denunciare gli intrallazzi decennali di una corrotta classe politica. Ecco che nasce l'idea e la successiva stesura 'fiume' di Petrolio.
Petrolio è il 'romanzo delle stragi', è il primo romanzo della letteratura italiana che si trasforma in documento di denuncia per mascherare la natura perversa e assassina del potere in Italia. Pasolini è il primo (e fino l'unico) a collegare esplicitamente l'attentato Mattei alla strage di Piazza Fontana e alle altre stragi. Una tesi che anche Amintore Fanfani ha condiviso pubblicamente, ma solo molti anni dopo (nel 1986), sostenendo nel suo discorso al congresso dei partigiani cattolici di Salsomaggiore che 'forse l'abbattimento dell'aereo di Mattei, più di vent'anni fa, è stato il primo gesto terroristico nel nostro Paese, il primo atto della piaga che ci perseguita... (Pag. 237).
In realtà, quando il postumo Petrolio uscì nelle librerie molti anni dopo la morte dell'autore, i giornali e le pagine culturali interne dei quotidiani, furono 'sociologicamente' impegnati a discettare sugli 'abboccamenti' multipli di Pasolini nei pratoni del Casilino. Nulla o quasi sulla struttura politica del romanzo che naturalmente usciva molto incompleto.
Alla base di Profondo Nero c'è dunque l'idea che il regista fu ucciso perché si apprestava a rivelare, attraverso la stesura del suo libro-monstre, i retroscena della stagione stragista e dell'omicidio Mattei.
Troppo per spiegare un delitto che comunque, al di là delle congetture che sono state fatte in questi anni, mostra chiaramente dei lati oscuri?
Nico Naldini, il cugino di Pasolini, di questa teoria 'complottista' nel suo libro, il secondo dedicato allo scrittore-poeta come si diceva all'inizio, Breve vita di Pasolini (3) fa strame. Dice a pagina 63 anticipando le conclusioni: La frequentazione dei ragazzi del popolo conduce ogni giorno Pasolini in quella zona dove vita e malavita si confondono come in un chiaroscuro permanente, dove è facile che si verifichino pericolosi imprevisti e che egli stesso ne resti coinvolto, un po' per fatale imprudenza, come è già successo in Friuli, e un po' per sfida.
Il libro in questione, uscito già per Bietti nel 2000 in un'edizione più breve, costringe l'autore ad una sorta di poscritto, dopo le rivelazioni in tv del Pelosi che, a distanza di trent'anni, 'finalmente' rivelava che sulla scena del delitto non era solo, ma fu messo da 'parte' da un gruppo di ragazzi che alla fine pestarono e uccisero Pasolini.
Dice Naldini: Erano scoppiati un po' di petardi e qualcuno ne era rimasto impressionato; chi ebbe interesse a prodursi in nuove arringhe lo fece, ma alla fine tutti andarono incontro all'oblio.
Non siamo qui a prendere le parti di nessuno, ma nell'affaire Pasolini la posizione del cugino ci sembra, alla luce dei fatti che si sono sempre saputi, piuttosto sbrigativa. E poi c'è quella dichiarazione di Ruggero Mastroianni, il fratello di Marcello, che lavorando alla moviola ad un film di Fellini ebbe a dire: E' andata come è andata.
Dichiarazione questa avallata anche da Naldini, ma che se Pasolini avesse avuto la possibilità di ascoltarla non avrebbe mai accettato. Anzi, si sarebbe indignato. E giustamente.
(1) Giuseppe Lo Bianco/Sandra Rizza – Profondo Nero – Chiarelettere – 2009
(2) Gianni D'Elia – Il petrolio delle stragi - Effigie – 2006
(3) Nico Naldini – Breve vita di Pasolini – Guanda - 2009
E' fuor di dubbio che il 'fantasma' di Pasolini aleggia ancora nell'aere: probabilmente non sfiorerà le stanze del Palazzo(ma chi glielo fa fare a svolazzare tra l'inciucio degli strepiti nazional-popolari lui che detestava anche l'ambiente letterario? Ricordiamo le sue parole: Il mondo della cultura – in cui vivo per una vocazione letteraria, che si rivela ogni giorno più estranea a tale società e a tale mondo – è il luogo deputato della stupidità, della viltà e della meschinità. Non posso accettare nulla del mondo in cui vivo, sono rimasto isolato, a ingiallire con me stesso e la mia ripugnanza a parlare sia di impegno che di disimpegno.), di sicuro si fa sentire nelle coscienze più cristalline di questo nostro 'povero' paese.
Due libri recentissimi, tra l'altro con finalità diversissime, ne ripropongono la figura centrale e i dubbi sulla sua morte violenta. Profondo Nero (1) di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, in realtà, affronta il tema pasoliniano solo nella terza parte dove appunto si riprendono in considerazioni le varie tesi sulla tragica fine del poeta e regista friulano, avvenuta nella notte tra il 1° e il 2 novembre del 1975 in un campetto dell'Idroscalo di Ostia. Quel che più interessa agli autori è 'creare' una pista comune che lega l'incidente aereo che costò la vita ad Enrico Mattei, alla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro e appunto alla morte di Pasolini.
In sintesi cosa esce fuori? Che la morte dell'allora Presidente dell'Eni non fu dovuta ad un guasto dell'aereo su cui viaggiava dopo un viaggio in Sicilia, ma ad un vero e proprio attentato dietro cui si possono rinvenire le trame e i propositi di Eugenio Cefis, in quel periodo vice di Mattei, ex partigiano legato a Fanfani e ritenuto dai servizi segreti il vero fondatore della P2. E che la morte del giornalista siciliano Mauro De Mauro non fu soltanto la conseguenza delle sue indagini 'mafiose', ma il risultato delle sue 'esplorazioni' in relazione al caso Mattei: Un commercialista, un noto avvocato e gli esattori più potenti d'Italia si muovono in combutta con un boss di Cosa nostra, per coprire il 'grande complotto italiano' che ha voluto la fine di Mattei in Sicilia. Come? Tappando la bocca a un giornalista scomodo che ha scoperto qualcosa di grosso,che è arrivato troppo vicino alla verità (pag. 161).
E in tutto questo Pasolini? Affascina (nonostante molti detrattori, sono sicuro, accuseranno i due autori di 'complottismo') il percorso che Lo Bianco e Rizza affrontano per cercare di districare la matassa ingarbugliata del delitto. A partire dall'idea che lo stesso regista s'era fatto del potere clientelare democristiano e del periodo stragista (che equivale a dire, in sostanza, avere le chiavi per comprendere al meglio gli ultimi 50 anni della nostra storia). Ecco la sintesi adottata nel libro e che sarebbe anche il sunto di Gianni D'Elia, il giornalista autore de Il petrolio delle stragi (2): Dal 1973 (strage della questura di Milano) i fascisti fanno le stragi, i servizi gliele lasciano fare, come scrive Pellegrino nel libro Segreto di Stato (Einaudi 2000) ma poi gliele attribuiscono, per rifarsi il trucco 'antifascista' sulla maschera di Stato, che a sua volta sta sul volto 'fascista' nascosto. (Pag. 253).
Se dunque le stragi sono stragi di Stato, occorre guardare indietro per capirne le origini. Pasolini pensò che solo con l'arma che più gli era congeniale, la scrittura, avrebbe potuto denunciare gli intrallazzi decennali di una corrotta classe politica. Ecco che nasce l'idea e la successiva stesura 'fiume' di Petrolio.
Petrolio è il 'romanzo delle stragi', è il primo romanzo della letteratura italiana che si trasforma in documento di denuncia per mascherare la natura perversa e assassina del potere in Italia. Pasolini è il primo (e fino l'unico) a collegare esplicitamente l'attentato Mattei alla strage di Piazza Fontana e alle altre stragi. Una tesi che anche Amintore Fanfani ha condiviso pubblicamente, ma solo molti anni dopo (nel 1986), sostenendo nel suo discorso al congresso dei partigiani cattolici di Salsomaggiore che 'forse l'abbattimento dell'aereo di Mattei, più di vent'anni fa, è stato il primo gesto terroristico nel nostro Paese, il primo atto della piaga che ci perseguita... (Pag. 237).
In realtà, quando il postumo Petrolio uscì nelle librerie molti anni dopo la morte dell'autore, i giornali e le pagine culturali interne dei quotidiani, furono 'sociologicamente' impegnati a discettare sugli 'abboccamenti' multipli di Pasolini nei pratoni del Casilino. Nulla o quasi sulla struttura politica del romanzo che naturalmente usciva molto incompleto.
Alla base di Profondo Nero c'è dunque l'idea che il regista fu ucciso perché si apprestava a rivelare, attraverso la stesura del suo libro-monstre, i retroscena della stagione stragista e dell'omicidio Mattei.
Troppo per spiegare un delitto che comunque, al di là delle congetture che sono state fatte in questi anni, mostra chiaramente dei lati oscuri?
Nico Naldini, il cugino di Pasolini, di questa teoria 'complottista' nel suo libro, il secondo dedicato allo scrittore-poeta come si diceva all'inizio, Breve vita di Pasolini (3) fa strame. Dice a pagina 63 anticipando le conclusioni: La frequentazione dei ragazzi del popolo conduce ogni giorno Pasolini in quella zona dove vita e malavita si confondono come in un chiaroscuro permanente, dove è facile che si verifichino pericolosi imprevisti e che egli stesso ne resti coinvolto, un po' per fatale imprudenza, come è già successo in Friuli, e un po' per sfida.
Il libro in questione, uscito già per Bietti nel 2000 in un'edizione più breve, costringe l'autore ad una sorta di poscritto, dopo le rivelazioni in tv del Pelosi che, a distanza di trent'anni, 'finalmente' rivelava che sulla scena del delitto non era solo, ma fu messo da 'parte' da un gruppo di ragazzi che alla fine pestarono e uccisero Pasolini.
Dice Naldini: Erano scoppiati un po' di petardi e qualcuno ne era rimasto impressionato; chi ebbe interesse a prodursi in nuove arringhe lo fece, ma alla fine tutti andarono incontro all'oblio.
Non siamo qui a prendere le parti di nessuno, ma nell'affaire Pasolini la posizione del cugino ci sembra, alla luce dei fatti che si sono sempre saputi, piuttosto sbrigativa. E poi c'è quella dichiarazione di Ruggero Mastroianni, il fratello di Marcello, che lavorando alla moviola ad un film di Fellini ebbe a dire: E' andata come è andata.
Dichiarazione questa avallata anche da Naldini, ma che se Pasolini avesse avuto la possibilità di ascoltarla non avrebbe mai accettato. Anzi, si sarebbe indignato. E giustamente.
(1) Giuseppe Lo Bianco/Sandra Rizza – Profondo Nero – Chiarelettere – 2009
(2) Gianni D'Elia – Il petrolio delle stragi - Effigie – 2006
(3) Nico Naldini – Breve vita di Pasolini – Guanda - 2009
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