CLASSICI
Alfredo Ronci
Sono state dette troppe cose: “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Sarò una persona un po’ strana (letterariamente un po’ strana) ma riguardo al capolavoro di Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo appunto, vorrei iniziare il mio contributo con un cenno che, per carità lo dico giusto per dire, non credo sia mai stato affrontato da altri recensori (o critici). Cenno che però riguarda sempre motivi letterari.
Si è discusso e ridiscusso, naturalmente nei tempi in cui il libro uscì (1958, un anno dopo la morte dello stesso Tomasi), sulla reazionarietà o meno del testo. Punto questo che appassionò molto gli esperti, ma crediamo molto meno i lettori che decretarono uno straordinario successo de Il Gattopardo, ma sul quale non ci fu, per fortuna, un’adesione completa. Anzi.
Ma andiamo con ordine. A circa metà del romanzo, in un momento in cui le crisi politiche e quelle anche sentimentali sembrano in qualche modo chetarsi, Tomasi di Lampedusa, per raccontare come venivano usate le poche ore prima della cena (siamo intorno al 1860) ci dice che il principe Fabrizio Salina, quello che poi è risultato il vero protagonista della vicenda, allietava la famiglia riunita (e anche qualche sopraggiunto in più) con una lettura che nulla aveva a che fare con i romanzi più moderni… erano quelli, appunto, gli anni durante i quali, attraverso i romanzi, si andavano formando quei miti letterari che ancora oggi dominano le menti europee; la Sicilia però, in parte per la tradizionale sua impermeabilità al nuovo, in parte per la diffusa misconoscenza di qualsiasi lingua, in parte anche, bisogna dirlo, per la vessatoria censura borbonica che agiva per mezzo delle dogane, ignorava l’esistenza di Dickens, di George Eliot, della Sand e di Flaubert; financo quella di Dumas… dunque, facendo a meno di cotali autori, il principe Salina allietava i presenti con la lettura di Angiola Maria.
Il lettore, non proprio preparato alla letteratura italiana dell’ottocento, e non trovando riferimento alcuno all’autore, non ha sentore di cos’è Angiola Maria, ma seguendo l’analisi che ne è fatta nel romanzo, pensa che sia una storiellina un po’ storica e un po’ sentimentale della gioventù italica.
Diciamo sì e diciamo no. Ma quello che ci interessa è altro. Giulio Carcano, che è l’autore di Angiola Maria (finalmente conosciamo il responsabile, qualcuno potrebbe dire), scrisse il romanzo nel 1939 e in qualche modo segnò un svolta nel panorama letterario italiano. Prima ancora dei moti politici che sconvolsero l’Italia intorno agli anni sessanta (che sono quelli magistralmente raccontati dal Tomasi9 il libro di Carcano però si differenzia da altri romanzi dell’epoca perché lontano da gesta storiche ma segnate dall’amore e dalle virtù della protagonista, ossia Angiola Maria. E in più con una visione molto vicina al Manzoni de I promessi sposi.
La questione che il sottoscritto pone è questa: è giusto che un aristocratico come Fabrizio Salina, per tener quieti gli animi dei presenti, si affidi ad un autore (e soprattutto ad un testo) che, se non propriamente all’altezza degli scrittori che Tomasi elencava non disdegnava novità non solo letterarie. Di più: ma Fabrizio Salina era davvero così reazionario?
Su Il Gattopardo se ne sono dette davvero tante. Un giudizio che ritengo immorale e profondamente ingiusto è quelle che emise Alberto Moravia: un successo di destra.
Possiamo in parte capire la situazione (anzi, le situazioni), ma relegare il testo ad un immaginifico successo di destra mi sembra francamente eccessivo. A riguardo riporto un giudizio che sul romanzo, anzi, su ciò che il romanzo comportò, espresse Francesco Orlando: Molti scrittori ortodossi di sinistra non mi permettono di capire il meccanismo del mondo sociale in cui vivo, mentre al contrario tutta l’arte di un duca di Palma (Lampedusa) o di un Balzac mascherato sotto il nome di Honoré de Balzac, consiste proprio nel capire l’evoluzione della società. Qualunque siano le loro idee personali, fossero anche reazionarie, la loro opera è trascinata nel movimento reale della storia.
Al di là degli elementi “reazionari” della vicenda che in realtà sono molto in parte disvelati, il romanzo è scritto con una leggerezza ed una maestria davvero inusuali e il successo riportato dalle vendite de Il Gattopardo ha dato credito ad una storia complessa ma molto e molto commovente.
Le ultime pagine del libro ne sono una perfetta testimonianza (e solo per questa volta stiamo silenti sul capolavoro cinematografico che ne è stato tratto).
L’edizione da noi considerata è:
Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Il Gattopardo
Universale Economica Feltrinelli
Si è discusso e ridiscusso, naturalmente nei tempi in cui il libro uscì (1958, un anno dopo la morte dello stesso Tomasi), sulla reazionarietà o meno del testo. Punto questo che appassionò molto gli esperti, ma crediamo molto meno i lettori che decretarono uno straordinario successo de Il Gattopardo, ma sul quale non ci fu, per fortuna, un’adesione completa. Anzi.
Ma andiamo con ordine. A circa metà del romanzo, in un momento in cui le crisi politiche e quelle anche sentimentali sembrano in qualche modo chetarsi, Tomasi di Lampedusa, per raccontare come venivano usate le poche ore prima della cena (siamo intorno al 1860) ci dice che il principe Fabrizio Salina, quello che poi è risultato il vero protagonista della vicenda, allietava la famiglia riunita (e anche qualche sopraggiunto in più) con una lettura che nulla aveva a che fare con i romanzi più moderni… erano quelli, appunto, gli anni durante i quali, attraverso i romanzi, si andavano formando quei miti letterari che ancora oggi dominano le menti europee; la Sicilia però, in parte per la tradizionale sua impermeabilità al nuovo, in parte per la diffusa misconoscenza di qualsiasi lingua, in parte anche, bisogna dirlo, per la vessatoria censura borbonica che agiva per mezzo delle dogane, ignorava l’esistenza di Dickens, di George Eliot, della Sand e di Flaubert; financo quella di Dumas… dunque, facendo a meno di cotali autori, il principe Salina allietava i presenti con la lettura di Angiola Maria.
Il lettore, non proprio preparato alla letteratura italiana dell’ottocento, e non trovando riferimento alcuno all’autore, non ha sentore di cos’è Angiola Maria, ma seguendo l’analisi che ne è fatta nel romanzo, pensa che sia una storiellina un po’ storica e un po’ sentimentale della gioventù italica.
Diciamo sì e diciamo no. Ma quello che ci interessa è altro. Giulio Carcano, che è l’autore di Angiola Maria (finalmente conosciamo il responsabile, qualcuno potrebbe dire), scrisse il romanzo nel 1939 e in qualche modo segnò un svolta nel panorama letterario italiano. Prima ancora dei moti politici che sconvolsero l’Italia intorno agli anni sessanta (che sono quelli magistralmente raccontati dal Tomasi9 il libro di Carcano però si differenzia da altri romanzi dell’epoca perché lontano da gesta storiche ma segnate dall’amore e dalle virtù della protagonista, ossia Angiola Maria. E in più con una visione molto vicina al Manzoni de I promessi sposi.
La questione che il sottoscritto pone è questa: è giusto che un aristocratico come Fabrizio Salina, per tener quieti gli animi dei presenti, si affidi ad un autore (e soprattutto ad un testo) che, se non propriamente all’altezza degli scrittori che Tomasi elencava non disdegnava novità non solo letterarie. Di più: ma Fabrizio Salina era davvero così reazionario?
Su Il Gattopardo se ne sono dette davvero tante. Un giudizio che ritengo immorale e profondamente ingiusto è quelle che emise Alberto Moravia: un successo di destra.
Possiamo in parte capire la situazione (anzi, le situazioni), ma relegare il testo ad un immaginifico successo di destra mi sembra francamente eccessivo. A riguardo riporto un giudizio che sul romanzo, anzi, su ciò che il romanzo comportò, espresse Francesco Orlando: Molti scrittori ortodossi di sinistra non mi permettono di capire il meccanismo del mondo sociale in cui vivo, mentre al contrario tutta l’arte di un duca di Palma (Lampedusa) o di un Balzac mascherato sotto il nome di Honoré de Balzac, consiste proprio nel capire l’evoluzione della società. Qualunque siano le loro idee personali, fossero anche reazionarie, la loro opera è trascinata nel movimento reale della storia.
Al di là degli elementi “reazionari” della vicenda che in realtà sono molto in parte disvelati, il romanzo è scritto con una leggerezza ed una maestria davvero inusuali e il successo riportato dalle vendite de Il Gattopardo ha dato credito ad una storia complessa ma molto e molto commovente.
Le ultime pagine del libro ne sono una perfetta testimonianza (e solo per questa volta stiamo silenti sul capolavoro cinematografico che ne è stato tratto).
L’edizione da noi considerata è:
Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Il Gattopardo
Universale Economica Feltrinelli
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