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ATTUALITA'

Alfredo Ronci

Che brutta gente! Viva il Grande Fratello!

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Catodicamente recidivo. Ecco come mi definirei. Perché non si spiega il mio attaccamento ad una trasmissione come Che tempo che fa. Dico sempre (e l'ho scritto anche qua sopra, più di qualche volta) che alimenta il mio astio nei confronti della cultura in genere (detesto la Maria Goretti dei suggerimenti editoriali, tale Giovanna Zucconi che farebbe meglio a rivolgersi ad un hair-stylist coi coglioni prima di uscire di casa, ma, ad essere sinceri, ha fatto opera buona e meritoria nell'ultima puntata presentando Bruno Schulz), anche se a tratti, grazie al meteorologo Luca Mercalli, al faceto Massimo Gramellini e ad uno straordinario Antonio Albanese (formidabile il suo Ministro della paura), l'aspetto più intellettualmente stimolante viene fuori.

Il week end appena passato è stato l'esempio di come un programmino che potrebbe dare qualche sussulto di sensatezza poi in realtà si impantani in un sussiegoso carosello di eminenze inutili e dannose. Se si esclude la Lella Costa, che è sempre un bel sentire per la sua pronta e scattante intelligenza, il resto degli ospiti ha mortificato lo spettatore con considerazioni e suggerimenti presi dal discount più vicino (in tempi di saldi...).

Massimo D'Alema (che se fossimo in un paese civile e responsabile, dopo la batosta che ha preso il suo pupillo Boccia alle primarie pugliesi contro Vendola, dovrebbe fare le valigie e trasferirsi definitivamente in un'isola dell'Oceano Indiano in odor di tsunami) ci ha candidamente confessato che lui fa politica per vincere e non per stare eternamente all'opposizione (lecito) e che per ottenere ciò non ha nessuna remora a presentarsi insieme ai candidati dell'Udc perché in fondo il partito di Casini è all'opposizione. Basterebbe ricordare a D'Alema che anche Storace è all'opposizione rispetto alla politica di centro-destra... e dunque che fa? Per battere Berlusconi si carica pure un 'vecchio' fascista di quelli doc? Curioso poi che una trasmissione fuori dai giri politici e dalle pressioni delle segreterie (almeno così crediamo) c'imponga un presidente di partito alla vigilia di un delicato appuntamento consultivo tra gli elettori.

Gabriele Muccino ha fatto la sua marchetta presentandoci il suo ultimo film (mi metto di puzzo per non nominarlo) che, stando a quanto dice, dovrebbe rappresentare la crisi del maschio alla soglia dei quarant'anni. E che palle! Ma non era stato Moretti a dire che (allora, ai tempi di Caro Diario) era uno splendido quarantenne e se ne strafregava di questa pseudocrisi da consultorio familiare? Perché poi diciamocela, 'sto cinema italiano (quando lo si riesce a fare, perché la scure Bondi ha ormai falcidiato tutto) o ci indottrina sull'adolescenza più squinzia con titoli canzonettistici che ormai la filmografia nostrana è solo un juke-box suonatissimo (o stonatissimo?), o ci consegna qualche noiretto 'casualmente' borderline con tutto il carro di Tespi dell'estetica da periferia violenta e degradata (che palle ancora!) o appunto 'ste soap da fallimenti generazionali che al solo guardarle viene l'orticaria.

Dulcis in fundo: Alberto Arbasino. Personalmente nutro uno sconfinato amore per la sua arte, al contempo nutro uno sconfinato disprezzo per la sua persona. E la puntata di sabato scorso di Che tempo che fa non ha fatto altro che confermare questo mio convincimento: lui appartiene a quella generazione di intellettuali che ha fatto del 'velatismo' una condizione dell'essere. Ha fatto sì che il suo talento ed il suo ingegno letteralmente coprissero le 'magagne' delle sue pulsioni.

Intendiamoci: nessuno pretende che si sbandierino le proprie inclinazioni sessuali (ma se qualcuno lo facesse non avrei nulla da ridire), ma non è ammissibile che in un paese come questo, ammorbato dalla cappa dell'oscurantismo cattolico, nemmeno l'intellettuale di grido possa gridare la sua diversità. No, ci dobbiamo sentir dire che per un uomo di ottant'anni le parole chiave della propria esistenza sono: alternativa, trasgressione (ma quale???), provocazione (ma quale??), corsi e ricorsi e menate del genere.

Da prendere Arbasino per la collottola e sbatterlo fino a farlo morire di stenti.

E' difficile accettare e digerire che la verità del suo essere debba unicamente registrarsi nei suoi scritti e nei suoi capolavori, quando nella vita poi, pur con la sua capacità d'intrattenimento, pur col derisorio eclettismo che spesso sfocia nella citazione dotta o nell'eleganza cosmopolita, non c'è nulla del perché del suo sé.

Ricordando con nostalgia i tempi passati, ha nominato Pasolini (e dillo no?), ha nominato Testori (e dillo no?) , ha nominato altri che pur non essendo del 'giro' alimentavano la resistenza sessuale da ancien régime (che tutt'ora esiste e di cui si fanno carico alcuni autori, prima fra tutti Gilberto Severini).

Vorrei che qualche intellettuale di grido dicesse finalmente: ma sì, sono frocio e mi piace prenderlo nel culo. E le parole chiave della mia esistenza sono: per assonanza 'chiavata' e poi minchia ed inculata.

Invece no: siamo costretti a renderci partecipi di un velo pietoso di coscienza, di un mesto naufragar in questi scogli di inane inconsistenza. Di un'intellettualità marcia e ipocrita.

E di fronte a questa marea di figure tristi e trite, di fronte a questa bruttezza di facciata e non solo, vien da gridare a squarciagola: viva il Grande Fratello!

Viva la finzione che nonostante inciuci e tranelli volge alla verità più vera: dove non bastano il regolamento e le imposizioni ad imbavagliare la natura e le coscienze. Viva dunque Veronica e Sara che non saranno propriamente delle lesbiche, ma capiscono quanto meschini ed inutili siano gli uomini, e viva soprattutto Maicol e Giorgio. Il primo perché grazie all'altro ha scoperto che pur essendo 'diverso' è comunque accettato (e non accettato!), l'altro attraverso Maicol ha trovato una sorta di passaggio emozionale ed esistenziale per avvicinarsi al mondo contrapposto all'eterosessualità (capisci a mme!).

Due mondi (quello della cultura e quello dell'intrattenimento) diversissimi tra loro: ma non è detto che il primo prevalga sul secondo. A conti fatti, e dopo l'analisi compiuta, personalmente preferisco quest'ultimo. E non mi sento nemmeno come il poeta Ovidio che diceva: Video meliora proboque: deteriora sequor (Vedo ciò che è meglio e lo lodo, ma faccio ciò che è peggio).

Vedo solo quello che mi intriga di più.







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