ATTUALITA'
Adriano Angelini
E adesso che ci sono i mondiali... parliamo di quelli del 1978 in Argentina
Diego Armando Maradona nel 1978 aveva 17 anni, ma era già un fenomeno. Forse non avrebbe vinto il campionato del mondo da solo, come nell'86 in Messico, ma di certo la sua parte l'avrebbe fatta. Il regime di Videla e dei militari argentini però aveva i suoi giocatori prediletti da sponsorizzare, e Diego rimase a casa, a immaginare come sarebbe stato veder comparire il suo nome fra la lista dei convocati, magari in diretta Tv. Fermiamoci un attimo. Passo indietro. Come ormai recitano i libri di storia, nel settembre 1973 e in seguito nel febbraio 1974, una serie di incontri fra elementi di spicco delle polizie cilene, boliviane, argentina, paraguayana, e uruguayana (con l'aggiunta del Brasile) e Manuel Contras (capo dei servizi segreti di Pinochet, il generale cileno che in seguito avrebbe spodestato con un colpo di stato il presidente regolarmente eletto Salvator Allende) sancirono la nascita di quella che venne chiamata 'Operazione Condor'. Gli obiettivi dell'operazione erano quelli di sconfiggere i movimenti di sinistra presenti massicciamente all'interno dei vari stati sudamericani; per ottenere il risultato si utilizzarono non soltanto le formazioni militari ufficiali, ma i movimenti di estrema destra, e vari guerriglieri mercenari. Il sostegno economico e l'aiuto logistico e l'addestramento vennero concessi dagli Stati Uniti del duo Nixon-Kissinger (presidente e segretario di stato). Uno dei luoghi dell'addestramento, dove si insegnarono fra l'altro numerose tecniche di tortura, fu il Western Hemisphere Institute for Security Cooperation. Torniamo in Argentina. Palla al centro. Il 1 giugno si gioca. La Germania campione del mondo in carica incontra la Polonia. Fu un noiosissimo zero a zero. La popolazione argentina, fibrillante, aspettava con ansia il turno dei loro eroi; Ardiles, Passarella, Mario Kempes, Tarantini, Bertoni. Il calcio, come si sa, unisce e fomenta le passioni. Ma. Altro passo indietro.
Il 24 marzo 1976 Jorge Rafael Videla, militare argentino, prese il potere con un colpo di stato che rovesciò Isabelita Peron e durò fino al 1981. In linea con i dettami dell'Operazione Condor, lo scopo della brutale dittatura instaurata da Videla fu quello di portare anche in Argentina le regole economiche legate al liberismo e di azzerare qualsiasi tentativo di resistenza da parte dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali. Per fare questo, gli oppositori politici (ma anche la gente comune), non furono soltanto incarcerati. La dittatura di quegli anni in Argentina si rivelò come una delle più sanguinarie dai tempi del nazismo. Le persone venivano non solo torturate con tecniche raccapriccianti (ad esempio l'applicazione degli elettrodi) ma uccise gettandole in mare da aerei in volo dopo esser state imbottite di Pentothal per rendere meno doloroso il macabro rituale. I numeri di questo massacro dicono 30mila persone (definite desaparecidos) scomparse, 15 mila fucilate e 10 mila torturate. Torniamo sul campo di gioco.
Il popolo argentino sapeva quello che stava avvenendo? Il popolo argentino era consapevole che mentre Ardiles e compagni zampettavano dietro un pallone, ragazzi innocenti e presi più o meno a casaccio venivano sottratti alle loro famiglie per non farvi più ritorno? Gli europei lo sapevano. Le Tv e i giornali, almeno quelli di sinistra, mostravano al mondo le immagini delle mamme dei ragazzi scomparsi che si recavano ogni giorno a plaça de Mayo per manifestare e richiedere di avere indietro i loro figli. Le madres, come sarebbero state chiamate in seguito, scossero l'opinione pubblica mondiale. Ma non gli argentini, non tutti almeno. Ma non scossero nemmeno i calciatori, né le federazioni calcistiche degli altri stati che parteciparono a un mondiale, organizzato da una cricca di assassini, senza fiatare. Solo la Svezia e l'Olanda provarono a obiettare. Ma fu un fuocherello di paglia. Anzi, la longa manus del potere piduista argentino organizzò perfino diverse sceneggiate ignobili. In una di queste, uno dei tanti buffoni di corte che faceva il giornalista al soldo del regime, inventò di sana pianta una lettera (che Llonto ha distribuito in sala nella sua presentazione romana) che il capitano della nazionale olandese Ruud Krohl, (futuro calciatore del Napoli) avrebbe mandato in quei giorni alla figlioletta in Olanda per rassicurarla del fatto che ciò che dicevano le Tv europee era falso, che in Argentina non c'erano cattivi dittatori e che i militari dai loro cannoni sparavano fiori. Peccato, come si scoprì poi, che la lettera venne scritta in inglese (e Krohl parlava olandese con la figlia) e Krohl la smentì clamorosamente facendo scoppiare un incidente diplomatico fra le due nazioni. Oggi, il nano ghiacciato quel solerte giornalista inventore lo metterebbe di sicuro a capo di uno dei suoi giornali di famiglia.
Tutti questi episodi, e anche di più, li trovate sul prezioso libro di Pablo Llonto, I mondiali della vergogna, edizioni Alegre. Il giornalista all'epoca lavorava per uno dei giornali del gruppo editoriale più colluso con la dittatura di Videla, Clarin. Llonto, con uno stile narrativo avvincente, racconta fatti incredibili occorsi in quegli anni, totalmente rimossi da qualsiasi informazione. Racconta come non fosse vero che Joan Cruiff, il glorioso capitano della nazionale olandese, si fosse rifiutato di giocare quel mondiale perché contro il regime ma semplicemente perché temeva per la sua incolumità. Squarcia il velo ipocrita delle federazioni calcistiche nazionali, in mano a personaggi inquietanti e grotteschi, collusi e nel migliore dei casi omertosi nei confronti di tutte le dittature sudamericane di quegli anni, come il brasiliano Joao Havelange, a capo della Fifa per ben 14 anni. Lo spaccato di Llonto è sconcertante perché punta il dito contro l'indifferenza in cui si giocò quel mondiale, dove di fronte al dio pallone perfino i montoneros argentini, il gruppo armato rivoluzionario che si opponeva a Videla, dichiarò una tregua e di non voler sabotare le partite per rispetto del popolo che seguiva trepidante quell'undicesima edizione della Coppa del Mondo di Calcio. Quell'edizione del mondiale, in cui la squadra di casa venne clamorosamente aiutata e vinse, servì al regime di Videla per rafforzare la sua immagine, per coprire l'orrore che dietro le quinte degli stadi pieni si consumava e per ottenere sempre maggiori consensi di pubblico. Certo, gli europei devono fare mea culpa, anche se gli organi di informazioni che nascosero l'evidenza non la faranno mai (tra l'altro l'ammiraglio a capo della Marina argentina, Eduardo Massera, era un piduista), ma secondo me anche gli argentini dovrebbero guardarsi in casa, perché furono molti i consensi che il regime di Videla ottenne. Possiamo concedere il beneficio di inventario, molti potevano non sapere cosa stava avvenendo. Ma insomma, le esultanze negli stadi per Videla ci furono, eccome se ci furono! Un illustre politico democristiano romano diceva che a pensare male si fa peccato ma raramente si sbaglia. Come ha ricordato Gianni Minà durante la presentazione, fu lo stesso politico che, vivaddio!, confessò che l'Italia non poteva fare molto per osteggiare quel regime perché in ballo c'erano i grandi interessi economici delle aziende nazionali in quel Paese. Quando si dice la sincerità. Un plauso a Llonto, che ha pure proposto di restituire quella Coppa del Mondo alla Fifa (unico e isolato). Un libro davvero consigliato per chi vuole approfondire e riflettere su ciò che anche oggi sta accadendo, soprattutto nella censura dell'informazione, pur con toni soft e patinati.
p.s. Un plauso ulteriore e sincero al capitano dell'Inter Xavier Zanetti che in occasione dell'uscita di questo libro ha rilasciato le seguenti dichiarazioni: "Non è facile dimenticare quello che è successo. Crescendo i miei genitori mi hanno raccontato di quello che stava succedendo allora, io ricordavo solo i festeggiamenti. Quel mondiale riuscì a nascondere quello che stava accadendo davvero nel paese. La vicenda dei desaparecidos pesa ancora sulla nostra società, se c'è qualcuno che non conosce la verità su quanto è successo adesso ha gli strumenti per capire"
Pablo Llonto
Il mondiale della vergogna
Edizioni Alegre
Pag. 223. Euro 15,00
Il 24 marzo 1976 Jorge Rafael Videla, militare argentino, prese il potere con un colpo di stato che rovesciò Isabelita Peron e durò fino al 1981. In linea con i dettami dell'Operazione Condor, lo scopo della brutale dittatura instaurata da Videla fu quello di portare anche in Argentina le regole economiche legate al liberismo e di azzerare qualsiasi tentativo di resistenza da parte dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali. Per fare questo, gli oppositori politici (ma anche la gente comune), non furono soltanto incarcerati. La dittatura di quegli anni in Argentina si rivelò come una delle più sanguinarie dai tempi del nazismo. Le persone venivano non solo torturate con tecniche raccapriccianti (ad esempio l'applicazione degli elettrodi) ma uccise gettandole in mare da aerei in volo dopo esser state imbottite di Pentothal per rendere meno doloroso il macabro rituale. I numeri di questo massacro dicono 30mila persone (definite desaparecidos) scomparse, 15 mila fucilate e 10 mila torturate. Torniamo sul campo di gioco.
Il popolo argentino sapeva quello che stava avvenendo? Il popolo argentino era consapevole che mentre Ardiles e compagni zampettavano dietro un pallone, ragazzi innocenti e presi più o meno a casaccio venivano sottratti alle loro famiglie per non farvi più ritorno? Gli europei lo sapevano. Le Tv e i giornali, almeno quelli di sinistra, mostravano al mondo le immagini delle mamme dei ragazzi scomparsi che si recavano ogni giorno a plaça de Mayo per manifestare e richiedere di avere indietro i loro figli. Le madres, come sarebbero state chiamate in seguito, scossero l'opinione pubblica mondiale. Ma non gli argentini, non tutti almeno. Ma non scossero nemmeno i calciatori, né le federazioni calcistiche degli altri stati che parteciparono a un mondiale, organizzato da una cricca di assassini, senza fiatare. Solo la Svezia e l'Olanda provarono a obiettare. Ma fu un fuocherello di paglia. Anzi, la longa manus del potere piduista argentino organizzò perfino diverse sceneggiate ignobili. In una di queste, uno dei tanti buffoni di corte che faceva il giornalista al soldo del regime, inventò di sana pianta una lettera (che Llonto ha distribuito in sala nella sua presentazione romana) che il capitano della nazionale olandese Ruud Krohl, (futuro calciatore del Napoli) avrebbe mandato in quei giorni alla figlioletta in Olanda per rassicurarla del fatto che ciò che dicevano le Tv europee era falso, che in Argentina non c'erano cattivi dittatori e che i militari dai loro cannoni sparavano fiori. Peccato, come si scoprì poi, che la lettera venne scritta in inglese (e Krohl parlava olandese con la figlia) e Krohl la smentì clamorosamente facendo scoppiare un incidente diplomatico fra le due nazioni. Oggi, il nano ghiacciato quel solerte giornalista inventore lo metterebbe di sicuro a capo di uno dei suoi giornali di famiglia.
Tutti questi episodi, e anche di più, li trovate sul prezioso libro di Pablo Llonto, I mondiali della vergogna, edizioni Alegre. Il giornalista all'epoca lavorava per uno dei giornali del gruppo editoriale più colluso con la dittatura di Videla, Clarin. Llonto, con uno stile narrativo avvincente, racconta fatti incredibili occorsi in quegli anni, totalmente rimossi da qualsiasi informazione. Racconta come non fosse vero che Joan Cruiff, il glorioso capitano della nazionale olandese, si fosse rifiutato di giocare quel mondiale perché contro il regime ma semplicemente perché temeva per la sua incolumità. Squarcia il velo ipocrita delle federazioni calcistiche nazionali, in mano a personaggi inquietanti e grotteschi, collusi e nel migliore dei casi omertosi nei confronti di tutte le dittature sudamericane di quegli anni, come il brasiliano Joao Havelange, a capo della Fifa per ben 14 anni. Lo spaccato di Llonto è sconcertante perché punta il dito contro l'indifferenza in cui si giocò quel mondiale, dove di fronte al dio pallone perfino i montoneros argentini, il gruppo armato rivoluzionario che si opponeva a Videla, dichiarò una tregua e di non voler sabotare le partite per rispetto del popolo che seguiva trepidante quell'undicesima edizione della Coppa del Mondo di Calcio. Quell'edizione del mondiale, in cui la squadra di casa venne clamorosamente aiutata e vinse, servì al regime di Videla per rafforzare la sua immagine, per coprire l'orrore che dietro le quinte degli stadi pieni si consumava e per ottenere sempre maggiori consensi di pubblico. Certo, gli europei devono fare mea culpa, anche se gli organi di informazioni che nascosero l'evidenza non la faranno mai (tra l'altro l'ammiraglio a capo della Marina argentina, Eduardo Massera, era un piduista), ma secondo me anche gli argentini dovrebbero guardarsi in casa, perché furono molti i consensi che il regime di Videla ottenne. Possiamo concedere il beneficio di inventario, molti potevano non sapere cosa stava avvenendo. Ma insomma, le esultanze negli stadi per Videla ci furono, eccome se ci furono! Un illustre politico democristiano romano diceva che a pensare male si fa peccato ma raramente si sbaglia. Come ha ricordato Gianni Minà durante la presentazione, fu lo stesso politico che, vivaddio!, confessò che l'Italia non poteva fare molto per osteggiare quel regime perché in ballo c'erano i grandi interessi economici delle aziende nazionali in quel Paese. Quando si dice la sincerità. Un plauso a Llonto, che ha pure proposto di restituire quella Coppa del Mondo alla Fifa (unico e isolato). Un libro davvero consigliato per chi vuole approfondire e riflettere su ciò che anche oggi sta accadendo, soprattutto nella censura dell'informazione, pur con toni soft e patinati.
p.s. Un plauso ulteriore e sincero al capitano dell'Inter Xavier Zanetti che in occasione dell'uscita di questo libro ha rilasciato le seguenti dichiarazioni: "Non è facile dimenticare quello che è successo. Crescendo i miei genitori mi hanno raccontato di quello che stava succedendo allora, io ricordavo solo i festeggiamenti. Quel mondiale riuscì a nascondere quello che stava accadendo davvero nel paese. La vicenda dei desaparecidos pesa ancora sulla nostra società, se c'è qualcuno che non conosce la verità su quanto è successo adesso ha gli strumenti per capire"
Pablo Llonto
Il mondiale della vergogna
Edizioni Alegre
Pag. 223. Euro 15,00
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