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Il Paradiso degli Orchi
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ATTUALITA'

Alfredo Ronci

Er Busi de noantri, ma è nato a Grosseto: Massimiliano Parente.

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Lo so è un mio difetto, ma quando apro un libro vado sulla terza o quarta di copertina per vedere se c'è una foto dell'autore. Un po' perché ormai s'è fatta strada in me l'opinione che gli scrittori esteticamente facciano ribrezzo (nonostante dicano che il nano Baricco sia un bel tipo,- sic - anche se personalmente scoperei con Mancassola, e non mi dispiace nemmeno Ammaniti pur appartenendo già al filone pseudo-bear), un po' perché con presunzione e sprezzo di scientificità, mi piace giudicare gli altri lombrosianamente.

La terza di copertina de La casta dei radical chic (Newton Compton) mostra dunque una foto (e quindi il sottoscritto sarebbe parzialmente appagato) dell'autore: Massimiliano Parente. Un'emerita faccia di cazzo e che assomiglia pure a Sgarbi (ça va sans dire), con il quale, pare, siano fioccate querele (ma allora Dio li fa e poi li accoppia, o come disse signorilmente Boncompagni dopo la morte di Battisti e di conseguenza dopo la fine del sodalizio con il poeta Panella, Dio li fa e poi li accoppa!).

Ma per onestà intellettuale non posso fermarmi alla semplice similitudine sessuale, quindi andrei oltre, e l'oltre è decisamente più interessante, ma nello stesso tempo irritante. Perché lombrosianamente dico che le facce di cazzo non possono non essere ontologicamente urticanti.

So di dare il fianco all'autore: Parente ci tiene ad avere l'allure del guastafeste (à propos: ad un certo punto del libro l'esimio scrittore si fa passare per uno che vive in modo monastico per poi scoprire, andando avanti, che frequenta tutti i critici più à la page della nostra penisola, riesce persino a farsi pagare le cene da editori sprovveduti, sprovveduti perché il Parente si ritiene indesiderabile, presenzia Sanremo come invitato, salivando dietro Dolcenera, si fa tutte le mostre di piccola, media e grande editoria e frequenta le sedi delle più prestigiose case editrici di cui elenca stili architettonici e dove assenti, segreterie tutto fare e cafonerie da antica segreteria del Corso).

Dicevo dunque, dopo lunga parente(si), che il Parente ci tiene ad essere considerato un guastafeste, ma penso tenga di più ad essere considerato una figliolanza diretta di un busismo de noantri con annessa autocelebrazione e citazionismo, anche se all'acqua di rose e tanto tanto in odor di san(t)ità mentale.

Vedasi esempi, che riporto integramente (dovesse prendersela a male):

Pag. 142: Sarà che uno scrittore, non vivendo se non nel testo, non fa testo, e quando viaggia resta fermo e quando è fermi si sposta, ma anche tutto questo viavai di massa non sarà poi così salutare per chi non ha neppure la consolazione di una posterità a cui infliggere la vendetta postuma non solo di farsi leggere ma addirittura di farsi studiare.

Pag. 163: La Bompiani non pubblica più me ed è un problema loro, io ho di fronte a me millenni di posterità a venire, cosa vuoi che possa fottermene di Scurati.

Pag. 171: A proposito di scrittori e non scrittori e 'e scrittore', chi è e cosa uno scrittore oggi? Vengono in mente Dickens, Flaubert, Turgenev, Svevo, Pirandello, Gadda, Volponi, Arbasino, Busi, me.

Pag. 175: Io, a scanso di equivoci e inconvenienti e sovrainterpretazioni e perfino per non apparire troppo umile rispetto alle mie opere, ormai in epigrafe cito solo me stesso. (e non è vero, perché in esergo al libro in questione si cita pure Gaber).

Pag. 212: Emily Dickinson non l'ho mai sopportata (se non siete me non ditelo in pubblico, non potete permettervelo).

Sorvolando sul sopra citato fregnaccismo, il libro è male strutturato. Colpa di chi? Penso del correr dietro alla notizia, in odor di cronachismo sociologico. Passi quello 'strillo' in copertina il libro che farà tremare i salotti italiani, che indica il provincialismo di chi crede di poter smuovere il mondo quando il mondo è perfettamente immobile (ma cosa vuoi far tremare un paese come il nostro che ha come presidente del Consiglio un uomo definito corruttore da un tribunale italiano, che s'è fatto leggi su misura, che nomina ministri perché non cadano nelle maglie della giustizia, che si circonda di mignotte – vere e ammantate di seducente politicità – che con la scusa della privacy chiude la bocca alla stampa e che racconta barzellette da un ventennio). Dunque passi quello strillo, ma il libro, si diceva, paga lo scotto del frettoloso amalgama: dove ad un certo punto l'autore, citando Busi, si ripropone di parlarne poi (e lo farà) dimenticando (lui? L'editing? L'ufficio stampa?) che il secondo capitolo della fondamentale opera, tratta dell'Isola dei famosi, e per la legge transitiva, di Busi e della sua cacciata.

Politicamente scorretto La casta dei radical chic esordisce (a pag. 31) con una colossale panzana. Dice Parente a proposito del film Il Divo: ricorda più il Bagaglino che la gang democristiana, e dopo oltretutto, come titoli di coda passano le assoluzioni di Andreotti, tanto per farti capire che il film è sbagliato o la magistratura che l'ha assolto è corrotta.

L'ignorantissimo Parente non sa o non vuol sapere (ma vedi tu come è tanto simile all'odiato Sgarbi, in questa difesa del democristiano doc che alla fine del libro è indicato pure come politico di razza perché in quarant'anni di onestissima carriera non ha mai querelato un giornale come invece ha fatto D'Alema coi giornalisti) che Andreotti non è stato assolto, ma da un tribunale di questo tanto bistrattato paese è stato giudicato colluso con la mafia almeno fino al 1980. Mettila come ti pare, caro Parente, ma per me una cosa del genere è assai infamante.

Ci pare dunque che lo scrittore sia mosso da una propensione tutta ideologica all'assoluzione: come quando difende l'amato Feltri che non è mai invitato in tv, diversamente da un Ciancimino, per esempio, e che è l'unico giornalista ad essere stato espulso dal relativo ordine. Anche qui l'esimio scrittore dimentica che il direttore del Giornale, dove scrive lo stesso Parente, quando scoppiò lo scandalo (stagionale) della pedofilia, pubblicò in prima pagina foto, nomi e a volte anche indirizzi, senza preoccuparsi di eventuali omonimie, di alcuni sedicenti pedofili. Una prassi del genere, mi si consenta caro Parente, non meriterebbe l'espulsione dall'ordine, ma l'esecuzione immediata del giornalista magari a Piazzale Loreto (mi offro volontario). Resta comunque un dettaglio 'minimo' nella lungimirante carriera dell'amato Feltri.

L'autore de La casta dei radical chic ci prende invece quando spara a zero sul falso teatrino propagandistico ed ontologicamente inutile dell'editoria nostrana e del criticume velleitario delle penne intinte nella banalità delle pagine culturali dei quotidiani, e quando esistono, delle riviste letterarie (bello il passaggio in cui Parente definisce il fancazzista D'Orrico il software culturale automatico del 'Corriere Magazine' o quando consiglia al presenzialista La Porta di chiudersi la porta in faccia!). Ci prende pure quando si scaglia contro la Babele consumistica (fatta di premi, di mostre, di incontri, di interventi, di cene, di appoggi, di nepotismi vari, di raccomandazioni) dell'indigena editoria (Ho sentito dire, ultimamente, "Sortino è del giro di Caterini", senza che si sappia chi cazzo sia l'uno e l'altro! - Posso dirti, esimio scrittore, chi è il secondo: un'emerita testa di minchia!), ma ho il vago sospetto che l'intera operazione di tiro al bersaglio oltre ad alimentare l'ego smisurato del Parente, serva solo allo stesso a indicarci una sorta di spicciola morale: qui ci si lamenta tanto della mancanza di libertà (a sinistra), ma guarda un po' il sottoscritto cosa ti combina e come tratta 'liberamente' gli altri senza che gli altri lo ingabbino!

Dice di Berlusconi: è responsabile del cambiamento liberale e di mentalità e di linguaggio, avendo reso popolari scrittori come Aldo Busi o personaggi come Platinette decenni prima che Bertinotti candidasse Luxuria.

Parente, ma non rompere i coglioni!

Primo: se credi che il linguaggio sia liberamente cambiato (e come è cambiato!) grazie a Berlusconi, tu che sei scrittore fondamentale ed essenziale, sai benissimo di dire una fregnaccia colossale.

Secondo: Busi era già un personaggio prima di finire nella Mondadori pre-berlusconiana (e tu che lo stimi tanto, ridurlo ad emblema del 'culturalismo' berlusconiano, aspettati da un momento all'altro un vaffanculo monumentale dall'autore di Sodomie in corpo 11).

Terzo: tieniti pure Platinette, ma anche Mietta e Dolcenera per cui tanto salivavi a Sanremo. Ma non hai detto da qualche parte del libro che sei, tra le altre tantissime cose, pure frocio?





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