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Alfredo Ronci

I settant'anni di una vergogna nazionale. 1938: le leggi razziali in Italia e le misere reazioni della Santa Sede. E un ricordo di Ernesto Rossi.

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Qualche giorno fa, a proposito dei provvedimenti governativi sul problema immigrazione, la Falcetti, in un programma mattutino che va in onda alla RAI sia in radio che in tv, ha commesso una gaffe clamorosa: riferendosi alla questione delle unioni tra italiani ed extracomunitari ha affermato, secondo quanto riportava La Repubblica (ma il giornale romano scriveva tutt'altro) che erano vietati i matrimoni misti.

La poverina, confondendo con ciò l'intenzione di rendere più complicati i matrimoni di convenienza, non poteva sapere che così facendo si esponeva al ridicolo (io l'avrei frustata) e che senza volere richiamava alla mente, dei più accorti, un problema che fu centrale nella disputa tra Fascismo e Santa Sede dopo i primi provvedimenti in difesa della razza.

Occorre dunque ricordare che proprio settant'anni fa Mussolini inaugurò, segnando una delle pagine più vergognose del regime e della nostra storia recente, la sua politica antisemita.

Perché sia ancora più chiaro il percorso che il duce e i suoi fedeli seguirono perché si realizzasse quella linea che, secondo lo storico De Felice fu determinata essenzialmente dalla convinzione che per rendere granitica l'alleanza italo-tedesca fosse necessario eliminare ogni stridente contrasto nella politica dei due regimi, andiamo brevemente ad elencare le tappe più significative di tutto il processo.



16 Febbraio 1938: Pubblicazione dell''Informazione Diplomatica' n.14. Scritta unicamente per stemperare le polemiche sull'intenzione del governo fascista di inaugurare una politica antisemita, affermava però che le correnti dell'antifascismo dipendono regolarmente da elementi ebraici.



14 Luglio. Manifesto della razza. Un gruppo di studiosi fascisti docenti nelle Università italiane e sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare, proponeva in dieci punti la concezione del regime sul problema della razza, menzionando però soltanto al punto nove un esplicito riferimento agli ebrei. Ciano confessò nel suo diario: Il duce mi annuncia la pubblicazione da parte del Giornale d'Italia di uno statement sulle questioni della razza. Figura scritta da un gruppo di studiosi, sotto l'egida della Cultura Popolare. Mi dice in realtà che l'ha quasi completamente redatto lui.



19 Luglio. Trasformazione dell'Ufficio Demografico Centrale presso il Ministero dell'Interno in Direzione Generale per la Demografia e Razza



25 Luglio. Comunicato ufficiale del Partito Nazional Fascista sul Manifesto della razza del 14.



5 Agosto. Se con l'Informazione Diplomatica n.18 si informavano gli italiani che discriminare non significa perseguitare nello stesso tempo il governo prendeva il primo provvedimento: si vietava agli studenti stranieri ebrei l'iscrizione alle scuole del Regno.



3 Settembre. Con un decreto legge del Ministero dell'Educazione Nazionale venivano esclusi da tutte le scuole statali, parastatali o riconosciute nel Regno, gli insegnanti e gli alunni di razza ebraica.



6 Settembre. Un decreto legge stabiliva l'espulsione dall'Italia degli ebrei stranieri anche se divenuti cittadini italiani dopo il primo gennaio 1919.



6 Ottobre. Riunione del Gran Consiglio. Si pongono le basi per quelle che saranno le disposizioni definitive in materia di legislazione razziale. Tra le più significative: divieto di matrimoni di italiani e italiane con elementi appartenenti alle razze camita, semita e altre razze non ariane. Divieto per i dipendenti dello Stato ed Enti pubblici, personale civile e militare, di contrarre matrimonio con donne straniere di qualsiasi razza.



17 Novembre. Attuazione delle disposizioni emanate dal Gran Consiglio.



Come abbiamo già riportato in precedenza, furono quest'ultimi provvedimenti a svegliare l'attenzione della Santa Sede sul problema della razza. Che l'ambiente ecclesiastico non vedesse di buon occhio gli ebrei era cosa risaputissima: ma furono gli stessi fascisti, come ci suggerisce Ernesto Rossi nel suo fondamentale Il manganello e l'aspersorio (1) a ritirar fuori dagli ammuffati scaffali della Compagnia di Gesù la tavola fondamentale per giustificare la politica antisemita del governo. Civiltà Cattolica, l'organo ufficiale dei gesuiti, attraverso i quaderni del 22 settembre, del 4 novembre e del 9 dicembre 1889 indicava la ragione principale delle persecuzioni inflitte da secoli al popolo ebraico: cupidigia insaziabile di straricchire con l'usura, di prepotere con le perfidie e di dominare, tutto invadendo e tutto usurpando, quanto gli è possibile negli Stati.

Con l'unto della carità cristiana, come diceva Ernesto Rossi, il giornale gesuita faceva sue le proposte più disumane nei confronti degli ebrei.

Ricordiamo che solo con l'enciclica Nostra aetate, durante il Concilio Vaticano II dell'ottobre del 1965 i cattolici fecere cadere l'accusa di deicidio nei confronti del popolo ebreo.

Ma lo spettacolo che le gerarchie ecclesiastiche offrirono all'indomani dell'emanazione delle leggi razziali non fu per nulla edificante: Pio XI, per paura che un'opposizione troppo decisa mettesse in forse i recenti Patti Lateranensi del 1929, per i quali Mussolini fu indicato come l'uomo della Provvidenza, tentò l'unica carta della riserva a proposito del matrimonio fra italiani ed ebrei convertiti al cattolicesimo. Ciano nei suoi diari espone la posizione ufficiale del duce: Il Papa vorrebbe che venisse accordata la deroga anche per i convertiti al cattolicesimo. Il Duce ha respinto tale richiesta che trasformerebbe la legge razzista in confessionale.

Due rapporti dell'Ambasciata presso la Santa Sede a Ciano e da questi trasmessi a Mussolini, indicarono, sin dall'immediata emanazione dei deliberati, la presa di posizione del Vaticano: si apprezzava il comma nel quale non era considerato di razza ebraica colui che era nato da un matrimonio misto e qualora avesse professato altra religione all'infuori di quella ebraica alla data del 18 ottobre XVI (era fascista), ma l'unico (e ribadiamo unico) punto sul quale la Chiesa aveva intenzione di formulare obiezioni era quello dei matrimoni misti con ebrei convertiti al cattolicesimo.

Scriveva Ernesto Rossi: (Pio XI) non disse mai una parola di solidarietà verso le migliaia di ebrei che, senza alcuna loro colpa, venivano messi al bando dalla vita civile. Anche lui, come per Hitler e per Mussolini e per i gesuiti della Civiltà Cattolica, gli ebrei costituivano un gravissimo pericolo per l'umanità. I fascisti avevano soltanto il torto di esagerare, ma le loro intenzioni erano buone.(2).

Come si diceva, son passati settanta anni da quelle vergognose iniziative. Che l'anniversario (e non la gaffe involontaria di una giornalistucola), al di là degli scontati mea culpa di chi poi non crede di avere sensi di colpa, sia l'occasione non per una ricucitura di un'unità nazionale, che chissà perché ha sempre fatto comodo alle forze più reazionarie di questo paese, ma un'opportunità di non cadere nella facile tentazione di risolvere i problemi con l'uso di dottrine cattocentriste e soprattutto con l'uso della forza. Che poi, in questi travagliati giorni, si discuta se sia giusto o no intestare una strada di Roma a Giorgio Almirante che fu redattore del giornale La difesa della razza... beh, non mi sembra un segno dei tempi edificante.









(1)Ernesto Rossi - Il manganello e l'aspersorio – Kaos edizioni

(2)Ibid.







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