ATTUALITA'
Alfredo Ronci
Il giorno di Serge Gainsbourg
Un giorno come tanti e la voglia di iniziare le fatiche del quotidiano con note adeguate: vi è nella scelta della musica un affanno a volte imprevedibile, uno sforzo aggiuntivo. Stavolta la mano è andata sicura: un cd di un paio di anni fa di Jane Birkin, Arabesque, dove la chanteuse francese, con la sua voce fragile, ma liquida, fregandosene delle banlieuses che vanno a fuoco, innesta un meccanismo fascinoso di intruglio e si fa accompagnare da artisti magrebini e da una musica di chiara derivazione araba. Ma è un omaggio, innanzi tutto, al suo mentore, al suo vecchio compagno, all'amore della sua vita: Serge Gainsbourg.
Quando il violino di Djamed Benyelles attraversa la stanza sono già sveglio abbastanza : colazione, uno sbadiglio che sembra felino, uno sbracciare noioso, addirittura doloroso, il pensiero costante della coazione a ripetere, il bagno.
E quand bien même tu m'aimerais ancore j'me passerais aussi bien de ton désaccord – c'est l' mêm' dilemme entre l'âme et le corps... oh no, penso, ancora dilemmi del cuore. Preferirei pensare ad altro, alla semplice successione delle ore senza affanno, al ricalco delle giornate senza soffocamento.
Esco di casa che la voce della Birkin mi segue ancora, seppure spenta da necessità tutto sommato eco-energetiche e di buonsenso.
Il lavoro è uguale ma i volti che a volte incontri per strada si rivelano sorprese: j'aime ta couleur café, tes cheveux café, ta gorge café, mi rimbalza nella testa ancora la voce della francese e i testi del francese. Amo il tuo colore brunito? Ma no, dice proprio caffè... e io canticchio il motivo sbirciando il viso davanti a me, appena lustrato dal caldo del giorno.
- Sai che è uscito il nuovo disco di Madeleine Peyroux? – sembrerebbe un suggerimento di un amico, ma è solo una voce alla radio, inaspettata, che la frenesia di un collega nello scegliere i canali ha lasciato là come se fosse un foglio di carta.
Mi riprometto di andarlo a comprare. Subito. Lei mi è piaciuta, l'ho vista all'Auditorium di Roma, e in un brano sommesso, appena biascicato al microfono, mi ha ricordato Billie Holiday. Glielo gridai anche, nel frastuono dell'applauso del pubblico. Nessuno, credo, lo ha sentito, forse il vicino di poltrona.
Dopo un paio d'ore ho il cd in mano: toh che combinazione, ha rifatto La javanaise, un bellissimo pezzo di Gainsbourg che il poeta (scrittore? Musicista? Teatrante? Intellettuale?) scrisse nel 1963 dedicandolo a Juliette Greco. Ascolto la versione in una cuffia del negozio: funziona, sufficientemente existentielle, con la esse francese sibilata a fine fraseggio e un piano jazzy morbido e coinvolgente.
Mentre il cd continua ad andare l'occhio mi va sullo scaffale dei DVD. Acc! E mi umetto le labbra: hanno stampato una serie di peplum anni '60. La mia passione. Corro a vederli.
I titoli sono emblematici: Sansone – Gli amori di Ercole – Il trionfo di Maciste – Goliath contro i giganti. Scelgo due titoli, Sansone perché figura imprescindibile del mitologico e Goliath contro i giganti per quella sorta di sbandata etimologica a cui andava incontro il forzutismo spaghettaro della nostra cinematografia povera. Curiosamente ambedue le pellicole sono interpretate dallo stesso attore. L'icona gay degli anni '60 Brad Harris.
A casa decido di vederne uno, prima di cena: opto per Sansone. La sorpresa è tanta quando nelle sembianza di Warkalla(!!) consigliere del tiranno di turno riconosco Serge Gainsbourg (mi sovviene l'hapax di Saba...in una capra dal viso semita).
Non credo ai casi della vita, preferisco il calcolo in percentuale delle rogne e delle meraviglie: ma oggi è il giorno di Gainsbourg. L'omaggio della sua ex prima, la cover rispettosa ed elegante dell'americana di turno innamorata dei francesi poi, infine il ritratto, falsamente odioso, di un cospiratore cinematografico.
Mi dico che è un segno. Sì, il segno lasciato da un rivoluzionario della vita.
Chiudo con Montale, a cecio: L'altro segno a chi tocca?E' la domanda che corre (anzi non corre affatto) di bocca in bocca.
Quando il violino di Djamed Benyelles attraversa la stanza sono già sveglio abbastanza : colazione, uno sbadiglio che sembra felino, uno sbracciare noioso, addirittura doloroso, il pensiero costante della coazione a ripetere, il bagno.
E quand bien même tu m'aimerais ancore j'me passerais aussi bien de ton désaccord – c'est l' mêm' dilemme entre l'âme et le corps... oh no, penso, ancora dilemmi del cuore. Preferirei pensare ad altro, alla semplice successione delle ore senza affanno, al ricalco delle giornate senza soffocamento.
Esco di casa che la voce della Birkin mi segue ancora, seppure spenta da necessità tutto sommato eco-energetiche e di buonsenso.
Il lavoro è uguale ma i volti che a volte incontri per strada si rivelano sorprese: j'aime ta couleur café, tes cheveux café, ta gorge café, mi rimbalza nella testa ancora la voce della francese e i testi del francese. Amo il tuo colore brunito? Ma no, dice proprio caffè... e io canticchio il motivo sbirciando il viso davanti a me, appena lustrato dal caldo del giorno.
- Sai che è uscito il nuovo disco di Madeleine Peyroux? – sembrerebbe un suggerimento di un amico, ma è solo una voce alla radio, inaspettata, che la frenesia di un collega nello scegliere i canali ha lasciato là come se fosse un foglio di carta.
Mi riprometto di andarlo a comprare. Subito. Lei mi è piaciuta, l'ho vista all'Auditorium di Roma, e in un brano sommesso, appena biascicato al microfono, mi ha ricordato Billie Holiday. Glielo gridai anche, nel frastuono dell'applauso del pubblico. Nessuno, credo, lo ha sentito, forse il vicino di poltrona.
Dopo un paio d'ore ho il cd in mano: toh che combinazione, ha rifatto La javanaise, un bellissimo pezzo di Gainsbourg che il poeta (scrittore? Musicista? Teatrante? Intellettuale?) scrisse nel 1963 dedicandolo a Juliette Greco. Ascolto la versione in una cuffia del negozio: funziona, sufficientemente existentielle, con la esse francese sibilata a fine fraseggio e un piano jazzy morbido e coinvolgente.
Mentre il cd continua ad andare l'occhio mi va sullo scaffale dei DVD. Acc! E mi umetto le labbra: hanno stampato una serie di peplum anni '60. La mia passione. Corro a vederli.
I titoli sono emblematici: Sansone – Gli amori di Ercole – Il trionfo di Maciste – Goliath contro i giganti. Scelgo due titoli, Sansone perché figura imprescindibile del mitologico e Goliath contro i giganti per quella sorta di sbandata etimologica a cui andava incontro il forzutismo spaghettaro della nostra cinematografia povera. Curiosamente ambedue le pellicole sono interpretate dallo stesso attore. L'icona gay degli anni '60 Brad Harris.
A casa decido di vederne uno, prima di cena: opto per Sansone. La sorpresa è tanta quando nelle sembianza di Warkalla(!!) consigliere del tiranno di turno riconosco Serge Gainsbourg (mi sovviene l'hapax di Saba...in una capra dal viso semita).
Non credo ai casi della vita, preferisco il calcolo in percentuale delle rogne e delle meraviglie: ma oggi è il giorno di Gainsbourg. L'omaggio della sua ex prima, la cover rispettosa ed elegante dell'americana di turno innamorata dei francesi poi, infine il ritratto, falsamente odioso, di un cospiratore cinematografico.
Mi dico che è un segno. Sì, il segno lasciato da un rivoluzionario della vita.
Chiudo con Montale, a cecio: L'altro segno a chi tocca?E' la domanda che corre (anzi non corre affatto) di bocca in bocca.
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