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Il Paradiso degli Orchi
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ATTUALITA'

Alfredo Ronci

Il professore Pinocchio e le ultime borgate sfasciate. Riflessioni sull'ultimo romanzo di Walter Siti.

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Mi son spesso chiesto leggendo il libro di Siti Il contagio: ma a me che mme frega? Sinceramente delle borgate e delle loro problematiche mi sono rotto i coglioni (pur vivendoci) perché oltre ad essere la cartina di tornasole dell'intrallazzo politico e vetero-populista, sono anche il risultato di un mischiume ideologico che stento ad identificare e quindi a capire. Per traslazione: non sono come Pasolini che preferiva di gran lunga interloquire con il contadino che non aveva fatto nemmeno la terza elementare. C'ho provato: tanto la differenza culturale esce fuori, perché prima o poi il borgataro ti fa due coglioni così con la storia della delinquenza e del degrado, che se stava meglio quando se stava peggio, che ce vorrebbe la pena di morte, che una volta qua s'era de sinistra ora ce so' pure quelli che votano la lega. E mi fermo qui.

Il mio non è snobismo antropologico (Siti cita l'espressione, facendosi anche lui carico di questa problematica e quindi esigenza, esattamente a pag. 277): è il sacrosanto diritto di vivere una vita su altri binari, non nascondendo le mie origini umili e l'appartenenza di fatto ad una categoria sociale lontana dalle pulsioni capitaliste.

Poi però scopro che questo libro è altro: per carità, tutto è incentrato sulla borgata, sulla sua 'essenza' che credi ormai snaturata mentre c'è chi invece ne esalta gli ultimi lampi di genuinità: I livelli di desiderio si mischiano in borgata come un vinello frizzante che dà alla testa (pag. 77). Le cene in borgata sono un omaggio reso al calore umano, come a un mito che non esiste più ma che da lontano manda bagliori; «stasera stamo insieme» - non importa come né perché, importa la generosità di non aver escluso nessuno, di offrirsi come si è senza obblighi di decoro. Pag. 141.

Ma è una borgata strumentalizzata. Vista e vissuta per altri fini. E chiariamo il concetto.

Torna ne Il contagio l'ossessione del professore: il corpo, come diceva un mio amico, formato famiglia. L'esplosione dei bicipiti, dei femorali, degli sternocleidomastoidei.Torna l'amante ideale (amante? escort? compagno? puttaniere? un velato? etero curioso? una cinica contabilità?) pieno di muscoli,torna lo stesso personaggio di altri romanzi e tornano le considerazioni di Siti ad un passo dalla più spietata astrazione metafisica. E ci si chiede allora perché debba, come si dice a Roma, intigne'.

Non solo, la passione culturistica diventa fine per alimentare l'inganno: non mi restano che le borgate, ma le borgate senz'anima perché l'anima delle borgate era lui. (Pag. 298).

Ecco perché si diceva prima strumentalizzazione, perché si passa da una considerazione della materia quasi benevola, nonostante la difficoltà oggettiva del vivere, ad una realtà che si vuole sociologicamente netta, che contesta – e giustamente – pure Pasolini – ma che ha dietro il vuoto creato dall'assenza del rapporto mercenario: L'appassionata analisi di Pasolini, vecchia di oltre trent'anni, andrebbe rovesciata: non sono le borgate che si stanno imborghesendo, ma è la borghesia che si sta (se si può dire) "imborgatando" (...) Da sempre gli intellettuali hanno usato le borgate come alibi (...) Ci si ritemprava in un bagno di delinquenza pur restando nel giusto, nel politicamente corretto e talvolta persino nel socialismo. (Pag. 313).

Si capisce dunque come le lettere che Pasolini scriveva al Gennariello napoletano (Lettere luterane) ormai appartengono soltanto alla tradizione, non più alla sociologia, che il mondo non solo è cambiato, ma capovolto e che l'analisi di Siti risulta lucida e sicura. Ma non è affrancata. Il professore inganna di nuovo (ah Pinocchietto impertinente!), come aveva fatto con Un dolore normale: qui si "diverte" a travisare le cose e a rendercele più concrete solo quando il vuoto pneumatico (come direbbe Verdone) lo assale: l'esperimento Marcello Moriconi per me è finito.

Purtroppo (o per fortuna) il libro non è solo questo: è formato da alcuni capitoli che hanno avuto un corso letterario anche diverso (alcune storie erano già state pubblicate in occasioni di 'omaggi' alla città eterna), è formato da stralci che sono vere e proprie indicazioni ambientali e toponomastiche e di cui l'autore, alla fine, ringrazia i rappresentanti delle istituzioni che gliele hanno fornite. Ma soprattutto è formato da segmenti in corsivo che rappresentano il vero nodo centrale del romanzo.

Lì il professore (in pensione) si lascia andare a confessioni terribili, autodistruttive (che ossessione quella di vedersi brutto e grasso in contrapposizione ala lucentezza culturistica dei suoi amati corpi...già in Scuola di nudo si avvertiva il tormento... quando il tuo corpo è ormai nient'altro che un ingombro, un ballonzolare impietoso di cellule. Pag. 283) ad un passo dal danno di sé: Non compatitemi: lo sfratto mentale ha i suoi incanti – non coltivo opinioni, né nutro pretese. Non voglio nemmeno più amici, voglio vegetare povero e solo: rovinarmi la vita è il minimo che gli devo. (Pag. 294).

E allora pur avendo combattuto la noia per una materia indigesta (sì le borgate come si diceva all'inizio, ma anche questo assillo costante, ripetitivo, ammorbante degli amori mercenari e delle inculate a suon di euri Non è mai accaduto che in cambio del denaro non facessimo proprio niente, come non è mai accaduto che lo facessimo senza passaggio di banconote... pag. 283... e l'estasi per l'ipertrofia muscolare, per non parlare di quella sorta di 'armadietto farmaceutico' che il Siti ogni volta riversa sui suoi libri a conferma di una 'dipendenza' non solo dai corpi-famiglia, ma dalle sostanze atte alla sua costruzione) ci si commuove per l'assoluta spontaneità delle confessioni (come quando scrive che ha venduto la collana completa dei Meridiani per pagare le prestazioni: La letteratura mondiale che finisce in sborra, mi sembrava simbolico... pag. 288).

Niente di simile si legge, o si è letto, nella letteratura contemporanea: forse solo Busi ha tentato di venire incontro alla sua solitudine aprendo il cuore dei lettori: E io, che ho le rose fiorite anche d'inverno – Mondadori – 2004 (che al solito nessun critico apprezzò perché il tutto passò per rimasugli giornalistici e ripeschi). Qui siamo di fronte ad una spietata analisi dei fallimenti di un uomo al limitar della tragedia.

Cos'altro Siti potrebbe scrivere dopo Il contagio? Forse un testamento (ma non si tocchi professore, è solo necessità di chiudere): ci rimarrebbe la testimonianza di un grande scrittore che, lo dice la terza di copertina, come il romanzo cancella se stesso in un brulicare di mille storie violente e grottesche, la cui somma, alla fine, dà zero.

Ma vorrei chiudere con un'altro richiamo: un passo di Busi tratto sempre dal libro prima citato (di nuovo professore, non si tocchi, per carità, è solo l'esigenza della citazione ad hoc). Meglio morire che tentare l'azzardo alla mia età di trovare questa ragione, di mettermi a cercare adesso un uomo amabile per continuare a vivere; insomma: morendo non lascerei e non tralascerei più niente, e nessuno.





Walter Siti

Il contagio

Mondadori

Pag.337 Euro 18.00







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