ATTUALITA'
Alfredo Ronci
Il ritorno dei figliol prodigi.
Prodigio è una parola allettante. Dice in proposito il Vocabolario della lingua italiana Treccani: Fatto, fenomeno, avvenimento che trascende, o sembra trascendere, l'ordine naturale delle cose, interpretato come preannunzio divino di eventi per lo più infausti. Au contraire 'l'enfant prodige' è bambino o ragazzino di doti per lo più eccezionali.
Questo nostro mondo ne è pieno, e l'Italia, in particolare, sembra, nonostante i tempi, brulicare di creature dotate di mezzi non comuni: ovunque ti giri ne trovi, persino dietro l'angolo, quando il Costanzo nazionale auspicava in realtà altre conclusioni.
In letteratura poi si rischia che ti si schiantano addosso: è difficile evitarli. Se fossero ostacoli per la guida avremmo perso punti per la patente d'ici à l'éternité. A riguardo ci arriva una nota informativa dell'ufficio stampa delle 'edizioni della sera': Paolo Di Paolo svela i segreti della scrittura. La letteratura vista con gli occhi di un "veterano e ragazzo prodigio". Una conversazione eccellente sulla scrittura. Dopo Dacia Maraini, un altro grande nome si racconta per la collana "Le Bussole". Enfant prodige della letteratura, Paolo Di Paolo, seppur giovanissimo, oggi è uno degli scrittori italiani più talentuosi e apprezzati in Italia. In questa conversazione con Stefano Giovinazzo, argomento chiave è la scrittura, passione che Di Paolo ha iniziato a coltivare già da bambino e che si è sviluppata a dismisura nel tempo, che si proietta in una cultura letteraria invidiabile, un approccio quasi viscerale al libro e ad un legame fortissimo con la lingua italiana.
Sorvolerei sui segreti della letteratura (non vedo dove siano, se non per quei quattro mentecatti che credono ancora nella 'missione' salvifica dello scrittore e in quelli che partoriscono 'autori' dopo corsi di scrittura) ma qui ci si 'muove' per iperbole: 'ragazzo prodigio', 'uno degli scrittori più talentuosi e apprezzati' (tra l'altro mi si consenta: 'talentuoso', sempre secondo la Treccani è variante foggiata da qualcuno, ma bastarda rispetto alla definizione corretta di 'talentoso') 'approccio viscerale' e similia.
Credetemi: nessuno se n'era mai accorto. Per i più Paolo Di Paolo rimane tutt'ora uno sconosciuto (non sarebbe grave, si sa che lo scrittore che vive di scrittura è abietto ai cultori del sapere, mentre il morto di fame rigurgita di fama... ma tant'è), e di fama non ce n'è!
Ma non mi interessa parlare del taluno e del talaltro (anche se i nomi bisogna farli), ma di una prassi consolidatissima in Italia (non so all'estero, che pratico raramente) di regalar allori quando meriterebbero cespugli di mortella.
Prendiamo il D'Alema politico poco di razza e la sua partecipazione all'ultima puntata di Che tempo che fa. Il Fazio ormai nazionale gli sbatte in faccia copia di Italiani Europei, rivista che ignoriamo, ma che si suppone parli d'italiani e del ruolo all'interno di un sistema più esteso. L'ultimo numero è monografico: sull'importanza del centocinquantesimo dell'Unità e la funzione 'intellettuale' di un gruppo di scrittori (per lo più giovani) di attribuirgli un significato.
Giù cataratte: l'esimio politico poco di razza blatera di giovani che, contrariamente a quanto si dice, son giovani preparati e spara un nome nel mazzo, per bravura e capacità: Silvia Avallone.
L'ennesima 'enfant prodige' della letteratura italiana, quella alla quale si voleva far vincere lo Strega per il prescindibilissimo Acciaio, ma per quieto vivere e per evitar sommosse, la si è 'scartata', ora riceve l' imprimatur, il placet del politico non di razza, ma potente, quello che ha perfettamente capito che la storia 'proletaria' della scrittrice livornese, proletaria non è, perché gli operai si sa nel 2010 non esistono e danno pure fastidio: dunque comunità d'intenti e sostanziale spallata mediologica.
Ci si fa il callo a tutto, persino alle sciocchezze della nuova editor della Mondadori, quella Giulia Ichino da Segrate Milano, figlia del più famoso e fumoso giuslavorista Pietro Ichino, teorico della flessibilità, che in un batter d'occhio passa dalle stalle alle stelle: cococo fino a qualche anno fa, ora braccio destro del mitico Antonio Franchini. La sua intervista sul sito affari italiani.it è esilarante: talmente impaurita di dire castronerie che alla domanda quale sia il suo scrittore preferito, conciona: A questa domanda non posso proprio rispondere!. Come se dovesse rivelare le sue preferenze di voto alle politiche! Ma si sa i ragazzi prodigio sono discreti per natura, anche se preparatissimi. Lei conferma la sua inclinazione nel finale del pezzo: Un'ultima curiosità, inevitabile: ha un romanzo nel cassetto? "Io non scrivo, se non per lavoro. Preferisco leggere. Sono immensamente affascinata dal mondo della scrittura altrui, del quale ho troppo rispetto. Non ho romanzi nel cassetto, le assicuro".
Si sa, tranne eccezioni, l'enfant prodige' non scrive romanzi (e se scrive, scrive poco: vedi il Di Paolo), ma parla e parla. E talvolta straparla.
Buon Natale... senza null'altro a pretendere. Come avrebbe detto Totò.
Questo nostro mondo ne è pieno, e l'Italia, in particolare, sembra, nonostante i tempi, brulicare di creature dotate di mezzi non comuni: ovunque ti giri ne trovi, persino dietro l'angolo, quando il Costanzo nazionale auspicava in realtà altre conclusioni.
In letteratura poi si rischia che ti si schiantano addosso: è difficile evitarli. Se fossero ostacoli per la guida avremmo perso punti per la patente d'ici à l'éternité. A riguardo ci arriva una nota informativa dell'ufficio stampa delle 'edizioni della sera': Paolo Di Paolo svela i segreti della scrittura. La letteratura vista con gli occhi di un "veterano e ragazzo prodigio". Una conversazione eccellente sulla scrittura. Dopo Dacia Maraini, un altro grande nome si racconta per la collana "Le Bussole". Enfant prodige della letteratura, Paolo Di Paolo, seppur giovanissimo, oggi è uno degli scrittori italiani più talentuosi e apprezzati in Italia. In questa conversazione con Stefano Giovinazzo, argomento chiave è la scrittura, passione che Di Paolo ha iniziato a coltivare già da bambino e che si è sviluppata a dismisura nel tempo, che si proietta in una cultura letteraria invidiabile, un approccio quasi viscerale al libro e ad un legame fortissimo con la lingua italiana.
Sorvolerei sui segreti della letteratura (non vedo dove siano, se non per quei quattro mentecatti che credono ancora nella 'missione' salvifica dello scrittore e in quelli che partoriscono 'autori' dopo corsi di scrittura) ma qui ci si 'muove' per iperbole: 'ragazzo prodigio', 'uno degli scrittori più talentuosi e apprezzati' (tra l'altro mi si consenta: 'talentuoso', sempre secondo la Treccani è variante foggiata da qualcuno, ma bastarda rispetto alla definizione corretta di 'talentoso') 'approccio viscerale' e similia.
Credetemi: nessuno se n'era mai accorto. Per i più Paolo Di Paolo rimane tutt'ora uno sconosciuto (non sarebbe grave, si sa che lo scrittore che vive di scrittura è abietto ai cultori del sapere, mentre il morto di fame rigurgita di fama... ma tant'è), e di fama non ce n'è!
Ma non mi interessa parlare del taluno e del talaltro (anche se i nomi bisogna farli), ma di una prassi consolidatissima in Italia (non so all'estero, che pratico raramente) di regalar allori quando meriterebbero cespugli di mortella.
Prendiamo il D'Alema politico poco di razza e la sua partecipazione all'ultima puntata di Che tempo che fa. Il Fazio ormai nazionale gli sbatte in faccia copia di Italiani Europei, rivista che ignoriamo, ma che si suppone parli d'italiani e del ruolo all'interno di un sistema più esteso. L'ultimo numero è monografico: sull'importanza del centocinquantesimo dell'Unità e la funzione 'intellettuale' di un gruppo di scrittori (per lo più giovani) di attribuirgli un significato.
Giù cataratte: l'esimio politico poco di razza blatera di giovani che, contrariamente a quanto si dice, son giovani preparati e spara un nome nel mazzo, per bravura e capacità: Silvia Avallone.
L'ennesima 'enfant prodige' della letteratura italiana, quella alla quale si voleva far vincere lo Strega per il prescindibilissimo Acciaio, ma per quieto vivere e per evitar sommosse, la si è 'scartata', ora riceve l' imprimatur, il placet del politico non di razza, ma potente, quello che ha perfettamente capito che la storia 'proletaria' della scrittrice livornese, proletaria non è, perché gli operai si sa nel 2010 non esistono e danno pure fastidio: dunque comunità d'intenti e sostanziale spallata mediologica.
Ci si fa il callo a tutto, persino alle sciocchezze della nuova editor della Mondadori, quella Giulia Ichino da Segrate Milano, figlia del più famoso e fumoso giuslavorista Pietro Ichino, teorico della flessibilità, che in un batter d'occhio passa dalle stalle alle stelle: cococo fino a qualche anno fa, ora braccio destro del mitico Antonio Franchini. La sua intervista sul sito affari italiani.it è esilarante: talmente impaurita di dire castronerie che alla domanda quale sia il suo scrittore preferito, conciona: A questa domanda non posso proprio rispondere!. Come se dovesse rivelare le sue preferenze di voto alle politiche! Ma si sa i ragazzi prodigio sono discreti per natura, anche se preparatissimi. Lei conferma la sua inclinazione nel finale del pezzo: Un'ultima curiosità, inevitabile: ha un romanzo nel cassetto? "Io non scrivo, se non per lavoro. Preferisco leggere. Sono immensamente affascinata dal mondo della scrittura altrui, del quale ho troppo rispetto. Non ho romanzi nel cassetto, le assicuro".
Si sa, tranne eccezioni, l'enfant prodige' non scrive romanzi (e se scrive, scrive poco: vedi il Di Paolo), ma parla e parla. E talvolta straparla.
Buon Natale... senza null'altro a pretendere. Come avrebbe detto Totò.
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