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Alfredo Ronci

Intervistare la Balzerani? Perché non indignarsi?

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Anni fa, a proposito della ristampa, sugli Oscar, del libro inchiesta di Moretti-Rossanda-Mosca Brigate Rosse sul sito Mondadori si leggeva: Mario Moretti è stato l'anima delle Brigate Rosse, il principale artefice del sequestro Moro, l'uomo che nei cinquantacinque giorni di prigionia è stato più vicino di tutti allo statista, colui che gli ha sparato. In carcere dal 1981, nell'estate del 1993 incontra per sei giorni Carla Mosca e Rossana Rossanda e risponde alle loro domande. Il risultato è questo eccezionale libro-intervista che ripercorre la storia delle Br, dalla fabbrica alla clandestinità,la scelta della lotta armata, le prime colonne, la lotta contro lo Stato, il sequestro Moro, la fine. Un documento straordinario in cui Moretti riflette per la prima volta sul senso dell'esperienza terroristica, sul suo costo, sulla possibilità di scegliere un'altra strada per realizzare i sogni di un'intera generazione.

Una volta la letteratura era "recherche", oggi è terra di conquista per gli afflitti. Grrrrrr, mi verrebbe da mormorare: ma potrebbe essere l'onomatopea del verbo grattare. O raschiare il fondo del barile.

Ma cos'è, e il fenomeno non è di ora, né di questi ultimi anni, 'sta invasione di opere che predicano l'autoindulgenza e l'autocelebrazione allo stesso tempo? Mi riferisco ai parti letterari degli irriducibili (più o meno) del terrorismo. Sono scesi in campo con la forza di un'orda barbarica. La Anna Laura Braghetti, Renato Curcio, Alberto Franceschini (opera sua sotto forma di romanzo – sic!), le poesie di Geraldina Colotti, l'opera virtuale di Giorgio Panizzari e Alessandro Padula.

Ohibò: noi che abbiamo assistito con stupore (sempre con soffertissimo dolore) agli anni di piombo, alla vendetta "politica" dello Stato, ora ci risentiamo. Che senso ha produrre in quantità industriale memorie quando le verità storiche (checché ne dica Rossana Rossanda a proposito dell'assassinio di Aldo Moro) sono ancora di là da venire? Oltre al rischio di una ridicola mercificazione della Storia (nonostante il profluvio di simil pubblicazioni, i giovani continuano a ignorare il fenomeno degli anni di piombo) dobbiamo patire anche la 'sceneggiata' del nostro recente passato? Ridurlo ad una soap-opera di lecite, ma coccodrillesche intenzioni?

Non si restituisce il maltolto (nemmeno apparendo in Tv e disquisendo di br e terrorismo davanti alla lapide dei caduti di Via Fani!) con la "facile letteratura" di fine o inizio millennio.

Qualcuno obietterà che certi resoconti, spesso trasformati in finzione romanzata, tentano la carta di un'analisi approfondita del fenomeno e che forse è sempre meglio della facile narrativa dei portavoce del pubblico potere.

Concedetemelo: dubbio atroce.

Come non sgomentarsi allora di fronte all'intervista che Luca Moretti fa alla Barbara Balzerani sul sito 'Terranullius' in occasione (guarda un po') dell'uscita per Derive Approdi del libro Cronaca di un'attesa sull'ultimo anno in libertà provvisoria dell'autrice prima della fine della pena (come se a noi ce ne fregasse un cazzo!)

E che pena l'intervista! (Mi chiedo quale motivo spinga Moretti ad intervistare la Balzerani invece che i parenti delle tante e tante vittime della violenza inaudita degli anni di piombo).

Sorvolo sulle domande (non m'interessano, paradossalmente, non hanno senso in un'operazione 'nonsense'). M'indigno semplicemente per le risposte. Perché non dicono nulla se non giri vani di parole per giustificare l'ingiustificabile. Per tentare un impossibile riscatto.

"La Balzerani" non è mai esistita. Se non come maschera a una dimensione sulla mia faccia. Come accade a ogni essere vivente, si nasce, si vive e, infine si muore e lo si fa in continuità con quello che profondamente si è e si è sempre stati, dall'impronta d'inizio.

Stronzate: a volte si muore perché qualcuno al di fuori di noi decide per noi, al di là della continuità 'temporale' che il destino ci ha assegnato. E questo la Balzerani lo sa. Personalmente non le avrei permesso di parlare di morte.

Avevo vent'anni quando uccisero Moro. Un'età giusta per rivendicare diritti, soprattutto in un paese come quello italiano chiuso nella cappa asfissiante del potere democristiano. Ma non ho mai pensato di reclamarli attraverso la violenza omicida. Ho fatto altre scelte, come la maggior parte dei cittadini senzienti e 'normali'. Purtroppo ho visto uccidere uomini miti, penso, per esempio, al professor Bachelet, la cui lapide sta sulle scale della facoltà di Scienze Politiche che io allora frequentavo.

Cosa significa allora l'intervista alla Balzerani? Cosa ci vuole insegnare che non abbiamo già capito? Perché non dovrei indignarmi (è l'unico verbo che mi rappresenta in questo momento) per parole come... Credo ci siano forze decisive della trama d'esistenza di ciascuno. Io le individuo nel caso e nella necessità e il loro conflitto può fare, nelle tante gradazioni, la differenza tra un destino segnato e il suo possibile riscatto. Adesso so di essere sempre stata su questo crinale: riconoscermi nei tratti d'origine e combatterne la schiavitù. Barbara c'è sempre stata. Ha difeso, partigianamente, lo stesso principio: respingere le offese, nei diversi momenti e nelle diverse forme che ha saputo e potuto trovare. Per questo non è un "ex", non ha parentesi in cui è stata altro, non ha rimpianti né recriminazioni, continua a fare il conto dei tagli che si porta dentro, sente più paura e più dolore, scioglie il peso dell'impotenza per come s'è fatto il mondo nella condivisione di sguardi e rabbia altrui.

Ma dov'è in tutto questo una stilla di dolore per i caduti? Dov'è in tutto questo un pensiero diverso se non il tentavivo di rilegittimare se stessa?

Poi l'intervista passa ad altro... oh sì... Pina Bausch (?), la Roma 'degradata' delle periferie, gli operai, la letteratura ovvio e poi di nuovo il significato della lotta armata... Conoscere da dove si viene e "come è andata" è diritto minimo per la formazione di una cultura critica, anche se, in tutta evidenza, quella esperienza politica non ha alcuna validità di modello dentro gli attuali dinamiche di scontro. Ma averne svuotato ogni significato, negato la sua appartenenza al filone rivoluzionario del 900, impedito la sua restituzione storica, è un'operazione politica reazionaria che non solo dà ancoraggio al pantano di certa sinistra storica ma che viene usata come arma di ricatto contro i movimenti attuali. E' un passato che non passa, che ancora oggi tiene in galera molti dei suoi protagonisti, che viene evocato a giustificazione delle nefandezze dei palazzi della politica e della loro violenza.

Che orrore! '... modello dentro le attuali dinamiche di scontro' 'filone rivoluzionario' 'politica reazionaria' 'nefandezze dei palazzi della politica e della loro violenza' (sic!!). Questo è 'reducismo' linguistico che fa rabbrividire, che dovrebbe portare chi l'ha pronunciato alla gogna, se possibile.

Alberto Franceschini (uno dei pochi, ed inascoltato, che confessò l'infiltrazione al movimento) in una delle sue 'innumerevoli' interviste disse: Chi apre un discorso deve chiuderlo.

Vorrei che il suo invito fosse interpretato in senso lato: la chiusura deve essere definitiva e l'apoteosi dovrebbe essere il silenzio. Almeno porteremmo rispetto ai caduti. Per cortesia fate tacere 'sto pattume!

E invece siamo costretti, ahimé, a leggere queste ignominie e soprattutto indignarsi per chi le raccoglie.





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