RECENSIONI
Raul Mordenti
L'altra critica
Meltemi, Pag. 215 Euro 18,50
Il problema ci si è posto: cos'è il Paradiso? Una rivista di informazione libraria? Un gioco fine a sé stesso? Un Eden dei sensi? O presuntuosamente l'ultimo baluardo alla volgarità della pagine culturali dei quotidiani? Nulla di ciò. E' semplicemente uno strumento di discernimento (ma la definizione di per sé non è assolutamente semplicistica), niente affatto propagandistico, che si sottrae all'assillo degli uffici stampa. Perché di questi tempi si rimarca l'assenza del critico, di colui che suggerisce una scelta, un indirizzo.
Dice Mordenti a pag. 186: La vistosa estinzione del critico-recensore (letterario o cinematografico) che, come si è visto, è ridotto ora a propagandista 'sinergico' dei libri/film delle case di produzione legate al proprio giornale o alla propria azienda editoriale, è solo l'epifenomeno più volgare di un processo più sostanziale. La critica era essenzialmente un'attività conosciuta, cioè una riflessione diretta e approfondita dei testi che, sulla base di un assoluto disinteresse che non fossero le proprie stesse interne regole di verità, aspirava infine a valutare i testi.
E' evidente subito l'impatto critico (eh già, sull'assenza della critica il pamphlet è d'obbligo) della questio, e le parole chiave sono: propaganda ed interesse (e il suo contrario, il disinteresse).
Ma quando la pubblicità, è l'esatto contrario della critica e, ancor più precisamente, rappresenta una modalità di discorso che non tollera, né può tollerare, alcuna critica (pag.179) il discorso sfiora la politica e la sociologia. Se dunque il libro (film) è merce, perché reso tale da una distribuzione atta a non renderlo diversamente, in quanto tale, come tutti i prodotti, è deperibile nel tempo e poi eliminato. Ma la crisi della critica, ahimé, non viene dalla critica stessa, ma dal substrato ideologico capitalista che sostiene la struttura. Mordenti cita Steiner: In Europa è in trionfale ascesa un fascismo del denaro, del filisteismo e dei media. Per tutto questo in Italia c'è un espressione: il berlusconismo.
Neologismo (anzi, ovvia espressione ormai) che è una sorta di feticismo abusato e dove viene riversato, a volte a ragione a volte no, la barbarie del consumismo e dell'inautenticità.
Ma vero è; in una società che invece potrebbe esprimere, se avesse la giusta forza e la giusta valenza, ben altre rivendicazioni, ci troviamo a fare i conti con lo spettro della plastificazione della cultura.
Quali rivendicazioni, può obiettare qualcuno. Mordenti lucidamente li elenca in campi: quello dell'interculturalità e della multiculturalità, cioè dell'Alterità come valore e occasione; quello della tradizione degli oppressi, citando Benjamin, cioè della rivalutazione, anzi della vera e propria scoperta delle tradizioni minoritarie, emarginate e spesso sconfitte (pensiamo, senza farne ghetto o recinto, alla letteratura gay-lesbica); quello dell'intreccio delle tre arti fondamentali, la letteratura,la musica e le arti figurative; quello dell'impatto dell'informatica con la testualità, perché come si obietta giustamente, quanto più la testualità è resa teoricamente leggibile tanto meno i testi sono effettivamente letti (per i più sfiziosi, dicesi teoria dell'incorporazione metonimica).
Dunque riassumendo: rivalutazione dell'oralità (fra le circa 3.200 lingue attuali del mondo solo 78 hanno una scrittura) perché è meccanismo di conservazione ( e sappiamo benissimo che uno dei più gravi problemi contemporanei, paradossalmente, è proprio quello della conservazione dei dati); superamento della vecchia critica letteraria (... E' fin troppo facile (ma forse ancora non superfluo) notare che oggi appaiono criticabili, anzi francamente insostenibili, i confini ristretti e drastici che proprio l' "operazione De Sanctis" disegnò per la letteratura italiana...), ricostruzione di una dinamica critica che, come dice il sottotitolo del saggio in questione, debba muoversi tra studi culturali, didattica e informatica.
Mi chiedo alla fine: se la segnalazione (la mia) di questo testo essenziale può servire ad avvicinarlo, ho comunque lavorato per il superamento del concetto berlusconista della cultura di plastica? Ancora: quanti quotidiani o writers di pelo lo avranno abbordato ignorando che si parlava proprio di loro?
Belle domande no?
di Alfredo Ronci
Dice Mordenti a pag. 186: La vistosa estinzione del critico-recensore (letterario o cinematografico) che, come si è visto, è ridotto ora a propagandista 'sinergico' dei libri/film delle case di produzione legate al proprio giornale o alla propria azienda editoriale, è solo l'epifenomeno più volgare di un processo più sostanziale. La critica era essenzialmente un'attività conosciuta, cioè una riflessione diretta e approfondita dei testi che, sulla base di un assoluto disinteresse che non fossero le proprie stesse interne regole di verità, aspirava infine a valutare i testi.
E' evidente subito l'impatto critico (eh già, sull'assenza della critica il pamphlet è d'obbligo) della questio, e le parole chiave sono: propaganda ed interesse (e il suo contrario, il disinteresse).
Ma quando la pubblicità, è l'esatto contrario della critica e, ancor più precisamente, rappresenta una modalità di discorso che non tollera, né può tollerare, alcuna critica (pag.179) il discorso sfiora la politica e la sociologia. Se dunque il libro (film) è merce, perché reso tale da una distribuzione atta a non renderlo diversamente, in quanto tale, come tutti i prodotti, è deperibile nel tempo e poi eliminato. Ma la crisi della critica, ahimé, non viene dalla critica stessa, ma dal substrato ideologico capitalista che sostiene la struttura. Mordenti cita Steiner: In Europa è in trionfale ascesa un fascismo del denaro, del filisteismo e dei media. Per tutto questo in Italia c'è un espressione: il berlusconismo.
Neologismo (anzi, ovvia espressione ormai) che è una sorta di feticismo abusato e dove viene riversato, a volte a ragione a volte no, la barbarie del consumismo e dell'inautenticità.
Ma vero è; in una società che invece potrebbe esprimere, se avesse la giusta forza e la giusta valenza, ben altre rivendicazioni, ci troviamo a fare i conti con lo spettro della plastificazione della cultura.
Quali rivendicazioni, può obiettare qualcuno. Mordenti lucidamente li elenca in campi: quello dell'interculturalità e della multiculturalità, cioè dell'Alterità come valore e occasione; quello della tradizione degli oppressi, citando Benjamin, cioè della rivalutazione, anzi della vera e propria scoperta delle tradizioni minoritarie, emarginate e spesso sconfitte (pensiamo, senza farne ghetto o recinto, alla letteratura gay-lesbica); quello dell'intreccio delle tre arti fondamentali, la letteratura,la musica e le arti figurative; quello dell'impatto dell'informatica con la testualità, perché come si obietta giustamente, quanto più la testualità è resa teoricamente leggibile tanto meno i testi sono effettivamente letti (per i più sfiziosi, dicesi teoria dell'incorporazione metonimica).
Dunque riassumendo: rivalutazione dell'oralità (fra le circa 3.200 lingue attuali del mondo solo 78 hanno una scrittura) perché è meccanismo di conservazione ( e sappiamo benissimo che uno dei più gravi problemi contemporanei, paradossalmente, è proprio quello della conservazione dei dati); superamento della vecchia critica letteraria (... E' fin troppo facile (ma forse ancora non superfluo) notare che oggi appaiono criticabili, anzi francamente insostenibili, i confini ristretti e drastici che proprio l' "operazione De Sanctis" disegnò per la letteratura italiana...), ricostruzione di una dinamica critica che, come dice il sottotitolo del saggio in questione, debba muoversi tra studi culturali, didattica e informatica.
Mi chiedo alla fine: se la segnalazione (la mia) di questo testo essenziale può servire ad avvicinarlo, ho comunque lavorato per il superamento del concetto berlusconista della cultura di plastica? Ancora: quanti quotidiani o writers di pelo lo avranno abbordato ignorando che si parlava proprio di loro?
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