ATTUALITA'
Adriano Angelini Sut
L'androgino primigenio e la voglia di essere Dio. David Bowie come uomo nuovo.
Siccome posso affermare senza dubbio di essere smentito che Bowie era un appassionato di occultismo e che in un'intervista con Dario Argento sostenne senza mezzi termini che la conoscenza che inseguiva era quella gnostica, e che i sogni aiutavano questa conoscenza, inizio questo articolo raccontandovi un mio sogno. L'ho fatto la notte che David è morto. C'era mio nonno materno, deceduto anche lui alla fine degli anni '90. Un tipo ossuto, biondo naturale anche a 80 anni, origini friulane, viso marcato, bowiano nel portamento e nello slancio. E c'ero io che urlavo rivolto a tutti i parenti riuniti perché il nonno era tornato in vita, camminava e io li mettevo in guardia: “E' tornato – dicevo – solo perché è stato posseduto da un demone”.
Immaginate la mia reazione quando, aperto Facebook appena sveglio, ancora assonnato, e stanco di quella tipica stanchezza da spossatezza mentale, leggo la notizia della dipartita del Duca Bianco. Il punto, tuttavia, non sta nell'incredulità legata all'evento, quanto, ovviamente, alla sincronicità fra sogno e realtà. Con questo articolo non voglio raccontare Bowie, non mi interessa, ve l'hanno già raccontato in lungo e largo le testate e i siti più à la page. Queste sono semplicemente parole di celebrazione di un mito e di un uomo che cercava, come il sottoscritto (e probabilmente come il 99% della razza umana, anche se non lo ammette), l'immortalità.
La cercava tramite l'occultismo, lo studio della Cabala mistica, degli scritti di Aleister Crowley, lo gnosticismo, i vangeli apocrifi, il vampirismo? Non lo so. So che è stato un artista che ha fatto della sua morte un'opera d'arte. Non mi sovviene a memoria qualcun altro che ci sia riuscito nei vari campi dell'arte. Lui, Lazzaro, torna in vita (come mio nonno nel sogno) e dice: Look up here, I'm in heaven. In cielo adesso ci saranno le sue ceneri che si mescoleranno alle polveri sottili delle nostre città inquinate, ai pulviscoli e ai detriti cosmici, alla materia oscura che permea l'uni/multiverso in cui siamo racchiusi.
Queste parole le sto scrivendo ovviamente di notte (il mio momento della giornata più creativo), e sullo schermo televisivo passano le immagini cupe e sofferenti di “Miriam si sveglia a mezzanotte”, film di Tony Scott in cui Bowie recita la parte di un uomo che è il compagno di una vampira immortale che fa gravare la sua maledizione su tutti gli uomini che è costretta a cambiare ogni due o tre secoli di vita. Loro invecchiano precocemente, lei sopravvive inesorabilmente. Indimenticabile la scena iniziale con i Bauhaus che cantano “Bela Lugosi is dead”.
Nella ricerca dell'immortalità il Rinascimento italiano ha avuto un ruolo preponderante, e Bowie è stato un uomo del Rinascimento vissuto quattro secoli dopo. In lui convergono Oscar Wilde e Pico della Mirandola. In lui riecheggiano la favola di Herman Hesse del “Lupo della Steppa” e la poesia di Baudelaire e di Shelley. L'ironia tutta british e una forte dose di divismo naturale hanno fatto il resto. Icona dal talento così forte che era impensabile non potesse esplodere e rimanersene racchiusa nella sua ghianda Hillmaniana. E che non facesse, naturalmente, da guida.
Ogni suo album, ogni suo pezzo è ricerca dell'immortalità, parossismo dei sensi, risposta esistenziale alle grandi domande, estrinsecata con il marameo eseguito come un pierrot invasato nel video clip di Blackstar. Perché tale è il senso della vita: un marameo. Una vita che è una “Little Wonder”, una piccola meraviglia, come uno dei suoi pezzi più scalmanati, folli, nichilisti e un video clip che è una vera e propria opera d'arte, un trompe l'oeil. Seppur dell'occulto.
Come un Cristo sceso sulla Terra, materializzatosi dal nulla (forse nato dallo sperma e dall'ovulo come tutti noi, forse auto generatosi, forse atterrato da un'astronave madre), Bowie ha ecceduto (sappiamo oggi che anche Cristo, o chiunque sia stato e si sia chiamato, l'ha fatto) perché l'unica via che porta alla conoscenza (forse la più divertente, se non proprio l'unica) è espandere i sensi al limite e sperimentarlo, questo limite. Ha avuto il merito di essere omosessuale e bisessuale allo stesso tempo senza diventare, grazie a Dio, un'icona gay. Ha avuto il merito ancor più grande e coraggioso di dedicarsi nella seconda parte della sua vita a una monogamia eterosessuale volta alla ricerca del sacro. Nessuno a 69 anni compone un capolavoro come Blackstar, il suo ultimo album uscito due giorni prima della sua diprtita dal corpo. A 69 anni le starlette della musica contemporanea terrestri vivono di concertini amarcord e astiosi litigi coi colleghi giovani.
Volete un'altra riprova di come cercasse la sua immortalità? Leggiamo insieme e preghiamo. “Oh! You, Pretty Things”, del 1971, tratto dall'album “Honky Dory”: I think about a world to come/Where the books were found by the Golden Ones/Let me make it plain/You gotta make way for the Homo Superior/Look at your children/See their faces in golden rays/Don't kid yourself they belong to you/They're the start of a coming race/Homo Sapiens have outgrown their use/All the strangers came today/And it looks as though they're here to stay. (Penso a un mondo a venire/Dove i libri vengono trovati dagli Esseri Dorati/Voglio che sia chiaro/Dovete far spazio all'Homo Superior /Guardate i vostri figli/Vedete le loro facce sotto i raggi dorati/Non prendetevi in giro col fatto che vi appartengono/Sono l'inizio di una nuova razza/L'Homo Sapiens ha esaurito il suo scopo/Ecco oggi arrivare tutti gli estranei/E sembra proprio che siano qui per rimanere.)
Più chiaro di così.
E' stato divertente (e al solito irritante) leggere come se lo sono cercato di accaparrare. Le testate gauchiste che rimarcavano quanto fosse multicult perché nel 1983 in un'intervista e MTV disse chiaro e tondo che era uno scandalo che non passassero video clip di musica black. Di lì a poco, “Billie Jean” di Michael Jackson divenne quell'insuperabile tormentone che ancora brilla, lui anche, nel firmamento di stelle, ma bianche. Le testate destrorse a rimarcare che leggeva Mishima, considerava Hitler la vera prima rockstar del secolo e una volta in un'intervista si era permesso di evocare il fascismo per l'Inghilterra per accelerare l'imposizione del liberismo. Lui se n'è infischiato (e figuriamoci ora quanto se ne infischia) e negli anni'80 ha detto: Let's Dance. E tutti abbiamo ballato. Nile Rodgers a fare capolino da dietro lo specchio dell'istantanea del grandioso successo commerciale.
Io non so se ci si stanca a vivere troppo a lungo. So che vorrei decidere io quando e come morire (in realtà avrei voluto decidere anche se e come e quando nascere). Di certo, David Bowie non si era stancato; ha detto di averla fregata, la morte. Di essersi goduto il suo 69esimo insperato compleanno, di aver visto la pubblicazione del suo 25esimo album e di essere contento. Adesso puoi anche prendermi, lo ha scritto in una delle sue ultime lettere. Marameo anche a lei.
Un'ultima chiosa. Quando alla fine degli anni'90 Vincenzo Mollica gli ha chiesto chi fosse l'artista italiano che gli piacesse di più ha risposto senza esitazioni: Lucio Battisti. Non poteva essere diversamente. Tra l'altro il suo chitarrista, Mick Ronson, ha suonato una versione in inglese di Io Vorrei Non Vorrei Ma se Vuoi di Lucio e Mogol ha scritto il testo in Italiano di Space Oddity, chiamandola “Ragazzo solo, ragazza sola”. Correva l'anno 1970. L'uomo che cadde sulla Terra era ancora in orbita. Di lì a poco avrebbe scavato un cratere di meraviglia musicale, artistica, filosofica e glamour che, forse, per chi sopravviverà, bisognerà aspettare il prossimo passaggio di qualche astronave madre, fra migliaia, se siamo fortunati centinaia, di anni, che scarichi a Terra un suo angelo irrequieto, un diavolo benevolo, forse. Di sicuro un fantasma che ci ha ricordato, ancora un volta, con pessoana ironia, che la vita è un'ombra della vera vita che brilla al di là dell'arcobaleno e che qui, adesso, ci sono soltanto Blackstar da cui difenderci. Scommettiamo infatti che la stella nera è una profezia del Duca Bianco sulla nascita e crescita dell'Isis islamico? Ai posteri l'ardua sentenza. E... Ad Astra.
Immaginate la mia reazione quando, aperto Facebook appena sveglio, ancora assonnato, e stanco di quella tipica stanchezza da spossatezza mentale, leggo la notizia della dipartita del Duca Bianco. Il punto, tuttavia, non sta nell'incredulità legata all'evento, quanto, ovviamente, alla sincronicità fra sogno e realtà. Con questo articolo non voglio raccontare Bowie, non mi interessa, ve l'hanno già raccontato in lungo e largo le testate e i siti più à la page. Queste sono semplicemente parole di celebrazione di un mito e di un uomo che cercava, come il sottoscritto (e probabilmente come il 99% della razza umana, anche se non lo ammette), l'immortalità.
La cercava tramite l'occultismo, lo studio della Cabala mistica, degli scritti di Aleister Crowley, lo gnosticismo, i vangeli apocrifi, il vampirismo? Non lo so. So che è stato un artista che ha fatto della sua morte un'opera d'arte. Non mi sovviene a memoria qualcun altro che ci sia riuscito nei vari campi dell'arte. Lui, Lazzaro, torna in vita (come mio nonno nel sogno) e dice: Look up here, I'm in heaven. In cielo adesso ci saranno le sue ceneri che si mescoleranno alle polveri sottili delle nostre città inquinate, ai pulviscoli e ai detriti cosmici, alla materia oscura che permea l'uni/multiverso in cui siamo racchiusi.
Queste parole le sto scrivendo ovviamente di notte (il mio momento della giornata più creativo), e sullo schermo televisivo passano le immagini cupe e sofferenti di “Miriam si sveglia a mezzanotte”, film di Tony Scott in cui Bowie recita la parte di un uomo che è il compagno di una vampira immortale che fa gravare la sua maledizione su tutti gli uomini che è costretta a cambiare ogni due o tre secoli di vita. Loro invecchiano precocemente, lei sopravvive inesorabilmente. Indimenticabile la scena iniziale con i Bauhaus che cantano “Bela Lugosi is dead”.
Nella ricerca dell'immortalità il Rinascimento italiano ha avuto un ruolo preponderante, e Bowie è stato un uomo del Rinascimento vissuto quattro secoli dopo. In lui convergono Oscar Wilde e Pico della Mirandola. In lui riecheggiano la favola di Herman Hesse del “Lupo della Steppa” e la poesia di Baudelaire e di Shelley. L'ironia tutta british e una forte dose di divismo naturale hanno fatto il resto. Icona dal talento così forte che era impensabile non potesse esplodere e rimanersene racchiusa nella sua ghianda Hillmaniana. E che non facesse, naturalmente, da guida.
Ogni suo album, ogni suo pezzo è ricerca dell'immortalità, parossismo dei sensi, risposta esistenziale alle grandi domande, estrinsecata con il marameo eseguito come un pierrot invasato nel video clip di Blackstar. Perché tale è il senso della vita: un marameo. Una vita che è una “Little Wonder”, una piccola meraviglia, come uno dei suoi pezzi più scalmanati, folli, nichilisti e un video clip che è una vera e propria opera d'arte, un trompe l'oeil. Seppur dell'occulto.
Come un Cristo sceso sulla Terra, materializzatosi dal nulla (forse nato dallo sperma e dall'ovulo come tutti noi, forse auto generatosi, forse atterrato da un'astronave madre), Bowie ha ecceduto (sappiamo oggi che anche Cristo, o chiunque sia stato e si sia chiamato, l'ha fatto) perché l'unica via che porta alla conoscenza (forse la più divertente, se non proprio l'unica) è espandere i sensi al limite e sperimentarlo, questo limite. Ha avuto il merito di essere omosessuale e bisessuale allo stesso tempo senza diventare, grazie a Dio, un'icona gay. Ha avuto il merito ancor più grande e coraggioso di dedicarsi nella seconda parte della sua vita a una monogamia eterosessuale volta alla ricerca del sacro. Nessuno a 69 anni compone un capolavoro come Blackstar, il suo ultimo album uscito due giorni prima della sua diprtita dal corpo. A 69 anni le starlette della musica contemporanea terrestri vivono di concertini amarcord e astiosi litigi coi colleghi giovani.
Volete un'altra riprova di come cercasse la sua immortalità? Leggiamo insieme e preghiamo. “Oh! You, Pretty Things”, del 1971, tratto dall'album “Honky Dory”: I think about a world to come/Where the books were found by the Golden Ones/Let me make it plain/You gotta make way for the Homo Superior/Look at your children/See their faces in golden rays/Don't kid yourself they belong to you/They're the start of a coming race/Homo Sapiens have outgrown their use/All the strangers came today/And it looks as though they're here to stay. (Penso a un mondo a venire/Dove i libri vengono trovati dagli Esseri Dorati/Voglio che sia chiaro/Dovete far spazio all'Homo Superior /Guardate i vostri figli/Vedete le loro facce sotto i raggi dorati/Non prendetevi in giro col fatto che vi appartengono/Sono l'inizio di una nuova razza/L'Homo Sapiens ha esaurito il suo scopo/Ecco oggi arrivare tutti gli estranei/E sembra proprio che siano qui per rimanere.)
Più chiaro di così.
E' stato divertente (e al solito irritante) leggere come se lo sono cercato di accaparrare. Le testate gauchiste che rimarcavano quanto fosse multicult perché nel 1983 in un'intervista e MTV disse chiaro e tondo che era uno scandalo che non passassero video clip di musica black. Di lì a poco, “Billie Jean” di Michael Jackson divenne quell'insuperabile tormentone che ancora brilla, lui anche, nel firmamento di stelle, ma bianche. Le testate destrorse a rimarcare che leggeva Mishima, considerava Hitler la vera prima rockstar del secolo e una volta in un'intervista si era permesso di evocare il fascismo per l'Inghilterra per accelerare l'imposizione del liberismo. Lui se n'è infischiato (e figuriamoci ora quanto se ne infischia) e negli anni'80 ha detto: Let's Dance. E tutti abbiamo ballato. Nile Rodgers a fare capolino da dietro lo specchio dell'istantanea del grandioso successo commerciale.
Io non so se ci si stanca a vivere troppo a lungo. So che vorrei decidere io quando e come morire (in realtà avrei voluto decidere anche se e come e quando nascere). Di certo, David Bowie non si era stancato; ha detto di averla fregata, la morte. Di essersi goduto il suo 69esimo insperato compleanno, di aver visto la pubblicazione del suo 25esimo album e di essere contento. Adesso puoi anche prendermi, lo ha scritto in una delle sue ultime lettere. Marameo anche a lei.
Un'ultima chiosa. Quando alla fine degli anni'90 Vincenzo Mollica gli ha chiesto chi fosse l'artista italiano che gli piacesse di più ha risposto senza esitazioni: Lucio Battisti. Non poteva essere diversamente. Tra l'altro il suo chitarrista, Mick Ronson, ha suonato una versione in inglese di Io Vorrei Non Vorrei Ma se Vuoi di Lucio e Mogol ha scritto il testo in Italiano di Space Oddity, chiamandola “Ragazzo solo, ragazza sola”. Correva l'anno 1970. L'uomo che cadde sulla Terra era ancora in orbita. Di lì a poco avrebbe scavato un cratere di meraviglia musicale, artistica, filosofica e glamour che, forse, per chi sopravviverà, bisognerà aspettare il prossimo passaggio di qualche astronave madre, fra migliaia, se siamo fortunati centinaia, di anni, che scarichi a Terra un suo angelo irrequieto, un diavolo benevolo, forse. Di sicuro un fantasma che ci ha ricordato, ancora un volta, con pessoana ironia, che la vita è un'ombra della vera vita che brilla al di là dell'arcobaleno e che qui, adesso, ci sono soltanto Blackstar da cui difenderci. Scommettiamo infatti che la stella nera è una profezia del Duca Bianco sulla nascita e crescita dell'Isis islamico? Ai posteri l'ardua sentenza. E... Ad Astra.
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