ATTUALITA'
Marco Lanzòl
La dissacrata famiglia - appunti sul film "Anche libero va bene"
Anche libero va bene
regia Kim Rossi Stuart.
con Kim Rossi Stuart, Barbora Bobulova, Alessandro Morace.
sceneggiatura: Linda Ferri, Federico Starnone, Francesco Giammusso, Kim Rossi Stuart.
Italia, 2006.
Bbòni, state bbòni. Non è di nonno Libero che si parla. Ci si chiede invece: se po' ffa' er realismo nell'epoca der compiùtere? E - pure: che c...o c'entra la critica cinematografica con le recensioni libresche? E - peggio: che c...o c'entra un presunto scrittore, che ben poco sa di cinema, con un film ben fatto e ben recitato? Meglio: con un film adulto, che suggerisce ed evoca invece di spiegare ogni attimo l'antico e il moderno, l'esterno e l'interno a quel deficiente del suo pubblico - e che dunque fa giocare personaggi e non figurine del presepe?
Niente. Senonché, il prelodato scrittivéndolo un po' di giorni fa è andato al cinema con la mamma ottantenne (c'è chi c'ha queste deviazioni), e s'è visto il film in oggetto. Rimanendone piacevolmente sorpreso: sullo schermo si presenta una casa che non è una succursale dell'Ikea, bensì è piccola, stretta, inbordellata, con le mattonelle a peperini e il cesso dove si fatica a stare in coppia. Una casa "normale", che non si vedeva dal primo Moretti o da Mia figlia di Bongioanni - sì, certo: s'intuisce che il palazzo in cui si trova è antiquo e centro-Roma, ma non frega. Una casa dove aleggia il puzzo di bollito (di lingua bovina, che mànco l'indiani!), di piedi e calzette, d'immondizia marcente, di saponèa, di pelli e panni mallavàti. Una casa dove un ragazzino può dire vaf......o, una madre sentirsi dare della t...a, e dove un padre inc.....o può gridare p...o D.o, e insignìre della nomina non onorifica di f...etto il figlio che non vuol fare lo sport che lui ha deciso debba praticare. Una casa insomma che è un po' un casino (G. Gaber), e quindi è vera: in essa ogni aggeggio, dal soprammobile al divano al letto, trasuda realtà, e dunque rende autentici i sentimenti - anche i più difficili e "raccapriccianti" (come dicono i giornalisti della cronaca un tanto al chilo). Dove una famiglia "normale" può pigliarsi il bene di dissacrare (sp....nare) una famiglia "televisiva", dove si parla come nelle miniserie o nelle soap, e illustrarne la vacuità, il perbenismo, il falso, illustrandone però l'attrattiva, il fascino davvero perverso della borghesia - chi non vorrebbe vivere come il medico in famiglia (a parte quel co...one del V.ro Aff.mo)?
E tale robusta realtà non rimane confinata al visibile: deborda nei dialoghi, nelle situazioni. E' nei timbri di voce, persino: i ragazzini e le ragazzine compagni di scuola del piccolo protagonista, e lui pischello, e la sorella in odore di p....nèsimo, parlano con una vociazza arrochìta, con un lèssico da stradaròli, e non come una doppiatrìciue del c...o di qualche cartone giapponese. I piccoletti hanno aggressività, voglie e desideri autentici, persino (signora mia!) sessuali - e così pigliano senso e valore la rinuncia, la timidità, l'arrossire truffottiano in fatto di Eros del giovanissimo eroe di questa storia. E gli adulti possono finalmente parlare e sentire come creature di carne: lei con la sua f..gna friccicarèlla, l'attrazione magnetica per la ricchezza e la sicurtà attinente a essa, e il parallelo e sentito bisogno della famiglia e dei figli. Lui velleitario, artistoide, con infiltrazioni puerili nel carattere, passivo-aggressivo, convinto di venir fregato da tutti e dalla vita, insomma fragile come i tipi oscillanti fra iper- e ipo-valutazione: e comunque padre premuroso, accogliente malgrado l'ansia, capace di sintonizzarsi sulla radianza figliesca - e i suoi bambini lo ricambiano, la femmina offrendogli abbracci e pura surrogazione materna-sponsale, il maschio immedesimandosi nelle sue speranze, surrogandolo nel successo che non ha avuto. Ciò immerso nella vasta zona di "non detto" lasciata all'interpretazione dello spettatore. Sì: uno dei pregi di questa pellicola consiste nel non svelarci tutto. Non offre soluzioni preconfezionate, facili risposte a domande facili. Consegna alla nostra immaginatìva una storia aperta, e ognuno deve pigliarsi la responsabilità di completarla, come nei reattivi psicologici - esempio: le macchie di Rorschach - e nella vera letteratura.
Che dire ancora? Manzoni sosteneva che al bersaglio non è difficile colpire un po' più su, o un po' più giù. Difficile è colpire al centro. Ma qui, stiamo nel centro perfetto.
Buona visione.
P.S.: le parolacce e le bestemmie sono state mimetizzate dai puntini, in ossequio al cerchiobottismo. Problema: nel film rimbombano - ed il film è bello anche per questo. Non sarà che, a essere sempre tanto tanto correct, ce lo si butta al c..o da soli? E che, se basta dire bene c..o per tornare alla realtà dai reality, siamo ridotti proprio malamente? Mah.
regia Kim Rossi Stuart.
con Kim Rossi Stuart, Barbora Bobulova, Alessandro Morace.
sceneggiatura: Linda Ferri, Federico Starnone, Francesco Giammusso, Kim Rossi Stuart.
Italia, 2006.
Bbòni, state bbòni. Non è di nonno Libero che si parla. Ci si chiede invece: se po' ffa' er realismo nell'epoca der compiùtere? E - pure: che c...o c'entra la critica cinematografica con le recensioni libresche? E - peggio: che c...o c'entra un presunto scrittore, che ben poco sa di cinema, con un film ben fatto e ben recitato? Meglio: con un film adulto, che suggerisce ed evoca invece di spiegare ogni attimo l'antico e il moderno, l'esterno e l'interno a quel deficiente del suo pubblico - e che dunque fa giocare personaggi e non figurine del presepe?
Niente. Senonché, il prelodato scrittivéndolo un po' di giorni fa è andato al cinema con la mamma ottantenne (c'è chi c'ha queste deviazioni), e s'è visto il film in oggetto. Rimanendone piacevolmente sorpreso: sullo schermo si presenta una casa che non è una succursale dell'Ikea, bensì è piccola, stretta, inbordellata, con le mattonelle a peperini e il cesso dove si fatica a stare in coppia. Una casa "normale", che non si vedeva dal primo Moretti o da Mia figlia di Bongioanni - sì, certo: s'intuisce che il palazzo in cui si trova è antiquo e centro-Roma, ma non frega. Una casa dove aleggia il puzzo di bollito (di lingua bovina, che mànco l'indiani!), di piedi e calzette, d'immondizia marcente, di saponèa, di pelli e panni mallavàti. Una casa dove un ragazzino può dire vaf......o, una madre sentirsi dare della t...a, e dove un padre inc.....o può gridare p...o D.o, e insignìre della nomina non onorifica di f...etto il figlio che non vuol fare lo sport che lui ha deciso debba praticare. Una casa insomma che è un po' un casino (G. Gaber), e quindi è vera: in essa ogni aggeggio, dal soprammobile al divano al letto, trasuda realtà, e dunque rende autentici i sentimenti - anche i più difficili e "raccapriccianti" (come dicono i giornalisti della cronaca un tanto al chilo). Dove una famiglia "normale" può pigliarsi il bene di dissacrare (sp....nare) una famiglia "televisiva", dove si parla come nelle miniserie o nelle soap, e illustrarne la vacuità, il perbenismo, il falso, illustrandone però l'attrattiva, il fascino davvero perverso della borghesia - chi non vorrebbe vivere come il medico in famiglia (a parte quel co...one del V.ro Aff.mo)?
E tale robusta realtà non rimane confinata al visibile: deborda nei dialoghi, nelle situazioni. E' nei timbri di voce, persino: i ragazzini e le ragazzine compagni di scuola del piccolo protagonista, e lui pischello, e la sorella in odore di p....nèsimo, parlano con una vociazza arrochìta, con un lèssico da stradaròli, e non come una doppiatrìciue del c...o di qualche cartone giapponese. I piccoletti hanno aggressività, voglie e desideri autentici, persino (signora mia!) sessuali - e così pigliano senso e valore la rinuncia, la timidità, l'arrossire truffottiano in fatto di Eros del giovanissimo eroe di questa storia. E gli adulti possono finalmente parlare e sentire come creature di carne: lei con la sua f..gna friccicarèlla, l'attrazione magnetica per la ricchezza e la sicurtà attinente a essa, e il parallelo e sentito bisogno della famiglia e dei figli. Lui velleitario, artistoide, con infiltrazioni puerili nel carattere, passivo-aggressivo, convinto di venir fregato da tutti e dalla vita, insomma fragile come i tipi oscillanti fra iper- e ipo-valutazione: e comunque padre premuroso, accogliente malgrado l'ansia, capace di sintonizzarsi sulla radianza figliesca - e i suoi bambini lo ricambiano, la femmina offrendogli abbracci e pura surrogazione materna-sponsale, il maschio immedesimandosi nelle sue speranze, surrogandolo nel successo che non ha avuto. Ciò immerso nella vasta zona di "non detto" lasciata all'interpretazione dello spettatore. Sì: uno dei pregi di questa pellicola consiste nel non svelarci tutto. Non offre soluzioni preconfezionate, facili risposte a domande facili. Consegna alla nostra immaginatìva una storia aperta, e ognuno deve pigliarsi la responsabilità di completarla, come nei reattivi psicologici - esempio: le macchie di Rorschach - e nella vera letteratura.
Che dire ancora? Manzoni sosteneva che al bersaglio non è difficile colpire un po' più su, o un po' più giù. Difficile è colpire al centro. Ma qui, stiamo nel centro perfetto.
Buona visione.
P.S.: le parolacce e le bestemmie sono state mimetizzate dai puntini, in ossequio al cerchiobottismo. Problema: nel film rimbombano - ed il film è bello anche per questo. Non sarà che, a essere sempre tanto tanto correct, ce lo si butta al c..o da soli? E che, se basta dire bene c..o per tornare alla realtà dai reality, siamo ridotti proprio malamente? Mah.
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