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ATTUALITA'

Alfredo Ronci

La politica delle puttane e quella dei froci: un tributo a Pedro Lemebel.

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Il titolo del pezzo richiama, in parte, quello apparso lunedi 15 settembre sul blog di Beppe Grillo a firma Marco Travaglio. Nel quale di disquisiva sulla deriva della nostra politica e del perché siamo in mano a questi dilettanti allo sbaraglio, a questi squinternati, a questi decerebrati che fanno annunci, tanto loro lo sanno che gli annunci non saranno seguiti da nulla ma che i giornali abboccheranno come tonni, le televisioni rilanceranno. E si affrontava la 'questio' della prostituzione, resa attuale dalla ministra Carfagna:sì quella che si scosciava in televisione e faceva i calendarietti per i camionisti allupati. Questio tra l'altro priva di consistenza dal momento che per mandare in galera un cliente di una lucciola – la pena prevista per il reato è di quindici giorni, ma al gabbio ci va solo chi delinque per un misfatto che preveda almeno tre anni – si devono totalizzare 24 condanne per avere un anno, 48 per avere due anni, 72 condanne per avere 3 anni, 73 per superare i tre anni e andare in galera per quindici giorni.

Ma non siamo qui ai fare i conti ai padri di famiglia in vena di vacanze anti-stress: ci interessa di più ragionare sul significato di fare politica. E dunque sul perché una titolazione del genere.

Hanno fatto bene, recentemente, i vertici dell'Arcigay, in una nota firmata anche dalla parlamentare pd Paola Concia, ad indignarsi per la vicenda del povero stewart morto nel rogo di Madrid: La vita di Domenico Riso è stata avvolta da una cortina di fumo tragicamente ridicola: quando questo Paese avrà il coraggio di chiamare le cose con il proprio nome?.

Vero, perché anche il dolore dei famigliari per la terribile perdita era 'avvolta' da un uso del linguaggio in chiave esclusivamente eufemistica. Sono convinto sempre di più invece che l'essere gay è una condizione rivoluzionaria. Una volta le rivoluzioni si facevano con le armi: non pretendo che si sparga sangue, pretendo però una presa di coscienza attiva e determinata. Ma sì anche un calcio ai coglioni (non metaforicamente) ad un paese e ad un'informazione malata e falsa. E un calcio ai coglioni ad una consanguineità ipocrita.

Fanculo i parenti che piangono con le maschere.

E ad un paese come il nostro, che oggi come non mai ha bisogno di tornare a fare politica, può far bene leggere ed incontrare un autore come Pedro Lemebel.

In Cile è un considerato uno degli scrittori più importanti e seguiti. Il suo romanzo Ho paura torero, storia d'amore, ai tempi di Pinochet, tra un travestito passionale, amante del canto e ricamatrice per le signore della Santiago-bene e Carlos, un militante del fronte patriottico Manuel Rodriguez, e pubblicato qui da noi dalla marcos y Marcos, ha commosso e convinto milioni di lettori.

Lemebel è una figura d'intellettuale gay (ammettendo che simile espressione abbia un senso e non si voglia invece definirlo intellettuale tout court) scomodo e scassapalle, antifascista e feroce. Insomma un personaggio che da noi manca: tranne rarissime eccezioni, in Italia si assiste ancora ad una rappresentazione della realtà gaya asfittica e reazionaria, paradossalmente caricata di paillettes, ma rivolta ad un pubblico rivistaiolo. Stendiamo un velo pietoso sugli scrittori di storie gay. L'operazione mondadoriana Men on men del caro Scalise ci è sembrata tutto sommato poco riuscita (ma per colpa degli autori!) e autoreferenziale: mancava di uno spirito pervicacemente politico, e quindi , come si diceva prima, rivoluzionario. Il resto, se non fosse che Busi ogni tanto riacquista il lume della ragione e Siti ci regala pagine intense ma la piantasse coi culturisti che non se ne può più, è da dare alle ortiche.

Pedro Lemebel dunque viene in Italia per parlare dell'anniversario del golpe dei militari in Cile e per presentare il nuovo libro pubblicato sempre dai tipi della Marcos y Marcos (1), benemeriti!, ed un imbecille di Radio tre gli chiede: Scusa Pedro, ma non ti sembra di fornire una dimensione leggermente caricaturale della tua omosessualità, rivendicata ogni due parole, sbiascicata nel tuo modo di parlare alla Vizietto di Tognazzi? Forse questo è davvero il tuo modo d'essere e quindi sei sincero nel presentarti così al pubblico ma perché io ho sempre più la sensazione che molte persone omosessuali finiscono sempre più col corrispondere e presentare l'idea che gli eterosessuali incollano addosso ai gay?

Da prenderlo a selciate: sia per la faziosità della domanda, sia perché ha chiaramente mostrato che dell'opera di Lemebel non gliene frega un tubo e non ha letto il libro in questione.

Perché davvero Baciami ancora, forestiero è altro: meglio, può rispondere tranquillamente alle sordide fregnacce di un intervistatore fuori di senno ed è un valido contributo alla politica, che deve essere antifascista e consapevole, di una comunità gay che abbia il coraggio di definirsi tale.

Il libro, contrariamente al precedente Ho paura torero, è una sorta di patchwork letterario: raccontini, riflessioni, spunti, articoli, drammi. E su di essi, come fosse un vero e proprio 'deus ex machina' della concretezza, il marchio feroce e determinato della gayezza rivoluzionaria di Lemebel.

Rivoluzionaria sia quando, a proposito delle minoranze, dice: A volte, le minoranze elaborano forme alternative di contestazione, usando come arma l'apparente superficialità (ecco la brillante, succinta, risposta alla domanda idiota del giornalista di Radio Tre. Se solo avesse letto il libro...).

Sia quando, a proposito dei lavori che erano costretti a fare i parrucchieri sotto il regime scrive: Eppure, le mani tarantole delle fate sforbiciano sui volti ufficiali della struttura che le reprime, tradendo il lorogesto moralista con una smorfia burlona che sfarfalla nostalgica nel caleidoscopio degli specchi.

Rivoluzionaria sia quando, usando una meravigliosa metafora sui luoghi privilegiati del potere, afferma: Insomma, nevica solo nei quartieri alti e i fiocchi sporadici che cadono in periferia massacrano gli uccellini.

Sia quando, rappresentando il proprio paese (mostruosamente simile all'Italia) denuncia: Ma il Cile, e la democrazia l'ha truccato così, è un paesino dove il riso abbonda sullo stupido grugno del mondo dello spettacolo e dei suoi commentatori dal muso spione.

Ed è rivoluzionaria quando, contrariamente alle 'istanze' conciliatorie e nostalgiche dei nostri politici e dei nostri governanti, ci piace pensare che urli: Non me ne importa un cazzo, io non stringo la mano a nessun fascio.

Lemebel ci insegna come essere gay: antifascisti, rivoluzionari (scusate se insisto), liberi dalle ingerenze di potere e dal richiamo della merceologia. E ci insegna che scrivere un libro è innanzi tutto un atto di coraggio e di suprema rettitudine.





(1) Pedro Lemebel – Baciami ancora, forestiero – Marcos y Marcos – Milano 2008





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