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Il Paradiso degli Orchi
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ATTUALITA'

Alfredo Ronci

Le bufale (Roberto Saviano) e i veri scrittori (Oliviero Beha).

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Non ne sentivamo la mancanza: dal suo eremo coatto Saviano ci fa sapere, in un'intervista al Corriere della sera, che vuole farsi una famiglia e che non può fare quelle cose che in genere tutti gli innamorati fanno (a 'sto punto, ma è un semplice consiglio, faccia, se proprio non gli è concesso diversamente, quello che si sospetta inciuci il nostro presidente del Consiglio. Soldi non dovrebbero mancargli). Strano davvero però che questa amena notiziola capiti proprio nei giorni dell'uscita del nuovo libro dell'eroe nazionale e che in qualche modo ci prepara ad una vera e propria esposizione mediatica senza precedenti.

Come spesso vo ripetendo, io in queste occasioni la penso come la sorella del grande Henry James. Alice James, nel suo bellissimo diario, disse che provava un senso di superiorità quando evitava i libri che leggevano tutti.

Infatti il libro di Saviano nemmeno lo sfoglierò. Ci si chiederà: ma perché tutto questo astio nei confronti dell'autore di Gomorra, forse invidia? No, è che le campagne, di qualsiasi genere, promosse ad arte ed i personaggi invadenti e saccenti, mi hanno sempre provocato il prurito.

Perché poi urticante è la realtà. Per cui come un cane che cerchi l'osso, alla fine mi ritrovo ad annusare, sniffare, ad agitarmi, a scavare, a grattare nella speranza che nel marasma di questa quotidianità si possa trovare una traccia, un segno di una pur minima resistenza, anche un alimento. A forza di smucinare alla fine qualcosa si trova. E' il nuovo libro di Oliviero Beha: I nuovi mostri (1). Lui è giornalista sui generis (meglio: è giornalista consapevole, sono gli altri che ormai sono fotocopiature di un modello standardizzato), è ai più urticante, come la realtà di cui sopra, ma ha un pregio, non dice mai le cose a mezza bocca. Anzi. Benvenuto quindi un suo nuovo lavoro.

E su cosa si basa? Su un paese, come dice il sottotitolo, senza intellettuali, su un'opinione pubblica imbalsamata e su una democrazia svenuta. Ne esce un volume di quasi trecento pagine dove l'uomo, ancor prima del giornalista, con una lucidità che in questo paese ormai è merce rara, si confronta con la realtà circostante e con una cultura liquida moderna (che) non ha persona da coltivare, ma clienti da sedurre (Pag.111).

Si potrebbe partire da Gramsci: L'errore dell'intellettuale consiste nel credere che si possa sapere senza comprendere e specialmente senza sentire ed essere appassionato (non solo del sapere in sé, ma per l'oggetto del sapere) cioè che l'intellettuale possa essere tale ( e non un puro pedante) se distinto e staccato dal popolo-nazione, cioè senza sentire le passioni elementari del popolo, comprendendole e quindi spiegandole e giustificandole nella determinata situazione storica, e collegandole nella determinata situazione storica, e collegandole dialetticamente alle leggi della storia, a una superiore concezione del mondo (...); non si fa politica-storia senza questa passione, cioè senza questa connessione sentimentale tra intellettuali e popolo-nazione.

Beha nel saggio in questione, suggerisce, anzi, accusa come vi sia nel nostro paese un definitivo scollamento tra l'inesistente categoria dell'intellettuale (diceva Pasolini quasi quarant'anni fa: i potenti che si muovono «dentro il Palazzo», e anche coloro che li descrivono – stando anch'essi, logicamente, «dentro il Palazzo» per poterlo fare – si muovono come atroci, ridicoli, pupazzeschi idoli mortuari) ed il mondo reale. Ed ecco che la mostruosità catodica (che non è quella del Sordi giornalista dentone) e della stampa invade ogni spazio vitale.

Il giornalista fa anche i nomi e sgretola quel termitaio creduto inattaccabile dell'informazione pubblica, quel piedistallo dal lucore ambiguo che innalza personaggi e uomini di cultura (uomini di cultura??) al limite della decenza, ma chiusi nel loro fortino mai assediato (quello di Saviano, no?). Su Paolo Mieli: Di Paolo Mieli, Mazzarino de' noantri, Gianni Agnelli, tradotto da Cesare Romiti, diceva che è «come una saponetta da doccia, che sguscia continuamente di mano» ; su Scalfari: Il primo è dentro fino al collo nell'establishment della casta, e giustamente dal suo punto di vista più che scoperchiare pentoloni messi a cuocere anche da lui preferisce dialogare con l'Altissimo ritenendosi meritevole di prenderne il posto.; su Biagi: C'è voluto il tycoon di Arcore e Macherio, della Sardegna e delle Bermude per scatenare la sua reazione di emarginato dalla Rai e trasformarlo oggettivamente, non so se in un martire, certo in un paladino della libertà d'espressione e del «pacchetto intellettuale» di cui sopra; su Costanzo: un «intellettuale» polimorfico e appena un po' piduista (...) definito da ricercatore semiologici d'antan «quello che sarebbe diventato Totò Riina se avesse studiato»; su Saviano: una specie di Eroe positivo in un contesto di eroi negativi ma omologati dal sistema mediatico come fossero tutti insieme sul palcoscenico dello stesso teatrino, ognuno con la propria parte. E un Buono ci vuole;

Si tralasciano gli altri, quelli che, non per una contrapposizione ideologica berluschianamente stantìa, riteniamo alla stregua di servi (e i nomi si sanno, son sempre lì, sotto le colonne poco erculee della stampa d'Arcore o delle porte a porte): il discorso semmai è diverso e Beha lo centra. Perché è impossibile una contromisura: senza indulgere in psicologismi da osteria, gli ultimi tre lustri di quest'Italia se ne sono andati con un Berlusconi dittatorello del peggio e con un'opposizione spesso perdente che «inciuciava» con lui aspirando a essere come lui, con il suo potere, con il suo sprezzo vieppiù ostentato per tutti quegli stupidi elementi ritardanti che hanno a che vedere con la democrazia, la politica migliore, la qualità delle persone, la meritocrazia...(Pag.42).

Beha per far ciò, cioè, per rendere ancor più credibili le sue accuse circostanziate, s''aggrappa' alla sociologia, alla socio-economia, alla filosofia: ecco dunque l'elenco di quei 'pensatori' che, come si suol dire spesso, hanno già dato: Hans-Georg Gadamer e la sua 'teoria' della morte della democrazia a causa del processo di esplosione delle immagini; Adorno e la sua libertà che consiste non nello scegliere questo e quell'altro, ma nel poter non scegliere; Marshall Mc Luhan e la paura di cambiamenti folli indotti dalle innovazioni tecnologiche. Paradossalmente sembrano considerazioni inutili, ma non inutili perché dannose, ma perché è talmente davanti agli occhi lo spettacolo insulso di un'informazione falsa e truccata che il suo contrario non ha bisogno di 'zeppole' intellettuali.

Il libro di Beha si gusta perché innanzi tutto Beha è un signor scrittore. Il capitolo iniziale è molto esplicativo e straordinariamente arguto: quando si parla della commemorazione della scomparsa di Curzi, l'ex direttore del TG3, a bara ancora aperta, e degli sproloqui degli Ingrao (peana vicaria) o dei Veltroni che santificarono l'appartenenza del giornalista alla Resistenza romana antifascista lui che, essendo della classe 1930, nel 43-44 era poco più che ragazzino. Altro che 'resistente'.

Mostri davvero! Nuovi e vecchi. A destra e a sinistra!





Oliviero Beha

I nuovi mostri

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Pag. 281 Euro 13,60







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