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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Piergiorgio Odifreddi

Le menzogne di Ulisse

Tascabili Editori Associati (TEA), Pag. 286 Euro 8,00
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Santa Maria in Cosmedin è una delle chiese romane - ma neanche i romani non dico di sette, ma di una generazione, la conoscono per tale. Ell'è famosa "urbi et orbi" perché su una parete del suo portico è murato il mascherone d'una fontana - o forse un tombino - dell'antica Roma, noto come "Bocca della verità". Leggenda vuole che, una volta inserita la mano nella fessura e affermato qualcosa, se tale è falso l'arto venga mozzato.

Ebbene: Odifreddi in questa divulgazione (che è tra Hofstaedter ed Enzensberger e Russell) dibatte la storia della logica e i suoi principali risultati "a volo d'uccello" e in tono colloquiale - ma l'Autore la materia l'insegna, e ciò garantisce almeno una competenza di prima mano sulle questioni, se non l'indiscutibilità dell'impostazione. E ci fa sapere (pp. 212-3) che nella scienza che professa non esiste l'equivalente della Bocca (anche se il dilemma che propone è l'ipersemplificazione di uno dei maggiori esiti della logica moderna, quello di Gödel - ivi): ovvero che, quando si parla di verità, almeno quella dei sistemi formali (ma è sospettabile che la precisazione sia dovuta al pudore dello studioso che non vuole correre per terreni vaghi) bisogna stare molto attenti, siccome "la verità di un linguaggio non è comunque definibile al suo interno" (p.216) - ma così si rischia di far scrivere i libri porno alle vergini vestali. Va detto però che un trovato del genere permette di dire che "la soluzione dei paradossi può quindi venire soltanto da una teoria che colleghi le affermazioni del linguaggio ai fatti del mondo", (p. 219) che, a mio modo di vedere, è il quadro dipinto, oltre che dai "mondi possibili", dal "secondo Wittgenstein" coi giochi linguistici, (però nell'ambito della lingua naturale) e da tante sue intuizioni, dal significato come fisionomia o uso, sino all'argomento del linguaggio privato. Ma il Filosofo (o, piuttosto, la "setta degli adoratori" suoi, p. 219) è uno dei bersagli polemici di Odifreddi (p. es. pp. 156-66 e 192-7), sebbene la critica sia condotta con mano ferma però equa, e sia incentrata in particolare sul "primo periodo" della speculazione del pensatore - e il sottoscritto non ha alcuna competenza per "criticize critics", dunque può solo dolersi di veder bistrattato (ma non troppo) uno dei suoi eroi intellettuali. Doglianza consolata dagli altri bersagli su cui s'appuntano frecce e frecciate del Nostro: la metafisica da Parmenide ai giorni nostri, rea di "ipostatizzare i termini del discorso, parlando ad esempio della sostanza non come soggetto di un predicato, ma come dell'essenza di un ente" (p.71) - lo farà Hegel, grande assente nel discorso sul vero di Odifreddi; e tutte le forme d'argomentazione che invece di andare "in buona fede alla ricerca di una verità ignota", cercano soltanto "di confermare in malafede una verità precostituita". (p.92) Direbbe Wittgenstein che la filosofia non risolve i problemi, ma li dissolve: tuttavia l'Autore gli risponderebbe che la filosofia è una vacanza, (cfr. p.186) e cippalìppa.

Se a verità, dunque, non stiamo messi tanto bene, anche con la democrazia ("questa nozione metafisica",p. 231) non si scherza - e qui davvero l'Autore se le va a cercare: nell'ultimo capitolo ci spiega che la vittoria di un candidato dipende dall'ordine in cui si vota (es.: vince A su B, e va al ballottaggio con C, che vince. Si dimostra che se C fosse stato il rivale di B nella prima tornata, quest'ultimo sarebbe andato al secondo turno, vincendo poi su A); che "non esiste nessun sistema elettorale che soddisfi i princìpi della libertà individuale, della dipendenza dal voto, dell'unanimità e del rifiuto della dittatura" (p. 230); e che "se si intende il concetto di diritto in maniera naturale, allora in una società al massimo solo una persona può avere dei diritti". (p. 231)

Cosa può fare allora, la logica, per noi - oltre a darci 'ste belle notizie? Beh, parecchio: già questi sono "un'altra incarnazione dei risultati di limitatezza che sono caratteristici della logica" (p.231), e che almeno ci dicono, come voleva il Poeta, "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo". Ma pure "che il pensiero ha la tendenza a costruirsi da solo delle trappole nelle quali rimane poi invischiato e prigioniero (...) (quindi la logica è) una redentrice dal peccato originale del linguaggio", (p.231-2) quello di esser nato per esprimere l'incertezza, le limitazioni e la confusione degli esseri umani, e per aggravarle se non, in molti casi, crearle. Missione perfettamente adempiuta dalla letteratura, alla quale Odifreddi tuttavia guarda con benevolenza, spingendosi a dare ad essa e all'arte buone credenziali pure nel campo della redenzione: "come hanno dimostrato la letteratura e l'arte contemporanee, oltre un certo limite la complessità di un linguaggio diventa indistinguibile dal caos, e produce non più significato ma rumore indistinto". (p. 101) Vero è che a leggere queste parole con malizia vi si sostiene l'arte come la corda regge l'impiccato, ma a pensar male si pecca.

Già che ci siamo: a chi si interessa di narrativa, vorrei far notare che a p. 160 si rimarca "che nessun linguaggio sufficientemente potente può definire la propria verità, e dunque esprimere la propria semantica" - il che va per due versi: il primo, che nessuna storia può esserlo di tutte le storie, ovvero esprimere tutte le verità (del cuore, in questo caso), con tanti saluti alla "narrativa universale" nel senso inteso dai cretini (per un'analisi del termine, vedi Odifreddi p. 27-8). Il secondo, che ci si può chiedere (come fa l'Autore ad altro rispetto, p. 216) se la verità della letteratura sia definibile al suo interno, se cioè non abbia comunque bisogno di integrazioni - come nelle "performances" e nelle opere "aperte". A tale corno di dilemma si potrebbe rispondere (ricordando p. 219 citata in esordio della presente recensione) che ciò avverrebbe qualora si faccia o del linguaggio una realtà, o della realtà un linguaggio (passando magari per una forma di vita): "la vita è il paragone delle parole". (Manzoni, Promessi, XXII) E altro non chiediamo alla pazienza del Lettore, per questi problemi "di vita". Gli raccomandiamo invece questo, i precedenti e i futuri lavori di Odifreddi, visto che è raro incontrare chi ci spiega qualcosa non solo di bello, ma di utile, ma di vitale.



di Marco Lanzòl


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