ATTUALITA'
Alfredo Ronci
Le notizie censurate, le cesure e gli eredi del commissario Rex
Si parla tanto di informazione e, negli ultimi tempi, molto di censura. Per carità c'è sempre stata e sempre ci sarà, ma recentemente alcuni episodi e qualche uomo di buona volontà hanno messo in evidenza una prassi ormai consolidata. A ciò si aggiunga che tanto più grande ed importante è lo strumento attraverso cui la si attua , tanto più il "delitto" diventa rimarchevole.
Innanzi tutto capiamoci sul vero senso da dare alla parola censura. Qui il tempo e le convenzioni sociali hanno impresso una svolta al suo significato. In genere per censura si intende (prendo dal vocabolario della lingua italiana Treccani): Esame, da parte dell'autorità pubblica (c.politica) o dell'autorità ecclesiastica, degli scritti o giornali da stamparsi, dei manifesti o avvisi da affiggere in pubblico,delle opere teatrali o pellicole da rappresentare e sim., che ha lo scopo di permettere o vietarne la pubblicazione, l'affissione o la rappresentazione, ecc., secondo che rispondano o no alle leggi o ad altre prescrizioni.
Ma quando la censura è preventiva? Cioè quando non è richiesta come esame ma è essa stessa strumento politico? Ecco che allora la sua definizione dal punto di vista psicanalitico è più consona (sempre dalla Treccani): ...funzione selettiva del Super-io che agisce sopprimendo o deformando elementi inaccettabili dell'inconscio...
E' sufficiente traslare il significato nella prassi quotidiana ed il gioco è fatto.
E a questo proposito, parlando di informazione, mi sono divertito a schematizzare la questione e a riportare qui un abbozzo che poi mi servirà anche per sviluppi ed agganci, forse non del tutto appropriati, ma credo comunque sfiziosi.
Dividerei il problema in tre parti:
Le notizie giustamente censurate. Sono quelle meno importanti, o meno pericolose (a seconda dei punti di vista), cioè quelle che non vengono riportate perché non aggiungono nulla alla definizione di un ragionamento, anzi proprio per il loro valore ambiguo, spesso la loro sottrazione è più risolutiva di una loro comparsa.
Facciamo un esempio: negli ultimi anni si sente sempre più spesso dire che l'AIDS non fa più notizia, il problema cioè viene sistematicamente censurato. Alcuni (una minoranza a dir la verità) sostengono che è un bene perché, quando lo si fa, avviene in modo sbagliato. E riportano l'annosa "questio" della percentuale di sieropositivi tra gli eterosessuali che, sempre a detta loro, sarebbe un falso scientifico.
E' un bene dunque che l'AIDS venga "purgato" se il contrario dovesse essere un elenco impreciso e non dettagliato (uso eufemismi) dei suoi principi? Qualcuno aggiunge che la sua scomparsa dalle prime notizie è ancor più indicativo del fatto che il problema non appartenendo ai più, dai più è ignorato (tendendo conto della precedente asserzione sul falso scientifico).
Le notizie semi-censurate. Sono quelle che è impossibile ignorare, ma che vengono riportate imbellettate per dovere di cronaca. Esempio: la recente assoluzione di Silvio Berlusconi al processo SME. Scrive Il giornale di Mario Giordano: La prima sezione penale del tribunale di Milano ha prosciolto oggi l'ex-premier Silvio Berlusconi, per intervenuta prescrizione, dall'accusa di falso in bilancio nello stralcio della vicenda Sme. Si tratta di un provvedimento annunciato poiché i fatti contestati risalivano al 1986-1989 e quindi già prescritti da tempo. Inoltre i fatti in questione non sono più previsti dalla legge come reato, dopo la modifica della normativa sul falso in bilancio. (...)L'avvocato del Cavaliere, Ghedini, ha affermato che questa sentenza è arrivata dopo sei anni di ritardo. Ora è evidente che, al di là dell'importanza "relativa"che è stata data alla notizia da quasi tutti i media, la titolazione, per quanto giuridicamente ineccepibile, nasconde il tranello: se invece dell'espressione "modifica della normativa sul falso in bilancio, avessero scritto: depenalizzazione del falso in bilancio, l'assoluzione del Cavaliere assumerebbe (e assume) un significato del tutto diverso. La censura, in questo caso, è subdolamente linguisticae politica.
Le notizie censurate. Faccio una domanda? Qualcuno di voi forse sa che lo Stato italiano è stato condannato a risarcire una nostra cittadina per i fatti del G8 di Genova? Riporto dal sito www.lastnight.com: La prima condanna nei confronti del Ministero dell'Interno per le illecite violenze dei poliziotti è arrivata nei giorni scorsi, a sei anni dal G8 genovese. E' infatti del 4 Maggio la decisione del giudice Angela Latella che presso il tribunale di Genova ha dato ragione a Marina Spaccini, pediatra cinquantenne di origine triestina, pacifista.
Alle due del pomeriggio del 20 luglio, era il 2001, venne pestata a sangue in via Assarotti. Partecipava alla manifestazione della Rete Lilliput, era tra quelli che alzava in alto le mani dipinte di bianco urlando: "Non violenza!". Gli agenti ed i loro superiori avrebbero raccontato che stavano dando la caccia ad un gruppo di Black Bloc, che c'era una gran confusione e qualcuno tirava contro di loro le molotov, che non era possibile distinguere tra "buoni" e "cattivi": bugie smascherate nel corso del processo, come sottolineato dal giudice.
Dal momento che quegli agenti, come in buona parte degli episodi legati al vertice, non sono stati identificati e sono spesso stati coperti da un pesante velo di omertà, Angela Latella ha deciso di condannare il Ministero dell'Interno.
Nessun mezzo di informazione nostrano ha riportato la notizia (pare nemmeno il Manifesto). Si tratta, evidentemente, di un grave fatto di censura, cioè di un'informazione di assoluto valore pubblico che, per ovvi motivi ideologico-politici, è stata ignorata.
Dunque questa suddivisione ci induce a pensare che la censura non è più un esame di un'autorità pubblica o religiosa su una proposta, ma è essa stessa strumento efficace e "contenente" di un potere politico.
Ultimamente è prassi consolidata "coprire", o come farebbe la funzione selettiva del Super-io, sopprimere o deformare la notizia presentandone un'altra di diversa natura. E all'uopo la cronaca nera è mezzo di straordinaria utilità. Nel senso che se si vuole ignorare un grave fatto politico lo si "copre" con uno di delinquenziale fascinazione. I casi di Cogne ed Erba, al di là della loro indubbia capacità attrattiva, spesso sono serviti a nascondere ben altre problematicità.
Curioso davvero perché, come dicevo all'inizio del pezzo sulla possibilità di agganci sfiziosi, questa "deriva" ha correlazioni con la letteratura poliziesca.
Nel senso che la "golden age" del giallo, tranne la rivoluzione "hard boiled" ha sempre operato per censura, mentre il noir contemporaneo, adottando una sincope, lavora per cesura.
Basti pensare a tutta la produzione di Agatha Christie: la regina del delitto raccontava le sue storie costruendo false piste, cioè, nascondendo le vere che portavano direttamente all'omicida. In genere tutto il poliziesco impostato sul coup de théâtre finale utilizzava la censura come tecnica narrativa.
Soluzioni differenti invece, negli ultimi anni, vengono adottate soprattutto dagli scrittori noir europei: quel che conta non è la trama, ma addirittura la sospensione di essa. Il che potrebbe apparire ai più un paradosso, specialmente per una letteratura che ha nello sviluppo della trama, nell'intreccio e in una suo logico finale un modus operandi quasi istituzionalizzato.
Esempio perfetto di cesura narrativa lo abbiamo riscontrato in Anatomia di un'indagine (Marsilio editore) di Leif GW Persson. Noir davvero inusuale con cambi di prospettiva continua che in qualche modo operano uno straniamento da parte del lettore, abituato a ben altre soluzioni. Si diceva nella recensione del libro: la prima parte del romanzo è segnata dall'investigazione dell'ispettore Bäckström. (...) Sembrerebbe lui la figura di punta del romanzo. Colui che alla fine metterà su un piatto d'argento il nome del responsabile della morte di una giovane che voleva fare la poliziotta. Macché. Dopo qualche centinaio di pagine Persson lo fa defilare. Nel senso che rigira la prospettiva e i protagonisti sono altri. Ad esempio l'investigatore Lewin, più riflessivo, più pacato, più anglosassone. Che ha qualche problemino con l'infanzia ed un sogno che diventa ben presto ossessione.
Macché, anche lui poi, tutto sommato, rientra nella marginalità. A sostituirlo due poliziotte, una più scafata, l'altra semi-verginella, pronte, dopo che un'indagine chiotta ha portato all'identificazione dell'assassino, senza particolari meriti individuali, a confrontarsi col carnefice di turno.
L'effetto straniante e di vera e propria interruzione è ancora più evidente e "totalizzante" ne La dolcezza della vita (Giulio Perrone Editore) dell'austriaco Paulus Hochgatterer. (1)
Ci mancavano pure gli austriaci. Finora c'eravamo accontentati delle indagine del commissario Rex, pastore tedesco (vero, non come Benedetto XVI) tanto amato dai bambini e dagli anziani.
Hochgatterer invece, psichiatra che si diletta col poliziesco, pur erede di genere del cane, raffina la tecnica e racconta di un trauma subito da una bambina che vede il cadavere del nonno decapitato in giardino.
Dal misfatto parte un'indagine che per il lettore, anche smaliziato, può rappresentare un calvario: scatta la cesura. E una vera e propria sospensione della trama – sostituita da tratteggi psicologici dei personaggi che sono pennellate distratte e da ininfluenti scene di risulta – s'insinua sfuggente.
La domanda sorge spontanea a metà lettura: cosa ci si deve aspettare da una vicenda del genere abituati come siamo ad una logica narrativa che, soprattutto negli anni quaranta e cinquanta, imponeva addirittura delle ferree categorie?
La dolcezza della vita (titolo che, arrivati alla soluzione dell'enigma, nonostante tutto, assume una certa rilevanza) in realtà è un libro prescindibile. Si fa notare per questa inusuale cadenza – lo abbiamo detto, pare sia del tutto europea – e per un'atmosfera invernale ovattata dove la neve è una sorta di personaggio aggiuntivo.
Ma a questo punto ci si chiede davvero se la cesura adottata da Hochgatterer sia una necessità letteraria che poi pare condivisa anche da altri autori, o semplicemente un procedere di trama anche distratta e poco avvincente. Sorvoliamo: di una cosa siamo certi, il commissario Rex, tra un abbaiare ed un panino coi wurstel, con aplomb animalesco sapeva arrivare all'osso (ça va sans dire) della faccenda con più decisione.
(1) Paulus Hochgatterer
La dolcezza della vita
Giulio Perrone Editore
Pag.260 Euro 15,00
Innanzi tutto capiamoci sul vero senso da dare alla parola censura. Qui il tempo e le convenzioni sociali hanno impresso una svolta al suo significato. In genere per censura si intende (prendo dal vocabolario della lingua italiana Treccani): Esame, da parte dell'autorità pubblica (c.politica) o dell'autorità ecclesiastica, degli scritti o giornali da stamparsi, dei manifesti o avvisi da affiggere in pubblico,delle opere teatrali o pellicole da rappresentare e sim., che ha lo scopo di permettere o vietarne la pubblicazione, l'affissione o la rappresentazione, ecc., secondo che rispondano o no alle leggi o ad altre prescrizioni.
Ma quando la censura è preventiva? Cioè quando non è richiesta come esame ma è essa stessa strumento politico? Ecco che allora la sua definizione dal punto di vista psicanalitico è più consona (sempre dalla Treccani): ...funzione selettiva del Super-io che agisce sopprimendo o deformando elementi inaccettabili dell'inconscio...
E' sufficiente traslare il significato nella prassi quotidiana ed il gioco è fatto.
E a questo proposito, parlando di informazione, mi sono divertito a schematizzare la questione e a riportare qui un abbozzo che poi mi servirà anche per sviluppi ed agganci, forse non del tutto appropriati, ma credo comunque sfiziosi.
Dividerei il problema in tre parti:
Le notizie giustamente censurate. Sono quelle meno importanti, o meno pericolose (a seconda dei punti di vista), cioè quelle che non vengono riportate perché non aggiungono nulla alla definizione di un ragionamento, anzi proprio per il loro valore ambiguo, spesso la loro sottrazione è più risolutiva di una loro comparsa.
Facciamo un esempio: negli ultimi anni si sente sempre più spesso dire che l'AIDS non fa più notizia, il problema cioè viene sistematicamente censurato. Alcuni (una minoranza a dir la verità) sostengono che è un bene perché, quando lo si fa, avviene in modo sbagliato. E riportano l'annosa "questio" della percentuale di sieropositivi tra gli eterosessuali che, sempre a detta loro, sarebbe un falso scientifico.
E' un bene dunque che l'AIDS venga "purgato" se il contrario dovesse essere un elenco impreciso e non dettagliato (uso eufemismi) dei suoi principi? Qualcuno aggiunge che la sua scomparsa dalle prime notizie è ancor più indicativo del fatto che il problema non appartenendo ai più, dai più è ignorato (tendendo conto della precedente asserzione sul falso scientifico).
Le notizie semi-censurate. Sono quelle che è impossibile ignorare, ma che vengono riportate imbellettate per dovere di cronaca. Esempio: la recente assoluzione di Silvio Berlusconi al processo SME. Scrive Il giornale di Mario Giordano: La prima sezione penale del tribunale di Milano ha prosciolto oggi l'ex-premier Silvio Berlusconi, per intervenuta prescrizione, dall'accusa di falso in bilancio nello stralcio della vicenda Sme. Si tratta di un provvedimento annunciato poiché i fatti contestati risalivano al 1986-1989 e quindi già prescritti da tempo. Inoltre i fatti in questione non sono più previsti dalla legge come reato, dopo la modifica della normativa sul falso in bilancio. (...)L'avvocato del Cavaliere, Ghedini, ha affermato che questa sentenza è arrivata dopo sei anni di ritardo. Ora è evidente che, al di là dell'importanza "relativa"che è stata data alla notizia da quasi tutti i media, la titolazione, per quanto giuridicamente ineccepibile, nasconde il tranello: se invece dell'espressione "modifica della normativa sul falso in bilancio, avessero scritto: depenalizzazione del falso in bilancio, l'assoluzione del Cavaliere assumerebbe (e assume) un significato del tutto diverso. La censura, in questo caso, è subdolamente linguisticae politica.
Le notizie censurate. Faccio una domanda? Qualcuno di voi forse sa che lo Stato italiano è stato condannato a risarcire una nostra cittadina per i fatti del G8 di Genova? Riporto dal sito www.lastnight.com: La prima condanna nei confronti del Ministero dell'Interno per le illecite violenze dei poliziotti è arrivata nei giorni scorsi, a sei anni dal G8 genovese. E' infatti del 4 Maggio la decisione del giudice Angela Latella che presso il tribunale di Genova ha dato ragione a Marina Spaccini, pediatra cinquantenne di origine triestina, pacifista.
Alle due del pomeriggio del 20 luglio, era il 2001, venne pestata a sangue in via Assarotti. Partecipava alla manifestazione della Rete Lilliput, era tra quelli che alzava in alto le mani dipinte di bianco urlando: "Non violenza!". Gli agenti ed i loro superiori avrebbero raccontato che stavano dando la caccia ad un gruppo di Black Bloc, che c'era una gran confusione e qualcuno tirava contro di loro le molotov, che non era possibile distinguere tra "buoni" e "cattivi": bugie smascherate nel corso del processo, come sottolineato dal giudice.
Dal momento che quegli agenti, come in buona parte degli episodi legati al vertice, non sono stati identificati e sono spesso stati coperti da un pesante velo di omertà, Angela Latella ha deciso di condannare il Ministero dell'Interno.
Nessun mezzo di informazione nostrano ha riportato la notizia (pare nemmeno il Manifesto). Si tratta, evidentemente, di un grave fatto di censura, cioè di un'informazione di assoluto valore pubblico che, per ovvi motivi ideologico-politici, è stata ignorata.
Dunque questa suddivisione ci induce a pensare che la censura non è più un esame di un'autorità pubblica o religiosa su una proposta, ma è essa stessa strumento efficace e "contenente" di un potere politico.
Ultimamente è prassi consolidata "coprire", o come farebbe la funzione selettiva del Super-io, sopprimere o deformare la notizia presentandone un'altra di diversa natura. E all'uopo la cronaca nera è mezzo di straordinaria utilità. Nel senso che se si vuole ignorare un grave fatto politico lo si "copre" con uno di delinquenziale fascinazione. I casi di Cogne ed Erba, al di là della loro indubbia capacità attrattiva, spesso sono serviti a nascondere ben altre problematicità.
Curioso davvero perché, come dicevo all'inizio del pezzo sulla possibilità di agganci sfiziosi, questa "deriva" ha correlazioni con la letteratura poliziesca.
Nel senso che la "golden age" del giallo, tranne la rivoluzione "hard boiled" ha sempre operato per censura, mentre il noir contemporaneo, adottando una sincope, lavora per cesura.
Basti pensare a tutta la produzione di Agatha Christie: la regina del delitto raccontava le sue storie costruendo false piste, cioè, nascondendo le vere che portavano direttamente all'omicida. In genere tutto il poliziesco impostato sul coup de théâtre finale utilizzava la censura come tecnica narrativa.
Soluzioni differenti invece, negli ultimi anni, vengono adottate soprattutto dagli scrittori noir europei: quel che conta non è la trama, ma addirittura la sospensione di essa. Il che potrebbe apparire ai più un paradosso, specialmente per una letteratura che ha nello sviluppo della trama, nell'intreccio e in una suo logico finale un modus operandi quasi istituzionalizzato.
Esempio perfetto di cesura narrativa lo abbiamo riscontrato in Anatomia di un'indagine (Marsilio editore) di Leif GW Persson. Noir davvero inusuale con cambi di prospettiva continua che in qualche modo operano uno straniamento da parte del lettore, abituato a ben altre soluzioni. Si diceva nella recensione del libro: la prima parte del romanzo è segnata dall'investigazione dell'ispettore Bäckström. (...) Sembrerebbe lui la figura di punta del romanzo. Colui che alla fine metterà su un piatto d'argento il nome del responsabile della morte di una giovane che voleva fare la poliziotta. Macché. Dopo qualche centinaio di pagine Persson lo fa defilare. Nel senso che rigira la prospettiva e i protagonisti sono altri. Ad esempio l'investigatore Lewin, più riflessivo, più pacato, più anglosassone. Che ha qualche problemino con l'infanzia ed un sogno che diventa ben presto ossessione.
Macché, anche lui poi, tutto sommato, rientra nella marginalità. A sostituirlo due poliziotte, una più scafata, l'altra semi-verginella, pronte, dopo che un'indagine chiotta ha portato all'identificazione dell'assassino, senza particolari meriti individuali, a confrontarsi col carnefice di turno.
L'effetto straniante e di vera e propria interruzione è ancora più evidente e "totalizzante" ne La dolcezza della vita (Giulio Perrone Editore) dell'austriaco Paulus Hochgatterer. (1)
Ci mancavano pure gli austriaci. Finora c'eravamo accontentati delle indagine del commissario Rex, pastore tedesco (vero, non come Benedetto XVI) tanto amato dai bambini e dagli anziani.
Hochgatterer invece, psichiatra che si diletta col poliziesco, pur erede di genere del cane, raffina la tecnica e racconta di un trauma subito da una bambina che vede il cadavere del nonno decapitato in giardino.
Dal misfatto parte un'indagine che per il lettore, anche smaliziato, può rappresentare un calvario: scatta la cesura. E una vera e propria sospensione della trama – sostituita da tratteggi psicologici dei personaggi che sono pennellate distratte e da ininfluenti scene di risulta – s'insinua sfuggente.
La domanda sorge spontanea a metà lettura: cosa ci si deve aspettare da una vicenda del genere abituati come siamo ad una logica narrativa che, soprattutto negli anni quaranta e cinquanta, imponeva addirittura delle ferree categorie?
La dolcezza della vita (titolo che, arrivati alla soluzione dell'enigma, nonostante tutto, assume una certa rilevanza) in realtà è un libro prescindibile. Si fa notare per questa inusuale cadenza – lo abbiamo detto, pare sia del tutto europea – e per un'atmosfera invernale ovattata dove la neve è una sorta di personaggio aggiuntivo.
Ma a questo punto ci si chiede davvero se la cesura adottata da Hochgatterer sia una necessità letteraria che poi pare condivisa anche da altri autori, o semplicemente un procedere di trama anche distratta e poco avvincente. Sorvoliamo: di una cosa siamo certi, il commissario Rex, tra un abbaiare ed un panino coi wurstel, con aplomb animalesco sapeva arrivare all'osso (ça va sans dire) della faccenda con più decisione.
(1) Paulus Hochgatterer
La dolcezza della vita
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