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Alfredo Ronci

Le statistiche, l'imbecille eroe di Sean Penn e gli avventurieri di Jack London.

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Leggo sul volume ISTAT, redatto dall'Istituto Nazionale di Statistica, La vita quotidiana nel 2005, (1) il capitolo dedicato agli amici: Nel 2005, la quota di popolazione che vede gli amici tutti i giorni è pari al 25,1 per cento. Il 27,8 per cento della popolazione dichiara di frequentare gli amici più di una volta a settimana e il 19 per cento li vede una volta a settimana. Più contenute sono le quote di persone che frequentano gli amici meno spesso: qualche volta al mese il 15,2 per cento e qualche volta l'anno il 6,5 per cento. Decisamente minore è la percentuale di chi non incontra mai i propri amici (4 per cento) e quella di chi non ha amici (1,6 per cento).

A quest'ultima categoria deve appartenere senz'altro Christopher Mc Candless il protagonista del film di Sean Penn Into the wild, tratto dal romanzo di John Krakauer Nelle terre estreme (2).

Di buona famiglia, dopo aver ottenuto brillantemente una laurea, come un novello sanfrancesco, il ragazzo abbandona i suoi averi e quindi i suoi amici, ammettendo che li abbia mai avuti e la possibilità di una carriera, per soddisfare i suoi istinti da lupo solitario e rifugiarsi in Alaska. Qui troverà la morte perché non ha fatto i conti con la natura selvaggia.

Raccontata così, la trama può ricordare qualche filmetto di serie b magari arricchitto da sequenze-cartolina sulla natura incontaminata ed appunto selvaggia del "profondo nord". In parte lo è: il film di Penn, per quanto osannato dalla critica, l'ho trovato patinato (il famoso regista Robert Bresson diceva che un insieme di buone immagini può essere detestabile) e francamente irritante.

E la conversione del ragazzo da un'idea della felicità come momento di solitudine a quella della felicità come condivisione è la classica ciliegina sulla torta di un'operazione compensatrice e falsamente edificante.

E lui, il protagonista, il classico imbecille che solo dopo aver, con spirito alla santommaso, sbattuto letteralmente il grugno contro gli ostacoli insormontabili della vita, da essa sconfitto cambia registro ed opinione.

La morale che se ne trae è comunque semplice e di facile abbordaggio, condita di tematiche ambientaliste e precetti darwiniani: mai confrontarsi a cuor leggero con la Natura (è d'obbligo la maiuscola), perché per quanto detentori di un primato intellettivo, gli uomini sono destinati a soccombere quando le sue devastanti leggi incalzano.

Fin qui pace. Ma sorge una domanda spontanea: c'era bisogno di un film soporifero di due ore e mezza abbondanti per gridare ai quattro venti una verità tutto sommato davanti agli occhi di tutti (qualcuno nella vicenda del giovane Mc Candless, ma nel film di Penn, ci ha visto un messaggio metaforicamente anti-bushiano. Della serie: fatti un po' gli affari tuoi e non disturbare il can che dorme)?

La risposta è no: ma va fatta, come in ogni buona segnalazione che si rispetti, una controproposta. Al film è meglio preferire la riedizione di uno dei più bei racconti di Jack London: Preparare un fuoco - Mattioli Editore – (3). Al di là della bellezza della storia, il libro in questione ha la particolarità di presentare ben due versioni della stessa. La prima, datata 1902 ed una successiva del 1910.

Prima di verificare le differenze pochi cenni sulla trama.

Un giovane molto sicuro di sé, affronta le intemperie della natura selvaggia dello Yukon (sessanta gradi circa sotto zero!), per raggiungere "una vecchia concessione" dove lo stanno aspettando alcuni amici che sono sicuri di aver fatto il colpo (sono i tempi della corsa all'oro) e per la caccia alle alci.

Avendo inopinatamente messo un piede dentro una bolla d'acqua nascosta da un sottile strato di ghiaccio, per evitare il rapido congelamento degli arti, riesce, dopo varie peripezie, ad accendere un fuoco, a fermarsi, per poi ripartire e raggiungere la "missione". Pagherà lo scotto di aver affrontato da solo (torna il tema dell'individualismo affrontato anche nel film di Penn) il viaggio tra le nevi con una leggera zoppia e alcune tracce di congelamento.

Questo, per la verità, è quel che succede nella prima versione del racconto. La seconda offre una dinamica differente ed un finale più tragico. Nella sequenza delle revisioni, Jack London cambia addirittura nome al personaggio: nel primo caso si chiamava Tom Vincent, nel secondo Tom Collins. Del tutto diversa poi la sorte che tocca appunto al protagonista. Nel racconto del 1910 l'uomo, che non riuscirà ad alimentare il fuoco per una serie di vicissitudini, si lascerà morire tra le nevi dello Yukon.

Giustamente il curatore dell'antologia ci fa notare che tra il 1902 e il 1910, gli anni trascorsi tra le due stesure del racconto, Jack London subì una sorta di stravolgimento ideologico (la chiama "intrusione ideologica") avvicinandosi sempre di più alle correnti socialiste. E' da qui che forse si deve partire per valutare al meglio le differenze sostanziali tra le due stesure di Preparare un fuoco.

Da un protoambientalismo di carattere individualista quando la preoccupazione era quella di preservare e mantenere intatta una parte del paesaggio naturale per conservare simbolicamente l'Eden Americano, si passa ad una concezione dell'azione comune e cooperativistica. Il "Mai viaggiare da soli" il semplice avvertimento che si legge all'inizio del racconto del 1902, nel secondo diventa una vera e propria cartina di tornasole per la sopravvivenza del personaggio, ma anche un deciso e risoluto "marchio" ideologico dei futuri fondamenti londoniani.

Al di là delle differenze "temporali" il racconto, sia nella prima che nella seconda stesura, rimane un straordinario assaggio dell'arte (sì, le due storie sono brevi) dello scrittore americano, ancora da molti proditoriamente definito di "genere" (chissà quale genere). Un piccolo saggio della capacità di London di raccontare la tragedia e il dolore attraverso uno smisurato e sconfinato amore per i dettagli e per il mondo circostante.

Consigliato a chi pur paventando l'horror pleni dorflesiano, tra le due ore e mezza del film e la mezz'ora necessaria per leggere Prepare un fuoco, propenda per la seconda opzione perché, comunque, al di là del tempo perduto, come diceva il tardo latino, meglio evitare di miscere diversa brodia (non c'è bisogno di traduzione).











(1)Sistema Statistico Nazionale. Istituto Nazionale di Statistica. Settore Famiglia e Società. La vita quotidiana nel 2005. Indagine multiscopo sulle famiglie. "Aspetti della vita quotidiana" Anno2005. ISTAT

(2)John Krakauer – Nelle terre estreme – SuperBur Rizzoli – 1999

(3)Jack London - Preparare un fuoco – Mattioli Editore – Pag. 92 Euro 9,00





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