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ATTUALITA'

Alfredo Ronci

Lo Strega ai tempi di Wikipedia. E cazzotti alle gengive.

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Leggo sul blog di Beppe Grillo il 17 marzo 2009: La crisi è piena di buone notizie. Una tra le migliori è la fine dei giornali. Il 30/40% della pubblicità li ha abbandonati da inizio anno. I lettori sono sempre più rari. I dati ufficiosi stimano tra il 10 e il 20% in meno le copie vendute nell'ultimo anno per molte testate. Rimane la carità del Governo e molti editori sono con il cappello in mano nelle sale d'aspetto a Palazzo Chigi. Per vivere grazie alle nostre tasse.

La discesa dei titoli dei gruppi editoriali è da infarto per chi li possiede. Nei primi due mesi e mezzo del 2009 Rizzoli Corriere della Sera ha perso il 43%, Mondadori il 33% e il Gruppo L'Espresso il 42%.


Sinceramente di questa notizia sono molto contento: i quotidiani fanno pena, razzolano nel torbido per poter vendere qualche copia in più, e sono allineati alla perfezione nella coazione a ripetere di falsità a volte anche imbarazzanti.

Credo, al di là di tutti le questioni politiche, che l'impopolarità dei giornali dipenda anche dalla cattiva qualità degli articoli, cioè della loro modesta 'letterarietà' (lo so, qualcuno a questa mia affermazione sghignazzerà tacciandomi di essere ingenuo: ma che vuoi che importi all'italiano medio una buona lingua quando lo sport preferito è quello del rimestar nella merda dell'agone politico e delle propaggini malsane del potere mafioso clientelare?).

Purtroppo è modesta la qualità della scrittura perché è modesto e penoso il modo in cui si vuole, in questo paese, ragionar e propagandar di letteratura: il 'criticume' di regime, ormai avvezzo ad autocelebrarsi per poter sopravvivere a se stesso, innalza sugli altari della parola ossequiosi (e come potrebbe essere diversamente in un clima di regime) scribacchini dall'animo giovanilista sciupati da una vita magari vissuta, magari svissuta: macché, come direbbe il nostro Di Mino, dove non è mai successo un cazzo ('cazzo' l'ho aggiunto io perché si sa che il Di Mino è di animo gentile, io no).

E i frutti si vedono: le librerie sono invase da montagne di libri inutili e lordi e la sozzura invade il circostante. Hai voglia poi a predicare il verbo della parola scritta con avvenimenti, occasioni, fiere, eventi e venti di guerra: non vale qui il principio meteorologico per cui se una farfalla sbatte le ali a Tokio produce tempesta a Zagarolo. Al massimo, nell'ambiente letterario, se in un salotto à la page si disquisisce di poetica, il risultato è una scorreggetta nel cesso di Filippo La Porta e Loredana Lipperini.

E a proposito di eventi, Riccardo Chiaberge, sull'inserto domenicale dei libri de Il sole 24 ore, si chiede se non sia il caso di una moratoria dei premi letterari. Prendendo spunto dalle note vicende che hanno coinvolto Giuliano Soria e il Premio Grinzane Cavour, l'estensore puntualizza: Due anni fa la bagarre del Viareggio (a proposito, che ne è stato?) adesso lo scandalo del Grinzane, mentre intorno allo Strega tornano a volare accuse e contumelie. Sono questioni diverse, che non vanno messe sullo stesso piano. Ma forse è il momento di fare un po' di chiarezza. Daniele Del Giudice, uno scrittore che abbiamo sempre stimato, viene indicato come il prossimo vincitore dello Strega. Nel 1997 aveva fatto scalpore rifiutando il Campiello, dove era stato inserito in cinquina contro la sua volontà. Perché non rinnova oggi quel gran rifiuto? Perché non chiede (e noi con lui) una moratoria di un anno dei premi letterari?

Mi chiedo: ha ragione il Chiaberge a chiedere la moratoria, ma perché di un anno? Perché non chiudere definitivamente una pagliacciata clientelare che, se fosse vera questa storia di Del Giudice (e sul suo libro ci torniamo sopra), mostrerebbe che anche il controllo editoriale è essenzialmente nelle mani di un'unica persona?

Ma ahimé il giornalista de Il sole lanciando il sasso nasconde la mano: perché il problema, come si diceva prima, è sì anche politico, ma soprattutto di qualità della mano d'opera. Qui non si tratta di chiudere i premi letterari perché sono una farsa ed una combine, vanno chiusi perché non rappresentano per nulla la buona narrativa.

Avete per caso letto l'ultimo romanzo di Del Giudice (1) che sembrerebbe, appunto, già insignito del palmares più beone del panorama nazionale? Io purtroppo sì: perché non contento di subìre gli affronti di una critica marchettara, con spirito chiaramente masochista m'infliggo lo strazio di leggerne anche le indicazioni di parte.

Della serie: la letteratura ai tempi di Wikipedia. Un assoluto scollamento dalla realtà, un freddo elenco di nozioni senza uno animus convincente (altro che il ciceroniano 'facete et commode dicere'... dar saggio di bello spirito), una noiosa e falsamente intellettuale nenia con velleità letteraria. In poche parole: una rottura di cazzo e sfido qualsiasi lettore (mi chiedo quanti) a dirmi che è arrivato alla fine senza squarciarsi la bocca di sbadigli e senza essersi fatto una pera o una sniffata per recuperare un pizzico di significato nell'opprimente senso frustrante dell'inutilità della vita.

Prendo a caso: Già nel 1970 il presidente Nixon aveva fatto sapere che un governo Allende non sarebbe mai stato accettato dagli americani, e aveva ordinato alla Cia di versare dieci milioni di dollari per combattere Salvador Allende e destabilizzare il suo governo. La morte del presidente Allende riverberò in Italia. Enrico Berlinguer, segretario del Partito comunista italiano, applicò una nuova politica chiamata 'compromesso storico', che intendeva mettere al riparo la democrazia italiana dai pericoli di involuzione autoritaria che avevano portato al golpe cileno.

Ora passi che un riassunto del genere mi venga da un alunno di terza media, al massimo seconda liceo (troppo ottimista sono: i ragazzi di oggi che vuoi che sappiano di Pinochet e della politica imperialista degli USA?), o che mi venga da persona che conosce per sommi capi la storia degli ultimi quarant'anni, ma è lecito aspettarselo, in quella forma, da un candidato allo Strega (e m'hai detto cazzi!)?

Il resto è così, se non peggio: con la scusa di un viaggio in Antartide che è nello stesso tempo fisico ed intimo (e riporto, sempre per correttezza, il risvolto di copertina): Daniele Del Giudice ripercorre i taccuini di quelle coraggiose spedizioni altrimenti sconosciute ai più, con naufragi, navi imprigionate mesi e mesi tra i ghiacci, equipaggi indomiti, marinai sull'orlo della disperazione o annientati dalla follia: sono gli ultimi veri racconti d'avventura, che hanno fissato il mito e la memoria di questa Terra Incognita.

In realtà una vera transumanza di acido lattico, in questa parvenza – e dico parvenza – conradiana, con spunti quarkiani (cosa c'è di più interessante che cogliere la differenza tra pinguini Adelie e pinguini Gentoo?) e se proprio vogliamo prenderci per i fondelli, londoniani.

Basta! Si è superato il limite. Ma plaudo ad Einaudi che in un breve tempo ha pubblicato due tra i più brutti romanzi dell'anno: perché giustizia sia fatta e non passi nel dimenticatoio ricordiamo anche l'altro esiziale capolavoro di narrativa contemporanea La separazione del maschio di Francesco Piccolo, summa dell'ars amatoria di uno sfigato appassionato di culi di donne (lo stesso autore che tempo fa 'partorì' per i tipi di Minimum Fax Scrivere è un tic. Mi auguro che sia arrivato anche al 'tac' scopandosi la Huntziger altrimenti è stata tutta fiatella sprecata!).

Ma c'è invece chi ai culi preferisce la figa: Christian Frascella, nel suo raccomandatissimo romanzo, targato Fazi, Mia sorella è una foca monaca scrive: I ragazzi mi invidiavano, temendomi. Le ragazze mi desideravano, volevano la mia asta di marmo piantata nella loro umida intimità, su e giù, io dentro di loro, amante selvaggio e infaticabile, senza possibilità di tregua. Tutto questo grazie a quello stronzetto di Schwarzy. Entrò la professoressa di matematica. Bella donna sulla quarantina. Labbra carnose. Prima ancora di sedersi, mi cercò con lo sguardo, trovandomi. Mi osservò per un attimo. Capii che avrei potuto farmela, se solo avessi voluto. Io sopra di lei, mentre spingevo col bacino e mordevo le sue labbra fino a farle sanguinare...

Pertinente direi con questi tempi di stupri.

Capisco che invitare i lettori a scendere in piazza per protestare contro tali scempi letterari sia eccessivo in un momento come questo dove la piazza è giustamente occupata (tranne quando i poliziotti manganellano e i politici s'inventano divieti) da ben altre incombenze.

Allora facciamo così: niente piazza, ma se dovessimo incontrare certi scrittori in qualche occasione mondana (eccome se ce n'è) prendiamoli a cazzotti sulle gengive e sui denti. Forse non serve a fermar loro le mani per scrivere, ma quando s'apprestano a lordare i fogli immacolati forse l'idea dei costi spropositati dei dentisti spero porti loro consigli più miti.







1 – Daniele Del Giudice – Orizzonte mobile – Einaudi – 2009.





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