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Il Paradiso degli Orchi
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ATTUALITA'

Alfredo Ronci

Lo scrittore cinquantenne è come il dinosauro: c'è ma non esiste.

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In questi giorni di festa c'è in giro per Roma un curioso manifesto: si promuove uno spettacolo, destinato soprattutto ai bimbi, dove si pubblicizza l'esistenza dei dinosauri e quindi una loro reale apparizione. Si tratta, ovvio, di una boutade, ma la curiosità dell'evento mi ha indotto ad una sorta di relazione con la situazione dello scrittore 'tardo'.

Per tardo intendo un 'intellettuale' sui cinquanta, che ne ha viste di tutti i colori, ma per una successione ininterrotta di ostacoli ed incomunicabilità si trova ad essere incompreso e non pubblicato (ogni riferimento a persone conosciute è del tutto casuale).

Assomiglia questo scrittore al dinosauro di cui sopra: è virtualmente esistente, ma la verità 'scientifica' lo inchioda ad una non vita.

La recente mostra della piccola e media editoria, svoltasi a Roma nella solita e suggestiva cornice, mi ha confermato questa giustezza ontologica: il piccolo e medio editore è convinto dell'unica individualità esistente, quella giovanile, il resto o è classicità o è la morte (anzi, non vita).

Ignora però (sempre il piccolo e medio editore) che nel nostro paese la classicità intellettuale non è coltivata come in altri paesi – vedi la Francia, patria di grandi e fetecchiosi classici scrittori – e che se se ne fa lustro o perché non si può fare altrimenti, visti i richiami generazionali (leggi: Tondelli), o perché costretti dagli eventi commerciali (leggi: il Meridiano dedicato a Camilleri, ma au contraire Mondadori ha sempre ignorato Bianciardi che se non ci fosse stato l'antimeridiano ISBN sarebbe già 'morto' prematuramente) o perché colti, nell'imprevedibilità, dal gorgo della Storia riciclata (leggi: lo sfascista Pennacchi).

Riassumiamo: l'editoria nostrana punta sullo scrittore giovane, perché quello 'tardo' non può esprimersi perché è come il dinosauro, c'è ma non esiste, e sul nome 'classico' che ha appeal presso un pubblico giovanile (leggi: il sempieterno Pasolini, Paris, e qualche melmoso nome dell'interminabile genia americana che, come i cadaveri, ogni tanto fuoriesce dalle acque del Mississipi o dell'Hudson).

Sull'inserto 'La lettura' del quotidiano Il corriere della sera, in data 18 dicembre, riporto questo curioso estratto preso dall'articolo 'La generazione X ha 50 anni', di Tommaso Pellizzari: Celebrando 50 anni di quella di Douglas Coupland, alla Generazione X viene l'improvviso sospetto di essere già quasi vecchia, senza essersi potuta godere granché i suoi anni verdi (...). Il che spiega una volte per tutte perché uno scrittore nato nel 1961 possa assomigliare (e parlare) molto di più a un sedicenne indignato di oggi che a un qualsiasi ex sessantottino o baby boomer nato alla fine degli anni '50.

Riassumo di nuovo prendendomi come punto di riferimento (sì, sono un ex baby boomer e sono nato alla fine degli anni cinquanta e sono uno scrittore):

a. L'editore non mi vuole perché non sono giovane

b. L'editore non mi vuole perché non sono un classico

c. L'editore non mi vuole nemmeno come referente indignato perché a indignarsi pare debbano essere comunque i giovani

d. L'editore non mi vuole a priori

Siccome ritengo, come diceva il buon Carmelo Bene, che il genio non vuole essere disturbato, essendo un genio ancorché incompreso, cerco spazio altrove (come, in questo caso, esponente dello scrittore 'tardo) ed esprimo il mio totale disprezzo per gli editori tutti, che hanno il coraggio e la lungimiranza di una lucciola spenta.

Spesso ci si lamenta che i grandi gruppi editoriali, Mondadori e Feltrinelli in primis, rubano lo spazio ai poveri cristi degli editori medio/piccoli, soffocandoli. Mi verrebbe da dire che fanno bene: nella merda quest'ultimi dovrebbero estinguersi.

Ma tutto questo sarà politicamente scorretto?







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