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Il Paradiso degli Orchi
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ATTUALITA'

Gianfranco Franchi

Morgan: in parte M in parte X

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Per me essere Bluvertigo significa essere anarchici, caotici, capaci di 'delirio controllato'. Non a caso mi piacciono i situazionisti e la loro capacità di rendere efficace un'azione smontando le regole, sovvertendole con situazioni totalmente decontestualizzate (Morgan, pag. 53)

Libro-intervista curato da Mauro Garofalo, letterato romano classe 1974, In parte Morgan è nato da incontri imprevedibili (conversazioni notturne; rincorse nei camerini) tra lo scrittore e il musicista padre dei Bluvertigo, Marco Castoldi detto Morgan.Garofalo la sente come "insolita e schizofrenica conversazione a tre": Morgan, scrive, sembra un "personaggio spontaneo, complesso ma semplice, a tratti persino tragico", mentre Marco Castoldi è un musicista "preparato, diretto, competente".

Morgan sognava che questo libro fosse come Vita di Carmelo Bene di Giancarlo Dotto, o Tecnica mista su tappeto di Franco Battiato: voleva mescolare letteratura, politica, matematica, musica, filosofia. Appassionato dalla forma breve, interessato alla sua finitezza, senza dubbio avrà apprezzato l'esito: circa 160 pagine, intervallate da immagini in bianco e nero, assemblate con (im)pazienza tra uno strappo e l'altro: frammenti di poetica, di visioni del mondo, di messinscene giovanili; di primitivo (originario) culto della personalità.

L'impatto, su un vecchio ascoltatore dei Bluvertigo che aveva, man mano, perduto le tracce del loro frontman, è inatteso e piacevole; sfogliando, tornano in mente le canzoni che ascoltavo più o meno dieci anni fa, i Cd singoli con le cover dei Depeche e di Bowie, e un raro lento stupendo che si chiamava, credo, Spazi illimiti; una mia amica pittrice e il suo disegno di Morgan, "Fuori dal tempo" inno dei miei Tre Giorni (ripetuti l'anno successivo: "fragilità"), le perplessità per la carriera di Morgan solista e il buio pesto che avvolge la sua partecipazione a un popolare programma televisivo, qualche mese fa: ostile come sono al tubo catodico, ne ho solo sentito parlare. Nel libro Morgan ha raccontato qualcosa di quell'esperienza, ma onestamente non ne sentivo il bisogno e non ne avevo nemmeno curiosità. Mi fa piacere saperlo sopravvissuto a quel serraglio. Morgan, nel mio immaginario, resta quel musicista che ibridava Bowie e i Depeche, giocava con l'elettronica e il pop e incideva, con la sua band, dischi di buona personalità: scrivendo testi intelligenti e divertenti, con distacco e sarcasmo alla Battiato. Spero torni sui suoi primi, promettenti passi; siamo cresciuti tutti, forse adesso si gioca a un gioco differente, non so.

Torniamo al libro. Cosa mi è rimasto? Parecchio. In allegro disordine: Morgan ha il culto di Bach (il musicista più elettronico e contemporaneo), considerato creatore della musica perfetta (pag. 22) e suggerisce un viatico alla comprensione della sua arte: Godel, Escher, Bach: un'eterna ghirlanda brillante di Douglas Hofstadter. Assieme, reputa genio e simbolo del Novecento Bruno Munari (si è fatto beffe della specializzazione e ha creato così oggetti bellissimi e funzionali, pag. 25), l'ultimo dei suoi adorati Futuristi, nemico del lusso. Poeta preferito, Tristan Corbière.

Non crede esistano star, crede esistano persone. Una rockstar, spiega (pag. 57), è chiunque viva per un'idea e muoia per questa. È chi si dedica a quest'idea senza compromessi, senza vendersi. Come i poeti maudit.

È cosciente che il successo mediatico recente potrà essere una bolla di sapone, e intanto dovrà impegnarsi per restare se stesso, per divertirsi. Per tornare a nuotare nel magma dell'esperimento Bluvertigo: per ritrovare la crisi, il "punto di catastrofe" che darà vita a materia nuova.

Simpatizza per l'anarchia (pag. 88, con tanto di retroscena sul primo titolo del disco Da A ad A), ha interiorizzato la lezione di Orwell e di Bradbury, di Leo Ferré e Antonio Virgilio Savona (Quartetto Cetra); riconosce che alla poesia non piace il Potere, e al Potere non piace la poesia, perché la sente pericolosa.

Morgan (uno che "suona il piano", non un pianista, rivendica) racconta da dove viene (buona risposta: un appartamento al sesto piano di un condominio in mattoni rossi, stile razionalista, speculazione edilizia anni Sessanta), delle prime influenze musicali (paterne: da Ummagumma dei Pink Floyd a Dizzy Gillespie, fino a Kraftwerk e Talking Heads) (materne: David Bowie e Boccherini, Elvis e Chopin; la signora suonava il piano), dell'infanzia (musica, non giocattoli: la musica come giocattolo), del suo stato odierno (vive appieno, sbranando sé stesso e la sua vita, come insegna Rosaria Lo Russo).

Preferisce Iggy & The Stooges ai loro epigoni Sex Pistols; amava Japan, Jam, Devo, Liquid Liquid, Ultravox; sogna di scrivere un pezzo (attualmente perduto in un hard disk) che abbia le voci di Pasolini, Saba, Ungaretti, Pound, Bene, Calvino, Moravia e Buzzati: si chiamerà "Ob-sex-ionized", con riferimento al momento in cui i fiori si capovolgono ("obcordazione").

È cosciente d'essere percepito, nell'ambiente musicale mainstream, come "un anarchico radicale intellettualoide, sofisticato e tossicofilo", e nell'ambiente alternativo come "commerciale, pop e banalmente televisivo": è felice di questa indefinibilità.

Racconta delle esperienze da "disanimatore turistico", a Bastia, a suonare Chopin e Lou Reed nei villaggi, e dell'incontro col còrso Dominique Degli Esposti (è la creatività costante e naturale al servizio della bellezza, il Michelangelo di oggi), che insegna a Morgan come la vita sia una cosa che sta dentro all'opera d'arte. Non a caso, la quarta di copertina del libro è una sua creazione.

C'è molto altro, in questo intelligente libro scritto a quattro mani: i musicisti perderanno la testa – infuriandosi o annuendo – dietro alle riflessioni sul significato dell'armonia e della creazione "visiva" della musica, gli spettatori di X Factor si godranno più di un robusto dietro le quinte, le fan ammireranno le foto e l'intelligenza caotica e viva dell'artista lombardo. Io partivo col pregiudizio positivo e negativo del vecchio fan – uno di quelli che adesso sospetta che sia diventato "commerciale e televisivo" - e mi sono ritrovato a recriminare sui mancati acquisti dei suoi Cd da solista.

Mauro Garofalo spezza le interviste – a volte i due sembrano scambiarsi i ruoli, soprattutto col passare del tempo: buona trovata, disorientante – con il racconto dei viaggi alla volta di casa Morgan, migliorando la credibilità dell'opera; più di un lettore si identificherà con il narratore, e ricostruirà assieme a lui le stanze e le strade che diedero linfa ai Bluvertigo.

Vi lascio con le parole del Garofalo, tratte dal suo sito ufficiale: IN pARTE MORGAN è la sintesi di un'intervista durata un anno. Mi sono divertito in questo percorso insieme. L'incontro in 'doppia persona' con Marco Castoldi e Morgan (sito) è stata una rincorsa continua contro il tempo, ad aspettare e vivere i mondi imprevedibili di uno dei musicisti più interessanti della scena sonora italiana, ma non solo. Non è stato facile per nessuno, né per me, né per Marco né per Morgan! Alla fine ce l'abbiamo fatta, anche se per poco, anche se all'ultimo secondo dell'ultimo giorno utile per andare in stampa. Il ritardo cronico di marcomorgan. Un anno non è poco, e i progetti raccontano un percorso tra i possibili, un momento tra i probabili. Non so se ci siamo mai fermati a stringerci la mano e dirci, bene... (...) In questo libro ci sono immagini, testi ancora inediti, il prossimo progetto musicale di Morgan. Si dibatte sulla Società dello spettacolo, la media-macchina. Si parla di TV, della schizofrenia del personaggio mediatico; di fumetti e alter ego; della scelta tecnica/estetica del suono; della poesia come rivoluzione; dell'anarchia come sovvertimento alle regole, come i diavoli di Bulgakov... Se vi capita, insomma, buona lettura...



Marco 'Morgan' Castoldi/Mauro Garofalo - In pArte Morgan - Eleuthera





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