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ATTUALITA'

Marco Lanzòl

Pasolini è morto per davvero

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Premessa: citando un testo, si prende una frase, un rigo appena, non il libro o l'articolo. Così, se ne può alterare il senso. O conservarlo - quindi, il membro escisso mantiene le caratteristiche del corpo, lo rappresenta - il documentario, sebbene montato, rimanda la realtà.

E due negazioni affermano: per riportare al reale un testo, bisogna alterarne l'irrealtà, deformarne la deformazione. I manieristi traducono Michelangelo, e lo tradiscono (ma è già parodia, falso accosto al vero per risaltarne le menzogne?).



Pasolini - giovane, ignoto, dialettale, autore a sue spese in tempo di guerra - pubblica delle poesie. E chi lo va a recensire? Contini. E' solo l'inizio: rari saranno gli intellettuali, i politici, insino i prolet mittenti delle lettere alle riviste, che non lo calcolano. Lo si nota, apprezza, giudica, contraddice, corregge, ammira, detesta. Se ebbe la convinzione di essere destinato a un pubblico, non delirava - e sin da studentello vi fu il pubblico delle sue scuole e academiute. Uno così, non straparla: sa cosa può dire, come, a chi, quando.

Oltre: nelle sue opere si affollano riferimenti, prestiti, v(i)ols, calchi, suggestioni, da appartenenti alle più disparate e disperate arti e tendenze - Auerbach, Spitzer, Freud, Proust, Longhi, Gramsci, Contini, Barthes, e via. Fu dunque sensibile indicatore - e Bignami - dei vizi, vezzi, detti e contraddetti del suo passato e presente letterario. E ancora: esaminando la struttura - sgangherata, tirata via, insoddisfacente, non risolta, sciatta, con errori da matita blu - dei suoi testi, interessa perché brulica di germi, uova di serpe, di corsi, ricorsi, intrecci, fìsime, papaveri e papere, del tempo nostro - dal testo di piacere al postmoderno. Per quanto pecione, il Pas sapeva dove mettere le mani.

Si evince che il Nostro - seguace, medium e avversario d'un' epoca - fesso non era. Difatti, le sue trippe letterarie, sviscerate alquanto, dànno luogo, con pezze d'appoggio e buone ragioni tecniche, a pensamenti e ripensamenti raffinatissimi. Liquali sono nel libro di Tricomi, e che ho condensato nel biunivoco Pasolini avanguardista - artiere d'opere in cui il conflitto delle lingue e degli stili, e la seguente sordina o scomparsa dell'autore interprete privilegiato, richiedono la collaborazione fattiva del fruitore per venir concluse - e però Vate - il cui "montaggio" stringente dei materiali e i continui indirizzi guidano il lettore verso il senso esclusivo deciso dall'Autore.

Tutto va ben, madama la marchesa: ma al sottoscritto zoticone 'sto dispiego di raffineria invoglia a tornare a una frase nuda e cruda e col pisello di fuori del PPP su Ragazzi di vita: intendevo proprio presentare con perfetto verismo una delle zone più desolate di Roma. (2)

Orsù! Ancoriamo il testo a qualcosa di estrinseco dalla letteratura, per suggerire un'uscita dalla dicotomia, insinuando che a Pasolini interesserà solo e sempre questo primo, fondamentale livello - pazienza se lo manca, se non riesce a penetrarlo. E che si vorrà servire delle scienze umane, sociali, e critiche, come maniere per stare sulla linea del fuoco mantenendo audientes, e parlar paterno, per venir inteso (lui adulto, mai!) dalla società dei padri, la borghese (va all'Eur, non in borgata - la casa è segno,symbol).

Entrismo, dunque: l'Autore non abbandonerà mai il contatto con i lumpenpiskelli - non coi carùcci di buona famiglia. Volendoli e basta, l'avrebbe scopati, poi parlando di romanzi, cataloghi, mariecàllase, aristochecche. Invece, erige alle lenzette un monumento belliano con il corpo dell'opera: non rinuncia a illustrare i loro corpi nemmeno se divengono salaud, cosa del Palazzo, compiaciute svuotate parole d'una lingua non loro - e saranno le performances corpi a corpi, cifrati ma pubblici rapporti omo? (Non rinuncia ad amare i ragazzi perché non rinuncia a dirli. E viceversa: hanno senso perché sensuali, vengono dal sesso e (via percezione) dalla realtà).

Sapendo i de vita pieni di un senso mai significato perché quest'è, come la Storia e le storie, possesso borghese, Pasolini si fa demone mediatore, e abbraccia ogni teoria, palatabile ai burgravi, che strappi i gamines all'indicibile, che li faccia entrare nel discorso. Egli è il traduttore della lingua della realtà nella lingua (trionfante) della Unreal city, del Potere. Ma quest'azione (praxis) è un cavallo di (figli di) Troia: come il Miles plautino si fa Vantone, Jago e Otello marionette, gli strascinati americani di Trash (Paul Morrissey) napoletaneschi, come in Medea Pisa traduce e (tr)adisce Corinto, e i pappa di Accattone son ripresi come i gentiluomini capovolti di Salò, ogni rito e mito significante della Langue di Lorsignori viene riveduto e corrotto sicché si pieghi e piaghi al Cazzo-Segno-Realtà-Tesi-Dio-Rivoluzione-Tetis dei prolettìni.

E' quando la borghesia esce dalla fase di latenza, e mostra (femminile di mostro) di alieneare il cazzo in Fallo (Ida Magli); quando la borghe-lingua cambia per non cambiare, omologando (nuove questioni, tv, scuola) e omologandosi (ragazzo di sinistra o povero indistinto da uno del fascio e abbiente - e il frocio sì, ma perbene), Pasolini è tradito - e traditore, avendo contribuito a (stra)volgere la poesia proletaria nella prosa borghese, sia pure per squassarla, per contaminarla, per violarne le forme ibridandole, con violupté. E non potrà più essere compreso. Compreso: cioè abbracciato dai corpi di cui cercava il senso. C'è chi dice che abbia sceneggiato la sua fine, vicariandola a loro. Forse dimentica che Pasolini è morto per davvero.

E a noi? Non rimane che ricomiciare - a vivere, a scriverne?













1) A. Tricomi, Pasolini: gesto e maniera, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2005;

in F.Grattarola, Pasolini una vita violentata, Coniglio editore, Roma 2005, p. 31.



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