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ATTUALITA'

Marco Lanzòl

Peggio dei tedeschi!! La giornata della memoria e la memoria di "Italiani, brava gente?"(1)

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Tra le feste e festicciuole diciamo civili istituite di recente, ci sarebbe il "giorno della memoria", per rammentare che gli yugoslavi ammazzarono gli italiani, buttandoli nelle foibe. Perché gli italici son scordarèlli: e inclinano ad avere memoria parziale di lor medesmi - e positiva, gentile, bonaria. In terza media incontrai sull'antologia La bussola il racconto d'un fante del regio esercito che dà la sua pagnotta a bimbi mocciosi affamati e piedizozzi. Un giandarme tedesco con un ceffone sbatte il pane nel fango. Il milite gli salta in collo, e lo sgromma di sangue a testate. Adulto (mai!) rinvenni il brano in un bel libro di Gian Carlo Fusco (2) - sceneggiatore (quasi) di Italiani, brava gente. (3) E' il paradigma, il "tipico" lukácsiano, dell'homo italicus - tutto "cara e buona imagine paterna", "uomini, non caporali", "volémose bbene", e pure nei momenti più cupi umano, troppo umano. Beh, avendo in mente questa figura, risulta assai difficile capire come mai gli yugoslavi (i greci, i francesi, gli inglesi, i sovietici, gli americani, etc. fino agli iracheni) ce l'avessero (ce l'hanno!) tanto con noi - noi! Quelli che dànno le pagnotte (le caramelle no, pare brutto) ai bambini!

Poi uno legge Del Boca. E si rende conto che, tra il '41 e il '43, gli italiani che occupavano la Slovenia fecero trentamila morti (sono peggio dei tedeschi, mormoravano di noi. E dico!!!): bruciando villaggi, torturando (si ammazza troppo poco!), rinchiudendo gli slavi in campi di sterminio come Arbe - mortalità media 19% : ad Auschwitz, 15%. E viene a sapere che l'Italia, dopo il conflitto, non ebbe la sua Norimberga, né poté né volle - salvo eccezioni - chiedere tribunali per i crimini di guerra nazisti compiuti sul suo territorio, per insabbiare la memoria dei propri reati di abuso e strage. Quali: il sistema concentrazionario libico; il maramaldo uso di armi chimiche proibite dalle leggi internazionali - e perfino inutili, data la disparità di forze in campo; gli eccidi coloniali (vergognosissimo quello di Debrà Libanòs, contro una comunità di sacerdoti copti - dunque cristiani - e i loro seminaristi adolescenti); l'onta della persecuzione del popolo ebraico - la patria del Signore dispersa e sofferente (don Milani). E il disonore inflitto alla patria madre civile da chi oggi si presenta come suo difensore, (4) e che nel luglio '43 non ebbe il verso di difendere quell'ometto nero che a una generazione insegnarono a venerare come un dio - poveri piccoli ingannati (alcuni di loro, come alcuni di ora), morti imberbi per l'untume fascio. Rispuntato, dopo la preparata completa rovina che un re imbelle realizzò, per lustrare gli stivali al tedesco lurco, e a parargli il sacco mentre depredava la nazione.

E ora, gli eredi di tali mammalucchi si fanno maestri. Starnazzano di "onore" e di "patria", fiancheggiati dagli ilòti proni a ogni padrone - l'ultimo esaltato siccome "ci ha liberati" (piantando le bandiere sulla montagna dei diciassette milioni di sovietici caduti per resistere all' ogro nazista e al pezzente arrembaggio italo-rumen-magiaro), senza dire che sì, ci liberò, ma da loro e dalla loro tragifarsesca genìa. Che si fa bella con la vita degli italiani morti sui più diversi fronti, e rivendica chissà quale memoria artatamente nascosta. Ma dimentica che li mandò a morire con le scarpe di cartone, i carrarmati di latta, gli aerei di tela e le navi non dico senza radar, ma senza carburante - quella prima divisione nella notte resa immortale dal genio di Gadda: meglio gioventù immolata, prima che alle bordate della Valiant, al nulla fascista. Dimentica le stragi, per le quali pretende di non pagare pegno nemmeno alla storia, falsandola. Dimentica - e infama - gli italiani veri, che pagarono alla patria autentica, non dell'imbecille retorica, il prezzo più alto, le giovani vite piene di promesse; e ne giudica gli errori, come se ne avesse il diritto. Dimentica, ricordando gli uccisi che patì dopo la fine delle ostilità, d'ammettere che quei morti da vivi cancellarono (per vent'anni!) ogni legge e legittimità umana, civile, sociale e divina - e dunque, a cosa potevano appellarsi per la salvezza?

Dimenticano tutto. E istituiscono "giorni della memoria". Ma, per una fortuna che non ci meritiamo, ci sono i Del Boca a rimettere le cose e le coscienze a posto.













1) Angelo Del Boca, Italiani, brava gente?, Neri Pozza, Vicenza 2006(3).

2) La lunga marcia, Sellerio, Palermo 2004;

3) (Italia, 1964) Regia di Giuseppe De Sanctis. Con Riccardo Cucciolla, Raffaele Pisu, Tatiana Samojlova, Andrea Checchi, Arthur Kennedy e Peter Falk (sì! Il tenente Colombo!);

4) Nel mio quartiere romano, nell'estate 2005, questi o similari ebbero l'improntitudine di attaccare dei manifesti con l'immagine di un "marò" della decima mas, e scritte vaneggianti la "difesa" dell'onore e della patria. Mi dicono inoltre che a Nassiriya siano state appese ai muri del presidio italiano bandiere saloìne. Un tale, per far risaltare chissà quale eroismo, si chiedeva perché mai. Ebbene, me lo chiedo anch'io!



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