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Il Paradiso degli Orchi
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ATTUALITA'

Adriano Angelini Sut

Piccola tenera Amy. Nel desolante panorama di cloni industriali spiccavi come fiammella di genio e maledetta purezza.

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Certo a vederla sul palco dell'ITunes festival lo scorso 20 luglio duettare con Dionne Broomfield non sembrava una ragazza in preda alla disperazione. Il palco, a volte, camuffa, più di una maschera. Non aveva camuffato nulla però a Belgrado, due giorni prima (http://www.youtube.com/watch?v=ttJg8901qAU), quando Amy si era esibita in evidente stato di alterazione mentale (come dicono quelli bravi), ubriaca, strafatta, piangeva, si fermava. E il pubblico, carnefice balordo, branco di inetti senza talento, a beccarla, a massacrarla di fischi. Lei, il più grande talento musicale forse degli ultimi vent'anni, sicuramente del nuovo millennio. Lei, caduta dentro la maledizione del numero 27. Gli anni, come quelli in cui sono morti Brian Jones, Janis Joplin, Kurt Cobain, Jim Morrison. A proposito di quest'ultimo. La battuta più divertente l'ha fatta il nostro Morgan recentemente, quando, parlando appunto del 27 riferito a Morrison, ha sostenuto che anche in Italia c'è un cantante che è musicalmente morto a quell'età; anche lui è un mezzo ubriacone, la voce da corvo in calore, l'anti talento. Eppure ai suoi concerti, i numerosi gruppi di peones non lo fischiano mica. Tutti lì a spellarsi le mani e le ugole con urla accalorate in cerca di un capobranco.

Amy. Piccola, tenera. Ormai lontana, forse, Over the Rainbow.

Quelli che hanno avuto orecchie per intendere ti hanno intesa eccome. Catapultata dagli anni'50 a oggi. Il tuo micidiale soul, la tua voce increspata di maleodorante strazio, sublime strazio, quello di vivere una vita che non si sopporta; eroi, quelli che lo fanno, solo da addormentati, per la verità; perché quando ci si sveglia lo shock è troppo forte e allora il genio, che dimora in pochi eletti, come te, ti disintegra. Ti sventra. E non è tollerabile. Il prezzo che pagano quelli come te per regalare un momento di intuizione divina, un accenno di quell'oltre immondo che solo la musica, a volte le parole, a volte un quadro, sanno comunicare, è lo strazio. Il peso di un'esistenza che nessuno e nessuna cosa sanno redimere. Di cui le religioni si fanno beffe. Piccola, dannato animaletto.

'You know Im not good' dicevi, noi lo sapevamo, ci piacevi per quello. Piacevi talmente tanto che in giro per il mondo orde di sciacalli e rettili travestiti da discografici facevano carte false pur di replicarti. (C'hanno provato pure in Italia. Povera, ingenua Giusi, ma davvero ti hanno fatto credere di essere più di una colata di rimmel di Amy?)

Sei uscito dal corpo, sublime animo di Amy, un corpo che non possedevi più, che ti stava stretto, uno scafandro che bisognava addormentare a suon di tutto. Eppure, a noi volevi risvegliarci: Rehab era il tentativo di riabilitare un'umanità dormiente impacciata. La prima volta che l'ho sentita ho avuto una folgorazione (sono poche in musica di questi tempi). Eri sciatta, bella nella tua maschilità femminea, nella tua femminilità gitana (non zingara!); eri enorme nella tua grossolanità da commessa (un po' come Giusi) consapevole del tuo talento demone genio al punto da non volerla fare mai la commessa, andando contro tutte le relazioni familiari, contro il mondo. Eri Anna Magnani e Sofia Loren, eri ciò che è stata Rossi De Palma per Almodovar, eri Prince, eri in un film in bianco e nero e volevi che fossimo in grado di vederlo. Eri 'Back to Black' ma il mondo (me compreso) era davanti allo schermo colorato di un IPad2. Distratto. Solo a tratti consapevole dell'immenso che veniva fuori da quell'ugola.

Oggi tutti piangono, sentono i tuoi pezzi. 'But Love is a losing game'. Lo dicevi con quella splendida "cofana" di capelli in testa, "vasciaiola" stilosa in un vicolo del mondo terracqueo, elegante attaccabrighe londinese, di Southgate che nel 2006 portò a casa ben sei grammy award per Back to Black e poi si rese conto, forse, che il genio demone le aveva fatto dire tutto. E a quel punto è dura da accettare. Perché noi esseri umani crediamo sempre che sia l'Io a far tutto, che siamo noi a decidere. Ma gli dèi, da lassù, che crasse risate che si continuano a fare.

Salutatecela tanto! Con graffiante affetto.







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