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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Anna Tonelli

Politica e amore

Il Mulino, Pag.333 Euro 23,00
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Titolo, come avrebbe detto Lucentini, della serie "il coso e la cosa". E càpita che si buschi il levante per il ponente. Ero convinta che il libro di Tonelli, acquistato su catalogo, avesse un taglio più "filosofico": che analizzasse cioè - come avviene per altre materie nei robusti saggi di Remo Bodei - il rapporto tra le costruzioni ideologiche e quelle affettive, in un confronto epistemologico tra la materia discorsiva delle une e delle altre.

Invece, no. L'Autrice, saggia, saggia come le visioni del mondo cattolica, comunista e socialista abbiano sistematizzato i loro catechismi etici per il vivo corpo elettorale, nelle diatribe e nelle convergenze - parallele, s'intende - che li coinvolgevano, nei catechismi infine destinati alle masse. Tonelli mostra come, sui punti focali della teoria degli affetti - famiglia, matrimonio, la diade amore libero-libero amore (p. 140) - e su quelli accessori - i rapporti uomo/donna sul lavoro, nella società, nel divertimento o ricreazione che dir si voglia - ci fosse tutta una corsa, da parte dei blocchi istituiti a condurre e comporre la lotta sociale, a istruire gli adepti in modo capillare e (preteso) esaustivo sui comportamenti ammessi e sui divieti. E il bello era che, pur partendo da idee che parevano distanti e inconciliabili, le teorizzazioni e le pratiche giungevano a risultati e prediche non dissimili.

Infatti: la donna cattolica e quella "nuova" del comunismo sembrerebbero creature provenienti da diversi pianeti. La prima, sposa e madre, (pp. 29, 42-3) pilastro d'una famiglia indissolubile (p. 88; e sull' "indissolubile" ci sarà un acceso dibattito in sede di redazione della Carta Costituzionale, vedi p. 154 e segg.) sottomessa al marito, ha per icona la Madonna - affiancata, per le giovinette, da santa Maria Goretti (p. 59) -, in un tripudio di "non lo fo per piacer mio, ma per dare figli a Dio" e per assolvere il debito coniugale, al quale è peccato sottrarsi.

La seconda, almeno all'apparenza, è invece modellata sulla statuaria sovietica (p. 146): lavoratrice, politicamente se non impegnata almeno consapevole, libera d'amare - nel senso che non è più costretta al "matrimonio d'interesse", siccome ha un suo reddito, (pp. 157, 263) e dunque, diranno i socialisti, ha "diritti uguali con funzioni differenti" (p. 264) nei confronti del marito - ma non dèdita all'amore libero, cioè alla dissolutezza e degenerazione borghese -, questa creatura conscia e combattiva tuttavia mantiene caratteristiche di femminilità cospicue, che la rendono, nell'occasione del più umano dei rapporti umani, madre solerte e sposa gentile.

E qui già s'intuisce che queste figure tanto inconciliabili in teoria, non lo siano in pratica. Già nelle esistenze reali, cattoliche o comuniste che siano, l'indole umana in genere e italiana in specie media e aggiusta le leggi, e figuriamoci i precetti. Ma poi, le "condizioni oggettive" contribuiscono ad una precipitazione delle aspettative rigorose nelle prassi elastiche: alle cattoliche, fermo restando il matrimonio garantito infrangibile unica degna aspirazione della donna, si permette di indagare - con una pratica da Stasi o da GPU - sul marito da annettersi, previo evitare che salti fuori spiantato, puttaniere o sifilitico (p. 89); ergo si concedono minimi controlli e gestione femminile prima che s'annullino nello sponsale. Viceversa, per disciplina di partito, (p. 178) alle comuniste s'impone una rigida moralità - che non possono nemmeno riparare in confessionale, come le rivali - la quale, oltretutto, va oltre il privato: siccome lo sgarro ad essa indebolisce il partito, offrendo ai suoi nemici argomenti per denigrarlo come covo di dissolutezza e di morte della famiglia, (p. 155) ogni errore ha una dimensione politica, è materia dunque di censura o financo di espulsione dagli organismi della sinistra. Cornute e mazziate, dunque - sebbene nel tentativo di coniugare disciplina ed emancipazione. (pp. 156-8)

Fin qui, si sarà notato che le preoccupazioni delle fedi cattolica e comunista s'incentravano sulla donna. E i maschietti? Beh, se erano gay, l'Autrice non ne parla, per il semplice motivo che per entrambi gli schieramenti sarebbe stato impensabile affrontare la questione - dato che sui froci la vedevano allo stesso modo: galera o manicomio, meglio ancora suicidio, così si toglievano dalle spese e pedalare - l'ARCI gay "aveva da veni'", come Baffone (e qui a p. 15 si perpetua l'equivoco fra "outing" e "coming out"). Tuttavia, chi volesse avere ragguagli sull'argomento, veda il vecchio ma palatabile Comunisti e diversi, di Fabio Giovannini (Dedalo, Bari 1980) - e lamentiamo tuttora l'assenza di un'ACLI gay.

Se invece gli esponenti del sesso forte erano "normali", beh, godevano d'una franchigia sessuale: in campo cattolico, si predicava alle mogli di tener conto delle "esigenze" del maschio, il quale, orientato dalla natura verso quella sessualità "della varieganza" (Bonolis) che faceva di lui un cacciatore (pp. 45 e 63) e della donna - se manifesta la promiscuità - una puttana o una ninfomane, non poteva proprio esimersi dal correre la cavallina (e Liguori). In campo marx-lenin-stalinista, invece, teoricamente le avanguardie, la militanza e l'iscritto al partito avevano il dovere di comportarsi con decenza, pena l'espulsione (cfr. Pasolini, 1948): l'indegnità morale colpiva maschi e femmine, e ogni pulsione individuale veniva dopo il supremo interesse del partito. Ma tale camicia di forza aveva sbreghi ovunque, a cominciare dai dirigenti, e proprio dal Migliore, sposato ma in convivenza con la Iotti, e dai Terracini, d'Onofrio, Berti, Negarville (cap. IX) che s'affiatavano con mogli morganatiche, o si facevano annullare il matrimonio a San Marino - e i cattolici inzuppavano il biscotto nella doppiezza sentimentale ("Russia libertina": p. 147) che rispecchiava, secondo loro, la politica. Dimenticando la Sacra Rota, e i bordelli dove il maschio "sfogava" la propria "naturale" esuberanza, ovvero l'ipocrisia illustrata dalla suddetta doppia morale.

Tonelli, infine, relaziona della morale socialista, che ha un periodo d'incubazione più lungo e meno rigido dell'analoga piccìna, e trae dal cattolicismo motivi e icone per riadattarle alla luce del sol dell'avvenir - esposti in "catechismi socialisti", col Prampolini che scrive della socialista come della "vera fede", e riconosce a Cristo l'onore d'esser stato, in nuce, precursore di Turati. Il quale nel frattempo cadde in amore per la Kuliscioff, donna di tempra e d'intelletto (si disse che l'unico uomo del socialismo italiano era una donna russa), la quale conoscenza di Marx ed Engels letti negli originali - cosa fantascientifica in un paese come l'Italia - influenzò la dottrina del partito, come le sue fondate polemiche su Critica sociale.

Oltre al recupero di concezioni cattoliche, dovuto anche alla necessità di avvicinare masse che in quella tradizione avevano radici ("Io sono una forza del passato..."), i socialisti com'è ovvio sostenevano una propria morale, in specie sui rapporti uomo-donna, fatta di "armoniosa fusione", armonia sentimentale" e fratellanza dei sentimenti", (p. 264) contrapposta a quella della società capitalistica, ove le relazioni sono soggette alle disparità economiche e sociali e all'interesse. (p. 263) Seguendo Engels, si voglion liberare l'amore e il sesso dai "condizionamenti della proprietà privata", (p. 265) concetto riassunto in modo magistrale (e testimonianza della sua durata) in quell'assemblea presettantasettina in cui uno studente ammoniva: "Compagni, se scopiamo male la colpa è della Fiat!" (ne "l'Espresso" n. 51, 1976) E realizzato nelle lotte contro la prostituzione e a favore del divorzio.

Risultato dalla discussione di Tonelli? Viene in mente un aneddoto di Sandro de Feo (per "l'Espresso" n. 30, 1957): moribondo, Malaparte - scrittore, viveur, charmeur, poseur, fregnacceur - confidava ad un amico francese il catalogo di chi s'alternava al suo capezzale: "Prêtres et marxistes, ils sont toujours là. Ils guettent mon âme". E questo "spiare l'anima" può esser paradigma della similitudine di scopo al di fuori delle differenze di superficie nell'opera degli opposti centrismi. Ciò che risalta, malgrado i dettagli, è la comunità di intenti dei gruppi identitari di massa: il controllo delle passioni (pp. 7-13) e dunque delle coscienze, e il disciplinamento (dressage) dei corpi nell'età in cui la tecnica ancora non metteva a disposizione del custode strumenti tali d'aver sorvegliati non solo gli animi, ma financo gli ani - riferisce l'Umberto Umberto Eco Eco ("Bustina di Minerva", diciannove novembre 1995) che "potrete trovare la Home Page di un signore che su Internet vi mette a disposizione le foto del suo colon. (...) Da alcuni anni, è possibile andare in una clinica (...) in cui un medico vi inserisce nel retto una sonda che reca al culmine una piccola telecamera". Finalmente un uomo di retto sentire.

Oltre ogni principio del piacere, quindi, v'ha nel dirigismo partitico-religioso (ognuna delle parti discusse si presentava come "fede" - e il tifoso delle squadre capitoline, non si dichiara "di fede" romanista o laziale?) un'immarcescibile (avrebbe detto il tenutario della "fede" precedente e oggi rediviva, la fascista (p. 21)) tendenza a esercitare il potere fin dentro le camere da letto. A penetrare nell'intimità più raccolta, a far presa sull'intelletto d'amore, per mezzo dell'influenza sulla ventresca, sulle "buie viscere" cinero-gramsciane. Cosicché non diano sorprese. Cosicché non intralcino il calco che "i superiori" intendono fare della spregiata creta massificata - "popolo che di osteria fa scuola, sublime materia" (P. Jahier). Insomma, come per la prelodata sonda, perché non vi sia resistenza ai processi intesi a mettercelo nel culo. E nemmeno per piacere, bensì per quella che viene spacciata come "politica".

Poi, arrivarono (cfr. "l'Espresso" n. 35, 1978) i "piccoli annunci" su "Lotta continua": "tuo marxismo sessualmente stupendo. Rifacciamolo". Ma questa è un'altra (?) storia.



di Vera Barilla


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