CLASSICI
Alfredo Ronci
Ricordi di sofferenze: “Roma amara e dolce” di Ercole Patti.
Vorrei iniziare questo appunto su Ercole Patti riportando un mio giudizio espresso tempo fa sempre sul Paradiso: … Ercole Patti è lo scrittore del semplice, anche del triste, triste umanesimo come diceva qualcuno, dove il tutto comunque accade, e soprattutto è uno scrittore che mantiene, nonostante le sembianze, una calma espressiva che però non lo allontana da una cortesia di lettura.
Dunque uno scrittore semplice, umanista e che riesce a mantenere una calma espressiva. Tutto vero, e lo abbiamo sperimentato in precedenza andando a rileggere sia Giovannino che La cugina. In più, se vogliamo essere ancora più specifici, le trame dei suoi romanzi hanno quasi sempre come protagonisti Roma, il fascismo e la Sicilia, in particolar modo Catania, che sono indubbiamente gli +elementi che lo hanno segnato durante l’esistenza.
Che succede allo scrittore quando racconta le stesse cose ma ne fa una autobiografia corretta e molto sentita? Personalmente siamo sempre stati attratti dalla condizione degli intellettuali, scrittori e via dicendo durante il fascismo. Come si faceva ad esternare con correzione quando c’era un regime che controllava sistematicamente ogni espressione culturale e spesso e volentieri risolveva con una censura totale?
Per carità, non mi metto ad elencare gli scrittori e gli intellettuali che hanno subìto le sforbiciature del regime, sarebbe noioso e non aggiungerebbe nulla al discorso, rimane comunque importante sapere come gli scrittori (o gli intellettuali) si comportavano nella continua lotta per la sopravvivenza non solo fisica.
Patti faceva quello che, molto probabilmente, avrebbe fatto in un periodo diciamo meno bellicoso: lavorava come giornalista e in più tentò anche le sorti della narrazione. In questo Roma amara e dolce (ci sembra chiaro, nelle esperienze di Patti, quale Roma potesse essere amara e quale, finalmente e vedremo perché, dolce) ripercorre tutta la sua storia, che parte ovviamente da Catania, per finire con la liberazione degli Alleati e il ritorno a una quasi normalità.
Nel mezzo l’incontro con la città di Roma, fondamentale per la sua crescita culturale e di vita, ma soprattutto l’incontro con alcuni personaggi e intellettuali del periodo, come De Chirico, Bartoli, Soffici, D’Amico e Pirandello. Anche se, bisogna dire, ma è un’aggiunta del tutto ovvia, è anche la Roma del fascismo e delle veline del Minculpop.
In Roma amara e dolce, pur mettendo in evidenza le problematiche della situazione, forse perché era uno scrittore (e giornalista) e forse perché comunque la letteratura faceva parte del suo elemento costituente, preferì sempre più spesso soffermarsi sulle letture /del tempo: … La seconda lettura che mi entusiasmò nonostante la mia giovanissima età fu quella dei Malavoglia perché rappresentò subito un modello di scrittura che corrispondeva ai miei ideali di aspirante scrittore: assoluta asciuttezza di linguaggio e sempre qualche parola in meno anziché in più.
Oppure… Debbo aggiungere sinceramente che buona parte della mia ammirazione per Pirandello era dovuta a questa sua funzione antidannunziana. Un’altra cosa che mi affascinava di lui era la sua possibilità di scrivere in tre settimane, come aveva fatto, i Sei personaggi in cerca d’autore e nelle due settimane seguenti l’Enrico IV.
Si parla anche di certi vizi che i ragazzi di allora avevano cominciato a “frequentare” (e che Patti illustrò anche nel romanzo Giovannino) … Prendere un po’ di cocaina il quel 1925 era per i giovanotti di una certa società quasi un punto d’onore. Alcuni di essi vi si accostavano con paura addirittura con un senso di orrore e dovevano sostenere una battaglia con se stessi prima di aspirare col naso le prime scagliette brillanti della droga.
Poi ovviamente, su tutto, la questione politica, il riflesso sulla sua condizione e anche l’arresto dopo la caduta di Mussolini. E in carcere l’incontro con altri personaggi fondamentali del tempo e soprattutto con un uomo alto e vivace come Giuseppe Saragat.
Dice concludendo la storia… Certo non era una vita comoda ma la gioia di essersi liberati dai fascisti e dai tedeschi la faceva sembrare straordinariamente dolce e l’avvenire appariva pieno di speranza.
Un libro, questo scritto da Patti, che vide la luce soltanto nel 1972. Troppo tardi per ricordare certe battaglie vissute non necessariamente in prima luce?
L’edizione da noi considerata è:
Ercole Patti
Roma amara e dolce
Bompiani
Dunque uno scrittore semplice, umanista e che riesce a mantenere una calma espressiva. Tutto vero, e lo abbiamo sperimentato in precedenza andando a rileggere sia Giovannino che La cugina. In più, se vogliamo essere ancora più specifici, le trame dei suoi romanzi hanno quasi sempre come protagonisti Roma, il fascismo e la Sicilia, in particolar modo Catania, che sono indubbiamente gli +elementi che lo hanno segnato durante l’esistenza.
Che succede allo scrittore quando racconta le stesse cose ma ne fa una autobiografia corretta e molto sentita? Personalmente siamo sempre stati attratti dalla condizione degli intellettuali, scrittori e via dicendo durante il fascismo. Come si faceva ad esternare con correzione quando c’era un regime che controllava sistematicamente ogni espressione culturale e spesso e volentieri risolveva con una censura totale?
Per carità, non mi metto ad elencare gli scrittori e gli intellettuali che hanno subìto le sforbiciature del regime, sarebbe noioso e non aggiungerebbe nulla al discorso, rimane comunque importante sapere come gli scrittori (o gli intellettuali) si comportavano nella continua lotta per la sopravvivenza non solo fisica.
Patti faceva quello che, molto probabilmente, avrebbe fatto in un periodo diciamo meno bellicoso: lavorava come giornalista e in più tentò anche le sorti della narrazione. In questo Roma amara e dolce (ci sembra chiaro, nelle esperienze di Patti, quale Roma potesse essere amara e quale, finalmente e vedremo perché, dolce) ripercorre tutta la sua storia, che parte ovviamente da Catania, per finire con la liberazione degli Alleati e il ritorno a una quasi normalità.
Nel mezzo l’incontro con la città di Roma, fondamentale per la sua crescita culturale e di vita, ma soprattutto l’incontro con alcuni personaggi e intellettuali del periodo, come De Chirico, Bartoli, Soffici, D’Amico e Pirandello. Anche se, bisogna dire, ma è un’aggiunta del tutto ovvia, è anche la Roma del fascismo e delle veline del Minculpop.
In Roma amara e dolce, pur mettendo in evidenza le problematiche della situazione, forse perché era uno scrittore (e giornalista) e forse perché comunque la letteratura faceva parte del suo elemento costituente, preferì sempre più spesso soffermarsi sulle letture /del tempo: … La seconda lettura che mi entusiasmò nonostante la mia giovanissima età fu quella dei Malavoglia perché rappresentò subito un modello di scrittura che corrispondeva ai miei ideali di aspirante scrittore: assoluta asciuttezza di linguaggio e sempre qualche parola in meno anziché in più.
Oppure… Debbo aggiungere sinceramente che buona parte della mia ammirazione per Pirandello era dovuta a questa sua funzione antidannunziana. Un’altra cosa che mi affascinava di lui era la sua possibilità di scrivere in tre settimane, come aveva fatto, i Sei personaggi in cerca d’autore e nelle due settimane seguenti l’Enrico IV.
Si parla anche di certi vizi che i ragazzi di allora avevano cominciato a “frequentare” (e che Patti illustrò anche nel romanzo Giovannino) … Prendere un po’ di cocaina il quel 1925 era per i giovanotti di una certa società quasi un punto d’onore. Alcuni di essi vi si accostavano con paura addirittura con un senso di orrore e dovevano sostenere una battaglia con se stessi prima di aspirare col naso le prime scagliette brillanti della droga.
Poi ovviamente, su tutto, la questione politica, il riflesso sulla sua condizione e anche l’arresto dopo la caduta di Mussolini. E in carcere l’incontro con altri personaggi fondamentali del tempo e soprattutto con un uomo alto e vivace come Giuseppe Saragat.
Dice concludendo la storia… Certo non era una vita comoda ma la gioia di essersi liberati dai fascisti e dai tedeschi la faceva sembrare straordinariamente dolce e l’avvenire appariva pieno di speranza.
Un libro, questo scritto da Patti, che vide la luce soltanto nel 1972. Troppo tardi per ricordare certe battaglie vissute non necessariamente in prima luce?
L’edizione da noi considerata è:
Ercole Patti
Roma amara e dolce
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