ATTUALITA'
Alfredo Ronci
Si scopa per morir... dal ridere.
Sfido chiunque a scriver di sesso e non essere ridicoli. Per carità c'è chi con l'erotismo c'ha fatto carriera e sommi letterati hanno sfoderato le unghie per graffiare il comune senso del pudore. Ma ribadisco che parlar di walter (s – plurale) e di iolande (prendo in prestito il lessico littizzettiano, altrimenti mi si accusa sempre di essere volgare) o anche solo di odori e di impulsi irrefrenabili è impresa assai ardua e spesso si rischia la comicità involontaria. Come quando si fa cilecca a letto e con mille scuse non si ha il coraggio di ammettere che è una semplice defaillance.
Direi che l'unico che non ha paura di mettersi a nudo e risulta assai convincente è Aldo Busi, ma non perché sia eccelso culaiolo: direi che la sua efficacia deriva dal suo mondo, inteso questo non distinto dall'opera narrativa. Non c'è nulla da fare, quando si è integri e chiari con se stessi va da sé che l'onestà intellettuale paga, anche in quel senso, cioè l'universo dei sensi.
Scopare e la dimensione erotica sono solo propaggine del sé, mica una frazione di essi: quindi riesce bene a parlare e praticare sesso (ma anche amore) chi non è disgiunto da nulla.
Recentemente mi è capitato di leggere una pagina infinitamente illuminante dell'arte della sensualità, e di preciso nelle pagine centrali di Mistero doloroso, racconto recuperato, fortuna nostra, dalle carte che la Ortese ha lasciato dopo la sua morte. Dicevo di quel passaggio: la passione tra una quattordicenne figlia di una sarta ed un principe nemmeno ventenne nella Napoli borbonica non si risolve solo nella ricerca reciproca, ma nel tocco 'fisico' conchiuso in quella straordinaria epifania letteraria che è la pagina in cui l'atto massimo dell'uomo nei confronti della ragazzina è quello di baciarle i piedi.
Dunque solo un bacio ai piedi e nulla più, eppure denso di una carica erotica della quale non trovo confronti e paragoni: mi sovviene anzi uno strofeggiare grottesco e 'stravagante' del 'poeta' Bevilacqua che, in uno dei suoi sprazzi lirici più recenti, declamava così: La punta del fallo | greco-romano è mela musetta | che fruscia come velluto e seta | dal palmo della mano a colmare una bocca | in ogni spazio. Roba da barzellettiere berlusconiano con l'unica aggravante che fregnaccia simile la si vuol far passare per arte.
Si ribadisce che scriver di sesso non è facile, a volte superfluo, e che rendersi ridicoli è spesso l'unico risultato possibile.
E di questo intoppo ne da chiaro esempio uno scrittore avvezzo a ben altri risultati. John Banville.
Di costui Guanda, pubblicando le ultime cose, ne affianca uno sfizio quasi giovanile: a trentasette anni, lui che ora ne ha sessantacinque, lo scrittore irlandese partorisce (termine che in questo caso si addice non perché parli di nascite o eventi di vita, ma perché il libriccino ci sembra parto faticoso e velleitario) La lettera di Newton, che ha l'unico pregio di durar poco, ma ahimé affiancato da giudizi che meriterebbero una Norimberga letteraria, a cominciar dall'ormai 'senile' Don De Lillo che dice: Un talento quasi feroce nel leggere l'anima degli uomini.
Non so dove costui abbia visto del talento in quest'operina in cui uno scrittore si innamora prima di una giovine donne e poi della di lei zia, attempata anche precocemente. Cioè: non è la vicenda a sottrarre capacità letteraria, ma lo stile di Banville, in corsa, semmai non si fosse capito, per la supercazzola involontariamente comica della stagione (quella italiana, ovvio!).
Come quando scrive: Baciai il roveto umido della sua ascella (pazzesco, dovrò suggerire l'appunto alla Sveva Sagramola per una trasmissione erotico-ecologica di Geo&Geo) o quando irrefrenabile – e ci sgomenta – ha il coraggio di appuntare: Sono anch'io incinto, in un certo senso. Mi sale dal cuore una superfetazione di esistenza (non so se ridere o strapparmi quei pochi capelli che mi sono rimasti). Il libro, a parte gli esempi portati, è fradicio di metafore banali e vizze e di inesplicabili ragguagli storico-floreali ... Ci avviammo sul sentiero sotto i sicomori. Era una giornata settecentesca, ventosa e serena (Cosa?? Settecentesca?).
Ma il ragguaglio potrebbe far perdere il senso del mio articolo: che il libro tenta una sorta di racconto seducente perdendo per strada non solo il significato degli atti, ma anche i suoi sviluppi e l'erotismo presunto diventa una cartina di tornasole per chi è abituato a vedersi rappresentato nel corpo come se fosse plastica o addirittura cartone animato (di qui l'ilarità che determina).
Non so se Banville nel frattempo sia cambiato, nel caso contrario gli consiglierei un 'corso di scrittura erotica' che una casa editrice di Roma sta organizzando con finalità, evidentemente, antropologico-sanitarie. Si legga l'informativa: Imparare a scrivere di erotismo. Raccontare il sesso, eccitare con le parole, creare situazioni che parlano alle fantasie più profonde, disegnare personaggi che usano il corpo per sentire e dare emozioni. Il corso di scrittura erotica vuole insegnare a scrivere di eros in modo da costruire con il lettore un vero rapporto di intimità, fondato su pulsioni condivise e sulla stimolazione di tutti i sensi. Attraverso una full immersion con alcuni maestri dell'argomento, scrittrici e scrittori ma anche editor, psicanalisti, coreografi, e una didattica innovativa, fatta di lezioni, discussioni, esercitazioni di scrittura individuale e collettiva, esercizi fisici e spirituali, si imparerà a liberare il corpo, la mente e la parola per dare vita a opere di letteratura erotica in grado di lasciare il segno. Il corso si articolerà in 16 incontri di 3 ore ciascuno, per un totale di 48 ore di lezione. Coordinatore della didattica è Antonio Veneziani, poeta e scrittore...
Di questa proposta mi stimola sicuramente la 'full immersion' ma mi chiedo dove, i 'maestri dell'argomento' e mi chiedo quali e perché l'ars amatoria debba averne (ma non è un fatto privato?) e mi sconvolge la presenza, tra l'altro (sorvolo sul poeta Veneziani) di Renzo Paris (ahimé!), di Alessandro Golinelli (ahimé) mentre mi scon-piscio (siamo in tema no?) di Alda Teodorani (la dark lady de noantri)) e il suo esegeta e inseparabile 'complice' Antonio Tentori (Tentori chi?) e di altri incommensurabili 'maestri'.
Va da sé che certe estrinsecazioni non sono uniche. L'indigena letteratura rifulge di esempi 'erotici'. Leggiamo su Il Venerdi di Repubblica del 15 Ottobre 2010 che Luigi Guarnieri, autore del recente Una strana storia d'amore (tra Johannes Brahms e Clara Wieck, moglie di Schumann... della serie: non lo leggo e quindi non mi piace!) e marito della Melania Mazzucco confessa che: Stiamo insieme da decenni e, fino a pochi anni fa, avevamo un'unica scrivania. Ora non più, ma lo studio è in comune. Scriviamo uno di fronte all'altra.
Magari facendosi piedino. Dio Mio che erotismo, fammi scappare in bagno che mi sego!
Direi che l'unico che non ha paura di mettersi a nudo e risulta assai convincente è Aldo Busi, ma non perché sia eccelso culaiolo: direi che la sua efficacia deriva dal suo mondo, inteso questo non distinto dall'opera narrativa. Non c'è nulla da fare, quando si è integri e chiari con se stessi va da sé che l'onestà intellettuale paga, anche in quel senso, cioè l'universo dei sensi.
Scopare e la dimensione erotica sono solo propaggine del sé, mica una frazione di essi: quindi riesce bene a parlare e praticare sesso (ma anche amore) chi non è disgiunto da nulla.
Recentemente mi è capitato di leggere una pagina infinitamente illuminante dell'arte della sensualità, e di preciso nelle pagine centrali di Mistero doloroso, racconto recuperato, fortuna nostra, dalle carte che la Ortese ha lasciato dopo la sua morte. Dicevo di quel passaggio: la passione tra una quattordicenne figlia di una sarta ed un principe nemmeno ventenne nella Napoli borbonica non si risolve solo nella ricerca reciproca, ma nel tocco 'fisico' conchiuso in quella straordinaria epifania letteraria che è la pagina in cui l'atto massimo dell'uomo nei confronti della ragazzina è quello di baciarle i piedi.
Dunque solo un bacio ai piedi e nulla più, eppure denso di una carica erotica della quale non trovo confronti e paragoni: mi sovviene anzi uno strofeggiare grottesco e 'stravagante' del 'poeta' Bevilacqua che, in uno dei suoi sprazzi lirici più recenti, declamava così: La punta del fallo | greco-romano è mela musetta | che fruscia come velluto e seta | dal palmo della mano a colmare una bocca | in ogni spazio. Roba da barzellettiere berlusconiano con l'unica aggravante che fregnaccia simile la si vuol far passare per arte.
Si ribadisce che scriver di sesso non è facile, a volte superfluo, e che rendersi ridicoli è spesso l'unico risultato possibile.
E di questo intoppo ne da chiaro esempio uno scrittore avvezzo a ben altri risultati. John Banville.
Di costui Guanda, pubblicando le ultime cose, ne affianca uno sfizio quasi giovanile: a trentasette anni, lui che ora ne ha sessantacinque, lo scrittore irlandese partorisce (termine che in questo caso si addice non perché parli di nascite o eventi di vita, ma perché il libriccino ci sembra parto faticoso e velleitario) La lettera di Newton, che ha l'unico pregio di durar poco, ma ahimé affiancato da giudizi che meriterebbero una Norimberga letteraria, a cominciar dall'ormai 'senile' Don De Lillo che dice: Un talento quasi feroce nel leggere l'anima degli uomini.
Non so dove costui abbia visto del talento in quest'operina in cui uno scrittore si innamora prima di una giovine donne e poi della di lei zia, attempata anche precocemente. Cioè: non è la vicenda a sottrarre capacità letteraria, ma lo stile di Banville, in corsa, semmai non si fosse capito, per la supercazzola involontariamente comica della stagione (quella italiana, ovvio!).
Come quando scrive: Baciai il roveto umido della sua ascella (pazzesco, dovrò suggerire l'appunto alla Sveva Sagramola per una trasmissione erotico-ecologica di Geo&Geo) o quando irrefrenabile – e ci sgomenta – ha il coraggio di appuntare: Sono anch'io incinto, in un certo senso. Mi sale dal cuore una superfetazione di esistenza (non so se ridere o strapparmi quei pochi capelli che mi sono rimasti). Il libro, a parte gli esempi portati, è fradicio di metafore banali e vizze e di inesplicabili ragguagli storico-floreali ... Ci avviammo sul sentiero sotto i sicomori. Era una giornata settecentesca, ventosa e serena (Cosa?? Settecentesca?).
Ma il ragguaglio potrebbe far perdere il senso del mio articolo: che il libro tenta una sorta di racconto seducente perdendo per strada non solo il significato degli atti, ma anche i suoi sviluppi e l'erotismo presunto diventa una cartina di tornasole per chi è abituato a vedersi rappresentato nel corpo come se fosse plastica o addirittura cartone animato (di qui l'ilarità che determina).
Non so se Banville nel frattempo sia cambiato, nel caso contrario gli consiglierei un 'corso di scrittura erotica' che una casa editrice di Roma sta organizzando con finalità, evidentemente, antropologico-sanitarie. Si legga l'informativa: Imparare a scrivere di erotismo. Raccontare il sesso, eccitare con le parole, creare situazioni che parlano alle fantasie più profonde, disegnare personaggi che usano il corpo per sentire e dare emozioni. Il corso di scrittura erotica vuole insegnare a scrivere di eros in modo da costruire con il lettore un vero rapporto di intimità, fondato su pulsioni condivise e sulla stimolazione di tutti i sensi. Attraverso una full immersion con alcuni maestri dell'argomento, scrittrici e scrittori ma anche editor, psicanalisti, coreografi, e una didattica innovativa, fatta di lezioni, discussioni, esercitazioni di scrittura individuale e collettiva, esercizi fisici e spirituali, si imparerà a liberare il corpo, la mente e la parola per dare vita a opere di letteratura erotica in grado di lasciare il segno. Il corso si articolerà in 16 incontri di 3 ore ciascuno, per un totale di 48 ore di lezione. Coordinatore della didattica è Antonio Veneziani, poeta e scrittore...
Di questa proposta mi stimola sicuramente la 'full immersion' ma mi chiedo dove, i 'maestri dell'argomento' e mi chiedo quali e perché l'ars amatoria debba averne (ma non è un fatto privato?) e mi sconvolge la presenza, tra l'altro (sorvolo sul poeta Veneziani) di Renzo Paris (ahimé!), di Alessandro Golinelli (ahimé) mentre mi scon-piscio (siamo in tema no?) di Alda Teodorani (la dark lady de noantri)) e il suo esegeta e inseparabile 'complice' Antonio Tentori (Tentori chi?) e di altri incommensurabili 'maestri'.
Va da sé che certe estrinsecazioni non sono uniche. L'indigena letteratura rifulge di esempi 'erotici'. Leggiamo su Il Venerdi di Repubblica del 15 Ottobre 2010 che Luigi Guarnieri, autore del recente Una strana storia d'amore (tra Johannes Brahms e Clara Wieck, moglie di Schumann... della serie: non lo leggo e quindi non mi piace!) e marito della Melania Mazzucco confessa che: Stiamo insieme da decenni e, fino a pochi anni fa, avevamo un'unica scrivania. Ora non più, ma lo studio è in comune. Scriviamo uno di fronte all'altra.
Magari facendosi piedino. Dio Mio che erotismo, fammi scappare in bagno che mi sego!
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