ATTUALITA'
Stefano Torossi
Teste tagliate
Da qualche giorno al Foro di Traiano è a disposizione dei passanti un’ottima idea: hanno montato su cavalletti una striscia di tela fotografica su cui sono riportati in grandezza naturale tutti i duecento metri della spirale scolpita che sale intorno alla Colonna Traiana dalla base fino alla cima.
Un video di marmo di duemila anni fa che documenta le guerre daciche vinte dall’esercito romano guidato da Traiano. Il quale riportò a casa, oltre alla gloria, un bottino di parecchie tonnellate di oro o argento con cui si tolse la soddisfazione di farsi confezionare, a spese dei Daci sconfitti, il più lussuoso di tutti i fori imperiali.
E’ una descrizione splendidamente viva e realistica di uomini rappresentati contro sfondi stranamente privi di prospettiva e di proporzioni reali. Ora è in bianco e nero, ma quando fu fatta era in brillante technicolor per seguire meglio le fasi del racconto e distinguere i nemici dai soldati romani.
Naturalmente, essendo un documento realizzato dai vincitori per essere mostrato al popolo come testimonianza della loro stessa grandezza, i soldati romani, giovani, sbarbati ed eleganti, e il loro imperatore fanno una bellissima figura mentre massacrano donne, vecchi e bambini e incendiano i villaggi dei barbari da civilizzare, raffigurati invece come selvaggi irsuti e seminudi.
E c’è un’immagine che ritorna prepotente parecchie volte nel racconto. E’ proprio quella che oggi tanto ci impressiona: la testa tagliata del nemico.
Una delle prime inquadrature del film (naturalmente vogliamo dire una dalle prime scene del racconto scolpito) ci mostra due soldati romani che presentano ai loro comandanti le teste barbute e scarmigliate di due daci (mozzate, naturalmente). Un po’ più avanti altre due teste le vediamo infilate su pali davanti alle mura dell’accampamento. E poi, ancora i soldati offrono all’imperatore, tenendole per i capelli, altre teste di nemici.
Il racconto di marmo, che copre un periodo di alcuni anni all’inizio del secondo secolo d. C., continua con altri orrori, fino al gran finale della sconfitta e del suicidio del re Decebalo. Al quale, anche se già morto, tagliano comunque la testa e la mano destra per presentarle su un bel vassoio d’argento a Traiano (quest’ultima scena è quasi illeggibile a causa della corrosione del marmo, ma c’è, ed è comunque ricordata nelle cronache del tempo).
Dunque anche nella Roma di venti secoli fa questo simpatico rito di documentare la vittoria del più forte giustificata dall’ideologia su misura, con l’esibizione di qualche brandello del nemico (che non sapeva di esserlo finché non lo decideva l’aggressore) era pienamente accettato.
A proposito di civiltà romana, noi siamo stupiti dalla grandiosa perfezione architettonica di un edificio come il Colosseo, ma dobbiamo ricordarci che era il luogo dove tutta la popolazione dell’urbe, come di tante altre città in cui esisteva un anfiteatro, si radunava per vedere ammazzare. Animali da altri animali, animali da uomini, uomini da animali, uomini da altri uomini.
Il programma della festa era sempre lo stesso: tutti insieme appassionatamente per assistere allo spettacolo della morte violenta.
Mentre nello stesso momento poeti come Virgilio e Ovidio, grandi avvocati come Cicerone, architetti come Apollodoro scrivevano poemi immortali, compilavano leggi valide ancora oggi, e costruivano il Panteon.
Orribile faccenda, questa capacità umana di mescolare il peggio e il meglio.
PS. Facciamo un salto in avanti e arriviamo alla cronaca di Roma moderna. Anche qui una testa tagliata: quella di una badante, rincorsa, pugnalata e poi decapitata da un pazzo che quando sono arrivati i poliziotti, coperto di sangue e brandendo una mannaia ha tentato di assalirli e si è fatto ammazzare con un colpo di pistola.
Non è la decapitazione che ci stupisce, stavolta. E’ la dichiarazione, pubblicata sui giornali, della sorella (sta a vedere che oltre alla tipica mamma italiana, adesso abbiamo anche la tipica sorella), la quale dichiara (testuale): “Gli hanno sparato al cuore. Perché? Era un ragazzo dolce e premuroso. Lui aveva solo un coltello in mano, mentre i poliziotti avevano le pistole”.
In terra lì vicino c’era da una parte il corpo, dall’altra la testa della vittima, ma lui era un ragazzo dolce e premuroso. Mah!
Un video di marmo di duemila anni fa che documenta le guerre daciche vinte dall’esercito romano guidato da Traiano. Il quale riportò a casa, oltre alla gloria, un bottino di parecchie tonnellate di oro o argento con cui si tolse la soddisfazione di farsi confezionare, a spese dei Daci sconfitti, il più lussuoso di tutti i fori imperiali.
E’ una descrizione splendidamente viva e realistica di uomini rappresentati contro sfondi stranamente privi di prospettiva e di proporzioni reali. Ora è in bianco e nero, ma quando fu fatta era in brillante technicolor per seguire meglio le fasi del racconto e distinguere i nemici dai soldati romani.
Naturalmente, essendo un documento realizzato dai vincitori per essere mostrato al popolo come testimonianza della loro stessa grandezza, i soldati romani, giovani, sbarbati ed eleganti, e il loro imperatore fanno una bellissima figura mentre massacrano donne, vecchi e bambini e incendiano i villaggi dei barbari da civilizzare, raffigurati invece come selvaggi irsuti e seminudi.
E c’è un’immagine che ritorna prepotente parecchie volte nel racconto. E’ proprio quella che oggi tanto ci impressiona: la testa tagliata del nemico.
Una delle prime inquadrature del film (naturalmente vogliamo dire una dalle prime scene del racconto scolpito) ci mostra due soldati romani che presentano ai loro comandanti le teste barbute e scarmigliate di due daci (mozzate, naturalmente). Un po’ più avanti altre due teste le vediamo infilate su pali davanti alle mura dell’accampamento. E poi, ancora i soldati offrono all’imperatore, tenendole per i capelli, altre teste di nemici.
Il racconto di marmo, che copre un periodo di alcuni anni all’inizio del secondo secolo d. C., continua con altri orrori, fino al gran finale della sconfitta e del suicidio del re Decebalo. Al quale, anche se già morto, tagliano comunque la testa e la mano destra per presentarle su un bel vassoio d’argento a Traiano (quest’ultima scena è quasi illeggibile a causa della corrosione del marmo, ma c’è, ed è comunque ricordata nelle cronache del tempo).
Dunque anche nella Roma di venti secoli fa questo simpatico rito di documentare la vittoria del più forte giustificata dall’ideologia su misura, con l’esibizione di qualche brandello del nemico (che non sapeva di esserlo finché non lo decideva l’aggressore) era pienamente accettato.
A proposito di civiltà romana, noi siamo stupiti dalla grandiosa perfezione architettonica di un edificio come il Colosseo, ma dobbiamo ricordarci che era il luogo dove tutta la popolazione dell’urbe, come di tante altre città in cui esisteva un anfiteatro, si radunava per vedere ammazzare. Animali da altri animali, animali da uomini, uomini da animali, uomini da altri uomini.
Il programma della festa era sempre lo stesso: tutti insieme appassionatamente per assistere allo spettacolo della morte violenta.
Mentre nello stesso momento poeti come Virgilio e Ovidio, grandi avvocati come Cicerone, architetti come Apollodoro scrivevano poemi immortali, compilavano leggi valide ancora oggi, e costruivano il Panteon.
Orribile faccenda, questa capacità umana di mescolare il peggio e il meglio.
PS. Facciamo un salto in avanti e arriviamo alla cronaca di Roma moderna. Anche qui una testa tagliata: quella di una badante, rincorsa, pugnalata e poi decapitata da un pazzo che quando sono arrivati i poliziotti, coperto di sangue e brandendo una mannaia ha tentato di assalirli e si è fatto ammazzare con un colpo di pistola.
Non è la decapitazione che ci stupisce, stavolta. E’ la dichiarazione, pubblicata sui giornali, della sorella (sta a vedere che oltre alla tipica mamma italiana, adesso abbiamo anche la tipica sorella), la quale dichiara (testuale): “Gli hanno sparato al cuore. Perché? Era un ragazzo dolce e premuroso. Lui aveva solo un coltello in mano, mentre i poliziotti avevano le pistole”.
In terra lì vicino c’era da una parte il corpo, dall’altra la testa della vittima, ma lui era un ragazzo dolce e premuroso. Mah!
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