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Il Paradiso degli Orchi
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Leonello Ruberto

Tragico invito alla festa

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Appena sveglio mi ha preso un profumo di fiori, nelle narici, saranno mimose. Capisco subito di avere oggi, addosso, una fiacchezza speciale. Ultimamente mi sento fiacco, oggi però più del solito, domani diminuirà.

La primavera è dolorosa, mi manca il respiro per l'allergia. Verrà quella stagione che piace a tutti gli abitanti di questo pianeta tranne che a me: l'estate. Ora intanto è già primavera. E sono lontani quei bei mesi, in cui si respira e si vive, si lavora, si studia in santa pace, che dall'autunno portano ai bellissimi giorni di natale. Non per babbo natale o per la chiesa o chissà che altro, è che sono bei giorni. Li porta via uno stupido trenino di capodanno che va a spumante.

E proprio ora è arrivata questa telefonata, l'invito alla festa di compleanno: certo, non ho niente da fare, ci sarò, diversamente passerei una stupida serata sul divano davanti alla tv...

Però oggi non me la sento, non mi va.

Oggi avrei voluto solo essere lasciato in pace. Non sono dovuto andare al lavoro, non ho nulla da fare. Per questo non ho avuto scuse, e non ho fatto in tempo a trovarne una, anche se l'avessi trovata non avrei avuto oggi la forza di difendermi dall'insistenza dei miei amici, li stimo, mi fa piacere stare in loro compagnia.

È solo che oggi mi sento troppo fiacco, oggi non ce la faccio proprio ad affrontare il mondo. Tutti parlano di affrontare la vita, a me per ora la vita va bene quasi sempre, ogni tanto non mi va di affrontare il mondo e i suoi doveri. Dover guidare un'auto, aprire una portiera in tutta fretta, entrare in un luogo estraneo e parlare a estranei senza incertezze, a sera uscire con gli amici infastidito dalla luce gialla dei lampioni. Torture continue alle quali non puoi mai sottrarti.

Sì, c'è di peggio nella vita può accadere di tutto, ma il mondo non ti lascia mai in pace. Neanche in quei giorni in cui la vita ti chiede semplicemente di respirare, anche a fatica per l'allergia, di mangiare, fare un riposino. Buttarsi sul divano davanti alla tv, la odi, non la guardi mai, oggi però non hai voglia di odiarla.

Vorrei solo starmene a casa. Potrei anche uscire. A piedi e non in auto. Camminare da solo senza incontrare qualcuno. Poi tornare indietro, salire su in casa mia.

Basterà un piccolo sforzo stasera, e una volta fuori mi verrà il sorriso.

Non è questo il punto. So di farcela a fare quel piccolo sforzo, e so che poi passerò una serata piacevole. È che proprio quel piccolo sforzo non lo vorrei fare. Così: non mi va.

Invece non si può. Non posso cadere in depressione, diventare pazzo, essere ricoverato in ospedale. Non ha senso, non è accaduto nulla che lo giustifichi, che mi permetta di ammalarmi e starmene a letto.

So che stasera andrò alla festa e vorrei non saperlo.







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