ATTUALITA'
Giovanna Repetto
Ultimo (speriamo) Ultimatum alla terra
Questa volta l'ultimatum bisognerebbe darlo al regista e allo sceneggiatore, caso mai avessero in mente di ammannirci altri prodotti del genere.
Parlo senza pregiudizi. Si sa che i remake ispirano sempre una certa diffidenza, e forse il modo migliore di vederli è prescindere completamente dal ricordo dell'originale, accettando di immergersi in un'esperienza nuova. Ma anche così questo film non funziona. E non certo perché gli Autori non si siano ispirati all'antico film di Robert Wise. Tutt'altro! Lo citano abbondantemente. Secondo me lo hanno visto ma non ci hanno capito niente. Non mi riferisco alla trama, che è semplicissima: voglio dire che non hanno capito quali sono i punti forti, i momenti topici, le ragioni del fascino che ancora esercita sullo spettatore. Parlo del film come parlerei di un romanzo: quello che non funziona è proprio la narrazione della storia.
Immagino che per prima cosa i cervelloni della celluloide si siano messi a tavolino per affrontare due problemi tecnici legati allo "svecchiamento" del film, cioè al modo di aggirare certe ingenuità poco tollerabili per il palato dello spettatore d'oggi. Il primo è l'organismo totalmente umano dell'alieno: come giustificarlo? Mumble mumble... ed ecco la pensata di spedirlo sulla terra sotto forma di embrione impacchettato in una schifosa gelatina placentare e farlo nascere qui, già bello grosso. E' una trovata come tante, e per niente nuova (vedi ad esempio i famosi 'baccelloni' de L'invasione degli ultracorpi, tanto per dirne una). Il secondo problema era la natura dell'ultimatum, che all'epoca scaturiva direttamente dalla guerra fredda. Aggiorna che ti aggiorna, questa volta si è pensato ad un ultimatum di tipo ecologista (ma guarda, chi ci avrebbe mai pensato!). E per controparte un governo americano così ottuso che più ottuso non si può (rappresentato da un'inflessibile Kathy Bates). Bisognava inoltre individuare un attore sufficientemente alieno e sufficientemente enigmatico per poter raccogliere l'eredità di Michael Rennie, e si deve ammettere che Keanu Reeves è perfetto per la parte, per quanto appaia molto più disorientato e indeciso rispetto al predecessore. Ma si sa, ormai anche noi terrestri siamo del tutto disorientati.
Fregandosi le mani per la contentezza, i nostri Autori devono essersi detti che il più era fatto. Si trattava di inserire un po' di effetti speciali e di seguire all'incirca la trama del primo film, rievocandone le spoglie con qualche citazione letterale. Peccato che le citazioni siano state buttate lì casualmente, quasi per dovere, o per darci un contentino, slegate e svuotate delle funzioni che esercitavano all'interno della storia. Vecchi cimeli, curiosità. Tant'è vero che ci si è dimenticati dell'episodio cruciale, così importante che lo cita anche il Merenghetti nel suo dizionario. Parlo dell'episodio a cui era affidato tutto il potenziale erotico del film: la donna che tenta di comunicare con il robot, sovrastata dalla sua presenza minacciosa. Nel film di Wise le regole erano chiare: l'alieno Klatu era angelico, assolutamente pacifico, mentre al robot era affidato il lavoro sporco. Dunque essendo l'alieno bello ma totalmente governato dall'elemento razionale, quindi un tantino asessuato, occorreva qualcuno a cui delegare la parte bruta, istintuale, il mondo oscuro degli impulsi. Ecco allora sbocciare il pathos dell'eterna fiaba della Bella e la Bestia, quando la donna si trova tremebonda di fronte a un King Kong d'acciaio. Eccola impegnata ad opporre alla forza bruta il controllo della parola, quindi del pensiero, mediante la formula che l'alieno le ha affidato: Klatu barada nicto. E la parola stenta, la voce manca, sotto il fascino crudele del mostro. Io vidi il film per la prima volta quando uscì nelle sale, negli anni cinquanta, e vi assicuro che allora era roba forte. In questa versione aggiornata la scena non è stata ritenuta necessaria. In compenso l'alieno dà una mano anche lui nel lavoro sporco: abbatte velivoli, uccide le persone e poi le rianima con una pomata (sembra la pubblicità del Voltaren) e così via. Il robot ne pensa una ancora migliore trasformandosi in uno sciame di api assassine (scusate, noi api eravamo state scritturate per un altro film, ma già che ci siamo...). Sembrano tutti molto confusi, e soprattutto il povero Klatu non sa che pesci prendere, nel momento in cui parte la procedura per la distruzione dell'umanità e lui deve trovare ad ogni costo una ragione per salvarla (non che lo desideri, si capisce bene che gli umani gli fanno schifo, e per ottimi motivi, ma il lieto fine si impone). Purtroppo perde l'unica occasione di trovare una ragione plausibile, quando si emoziona ascoltando la musica di Bach e tuttavia passa oltre (una delle tante citazioni frettolose). A un certo punto sembra proprio che lo sceneggiatore non sappia come cavarsela, traccheggia, continua a insistere sulla presenza della donna e del bambino, e per renderli più patetici li porta anche sulla tomba del babbo morto. Ma vi pare che l'Alieno, intelligentissimo e progreditissimo, e profondo conoscitore della specie umana di cui ha riprodotto in sé ogni minimo particolare, possa rimanere folgorato dalla scoperta degli affetti di una donna e di un moccioso, cose di cui dovrebbe essere già perfettamente al corrente, a tal punto da desistere da una missione interplanetaria? Confesso che, affogata in un oceano di banalità, per un attimo ho sperato che Keanu Reeves si togliesse la maschera lasciando spuntare la faccia gigionesca di De Sica, al grido di: salviamo il pianeta, perché qui si tromba alla grande! E scoprire che per sbaglio ero entrata a vedere il cine-panettone di natale. Sì, sarebbe stato un sollievo.
Ultimatum alla Terra, Usa 2008, regia di Scott Derrickson
Ultimatum alla Terra, Usa 1951, regia di Robert Wise
Parlo senza pregiudizi. Si sa che i remake ispirano sempre una certa diffidenza, e forse il modo migliore di vederli è prescindere completamente dal ricordo dell'originale, accettando di immergersi in un'esperienza nuova. Ma anche così questo film non funziona. E non certo perché gli Autori non si siano ispirati all'antico film di Robert Wise. Tutt'altro! Lo citano abbondantemente. Secondo me lo hanno visto ma non ci hanno capito niente. Non mi riferisco alla trama, che è semplicissima: voglio dire che non hanno capito quali sono i punti forti, i momenti topici, le ragioni del fascino che ancora esercita sullo spettatore. Parlo del film come parlerei di un romanzo: quello che non funziona è proprio la narrazione della storia.
Immagino che per prima cosa i cervelloni della celluloide si siano messi a tavolino per affrontare due problemi tecnici legati allo "svecchiamento" del film, cioè al modo di aggirare certe ingenuità poco tollerabili per il palato dello spettatore d'oggi. Il primo è l'organismo totalmente umano dell'alieno: come giustificarlo? Mumble mumble... ed ecco la pensata di spedirlo sulla terra sotto forma di embrione impacchettato in una schifosa gelatina placentare e farlo nascere qui, già bello grosso. E' una trovata come tante, e per niente nuova (vedi ad esempio i famosi 'baccelloni' de L'invasione degli ultracorpi, tanto per dirne una). Il secondo problema era la natura dell'ultimatum, che all'epoca scaturiva direttamente dalla guerra fredda. Aggiorna che ti aggiorna, questa volta si è pensato ad un ultimatum di tipo ecologista (ma guarda, chi ci avrebbe mai pensato!). E per controparte un governo americano così ottuso che più ottuso non si può (rappresentato da un'inflessibile Kathy Bates). Bisognava inoltre individuare un attore sufficientemente alieno e sufficientemente enigmatico per poter raccogliere l'eredità di Michael Rennie, e si deve ammettere che Keanu Reeves è perfetto per la parte, per quanto appaia molto più disorientato e indeciso rispetto al predecessore. Ma si sa, ormai anche noi terrestri siamo del tutto disorientati.
Fregandosi le mani per la contentezza, i nostri Autori devono essersi detti che il più era fatto. Si trattava di inserire un po' di effetti speciali e di seguire all'incirca la trama del primo film, rievocandone le spoglie con qualche citazione letterale. Peccato che le citazioni siano state buttate lì casualmente, quasi per dovere, o per darci un contentino, slegate e svuotate delle funzioni che esercitavano all'interno della storia. Vecchi cimeli, curiosità. Tant'è vero che ci si è dimenticati dell'episodio cruciale, così importante che lo cita anche il Merenghetti nel suo dizionario. Parlo dell'episodio a cui era affidato tutto il potenziale erotico del film: la donna che tenta di comunicare con il robot, sovrastata dalla sua presenza minacciosa. Nel film di Wise le regole erano chiare: l'alieno Klatu era angelico, assolutamente pacifico, mentre al robot era affidato il lavoro sporco. Dunque essendo l'alieno bello ma totalmente governato dall'elemento razionale, quindi un tantino asessuato, occorreva qualcuno a cui delegare la parte bruta, istintuale, il mondo oscuro degli impulsi. Ecco allora sbocciare il pathos dell'eterna fiaba della Bella e la Bestia, quando la donna si trova tremebonda di fronte a un King Kong d'acciaio. Eccola impegnata ad opporre alla forza bruta il controllo della parola, quindi del pensiero, mediante la formula che l'alieno le ha affidato: Klatu barada nicto. E la parola stenta, la voce manca, sotto il fascino crudele del mostro. Io vidi il film per la prima volta quando uscì nelle sale, negli anni cinquanta, e vi assicuro che allora era roba forte. In questa versione aggiornata la scena non è stata ritenuta necessaria. In compenso l'alieno dà una mano anche lui nel lavoro sporco: abbatte velivoli, uccide le persone e poi le rianima con una pomata (sembra la pubblicità del Voltaren) e così via. Il robot ne pensa una ancora migliore trasformandosi in uno sciame di api assassine (scusate, noi api eravamo state scritturate per un altro film, ma già che ci siamo...). Sembrano tutti molto confusi, e soprattutto il povero Klatu non sa che pesci prendere, nel momento in cui parte la procedura per la distruzione dell'umanità e lui deve trovare ad ogni costo una ragione per salvarla (non che lo desideri, si capisce bene che gli umani gli fanno schifo, e per ottimi motivi, ma il lieto fine si impone). Purtroppo perde l'unica occasione di trovare una ragione plausibile, quando si emoziona ascoltando la musica di Bach e tuttavia passa oltre (una delle tante citazioni frettolose). A un certo punto sembra proprio che lo sceneggiatore non sappia come cavarsela, traccheggia, continua a insistere sulla presenza della donna e del bambino, e per renderli più patetici li porta anche sulla tomba del babbo morto. Ma vi pare che l'Alieno, intelligentissimo e progreditissimo, e profondo conoscitore della specie umana di cui ha riprodotto in sé ogni minimo particolare, possa rimanere folgorato dalla scoperta degli affetti di una donna e di un moccioso, cose di cui dovrebbe essere già perfettamente al corrente, a tal punto da desistere da una missione interplanetaria? Confesso che, affogata in un oceano di banalità, per un attimo ho sperato che Keanu Reeves si togliesse la maschera lasciando spuntare la faccia gigionesca di De Sica, al grido di: salviamo il pianeta, perché qui si tromba alla grande! E scoprire che per sbaglio ero entrata a vedere il cine-panettone di natale. Sì, sarebbe stato un sollievo.
Ultimatum alla Terra, Usa 2008, regia di Scott Derrickson
Ultimatum alla Terra, Usa 1951, regia di Robert Wise
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