ATTUALITA'
Michele Lupo
Un altro capitolo di storia della schiavitù italiana. Due libri da non usare nei futuri manuali scolastici.
Un noto politico che da un pezzo fa il bello e il cattivo tempo in questo paese, si beccò un coccolone pare a causa di un eccesso di zelo sessuale. Si dice anche che si accompagnasse nella circostanza a una zoccola di quelle che rischiavano la clandestinità non in termini di legge varata guarda un po' dalle stesse parti, ma di visibilità televisiva – che per molte italiane oggi è un dramma pesantissimo. Si dice anche che per anni al noto politico infoiato come il giovane Mallarmé di cui solo a scuola si tace l'imbarazzato priapismo certo per la nota sensiblerie delle nostre professoresse, si dice che già da tempo, prima dell'incidente vascolare, al politico i suoi militanti portassero in dote temporanea – una notte, un'ora, una sveltina-ina – le proprie mogli, marcando così la differenza fra gli elettori semplici e quelli più fattivamente disposti alla causa: il motivo di orgoglio assicurava un comprensibile scarto di qualità rispetto alla crocetta in cabina elettorale.
Il business della prostituzione conosce strade e soddisfazioni infinite insomma, per molte è una tragedia, per alcuni il segno del trionfo. Per la signora deputato Carlucci per esempio il fatto che il suo padrone sia un gran consumatore di pasticchette dell'amore e che le ingurgiti come mentine davanti a stuoli di troie molto ben s-vestite, costituisce un ottimo esempio pedagogico per i ragazzi di tutta Italia, specie quelli partoriti da lei. Poiché nei libri di storia non ha trovato esempi altrettanto apologetici di satrapi intemperanti, si è molto adontata e ha minacciato sfracelli. Non solo vanno rivisti e possibilmente aboliti i Camera-Fabietti, ha detto, e gli altri manuali comunisti, ma ha inviato un chiaro messaggio ai redattori di manuali futuri: una specie di promemoria su come non farlo, un libro di storia. Che non lasci magari passare messaggi subliminali, per esempio, surrettizi, insinuanti. Quelle frasi "sottosemaforo" sulle quali a suo tempo ci ammoniva il principe De Curtis. Di sicuro due libri recenti che hanno per argomento la neoschiavitù di migliaia di donne africane non sarebbero di suo gradimento.
Potrebbe facilmente ritenerli di parte. Si dà il caso difatti che La fabbrica delle prostitute. Un viaggio nel mercato criminale del sesso (Newton Compton) del giornalista Giuseppe Carrisi (un'inchiesta destinata a diventare un docu-film) e 500 storie vere di Isoke Aikpitanyi (Ediesse, presentazione di Susanna Camuso) adombrino l'idea di un paese, il nostro, come luogo strategico di micidiali traffici per i quali si potrebbe tranquillamente parlare di schiavitù, di sfruttamento violento e coatto della prostituzione, insomma di una serie di orrori che francamente farebbero passare la voglia non di studiare ma persino di scopare a chiunque. Dopo il miracolo di aver tenuto insieme gli opposti del libertinismo (lo chiamano così) e della benedizione del Vaticano, non farebbe piacere a questa maggioranza un'eccessiva pubblicità su due libri ahiloro cupi e drammatici; di quelli che senza farlo apposta "gettano nel discredito il nostro paese e favoriscono una pessima immagine internazionale" direbbe la signora Carlucci. Già, perchè le inchieste di Carrisi e Isoke Aikpitanyi, ricche di testimonianze e dati a sostegno, rivelano che le mafie italiane lucrano sui traffici delle donne africane, trovano il modo di guadagnare sugli sbarchi nel meridione, preparano le piazze per le stesse donne ingabbiate e irretite da lusinghe e disperazione insieme, fanno (facevano – ora ci tirano le bombe) la cresta ai momentanei fermi nei bordelli libici...
Si dà il caso che nonostante il dominio schiacciante dei media governativi, sia noto come nel Pdl il numero di politici più o meno direttamente implicati con mafia, camorra e altre specialità nostrane sia considerevole e che senza questa occupazione del territorio in tutti i suoi gangli decisivi, l'Italia non potrebbe "ospitare" quella canea di disgraziate schiavizzate a forza di riti voodoo prima, torture vecchio stile poi e mazzate anche mortali per finirla una volta per tutte.
Nei due libri le testimonianze dirette si sprecano, in quello di Carrisi molte pagine sono dedicate all'esperienza terribile di Amina, ragazza nigeriana: un viaggio allucinante nel deserto che l'ha portata fino alla Libia, una traversata drammatica via gommone per l'Italia - il resto merita di esser letto.
Anche nell'inchiesta sulle ragazze africane di 500 storie vere emerge una rete sommersa di complicità che diverse realtà italiane intrattengono con i trafficanti – senza di esse sarebbe molto più difficile sistemare le ragazze nelle zone in cui "vengono assicurati" meno controlli. La rete implica documenti falsi, ricatti, debiti inestinguibili, la "protezione" delle maman (pare circa 10 mila ex prostitute passate di grado), protette a loro volta, e un giro di clienti pazzesco, un numero di puttanieri italici che alcuni insinuano così alto da spiegare in parte il duraturo consenso del capo. Se ci si mette pure il fatto che non di rado sono minorenni, con tutto quello che evoca questo dettaglio, si intuisce perché inchieste di questo genere probabilmente non faranno parte dei cosiddetti "documenti" di storia sociale che accompagnano i testi migliori dei manuali.
Ne potrebbero nascere sinistre associazioni mentali, l'idea che le mignotte possano essere seviziate potrebbe gettare una luce negativa sulle stanze di certe ville sarde o brianzole, per esempio, oppure magari farebbero capolino domande oziose e tendenziose, del genere: perché Berlusconi dava i soldi a Ruby che pure era la nipote di Mubarak per salvarla da certi propositi e niente a queste poveracce che di sicuro la davano a chiunque?
Il business della prostituzione conosce strade e soddisfazioni infinite insomma, per molte è una tragedia, per alcuni il segno del trionfo. Per la signora deputato Carlucci per esempio il fatto che il suo padrone sia un gran consumatore di pasticchette dell'amore e che le ingurgiti come mentine davanti a stuoli di troie molto ben s-vestite, costituisce un ottimo esempio pedagogico per i ragazzi di tutta Italia, specie quelli partoriti da lei. Poiché nei libri di storia non ha trovato esempi altrettanto apologetici di satrapi intemperanti, si è molto adontata e ha minacciato sfracelli. Non solo vanno rivisti e possibilmente aboliti i Camera-Fabietti, ha detto, e gli altri manuali comunisti, ma ha inviato un chiaro messaggio ai redattori di manuali futuri: una specie di promemoria su come non farlo, un libro di storia. Che non lasci magari passare messaggi subliminali, per esempio, surrettizi, insinuanti. Quelle frasi "sottosemaforo" sulle quali a suo tempo ci ammoniva il principe De Curtis. Di sicuro due libri recenti che hanno per argomento la neoschiavitù di migliaia di donne africane non sarebbero di suo gradimento.
Potrebbe facilmente ritenerli di parte. Si dà il caso difatti che La fabbrica delle prostitute. Un viaggio nel mercato criminale del sesso (Newton Compton) del giornalista Giuseppe Carrisi (un'inchiesta destinata a diventare un docu-film) e 500 storie vere di Isoke Aikpitanyi (Ediesse, presentazione di Susanna Camuso) adombrino l'idea di un paese, il nostro, come luogo strategico di micidiali traffici per i quali si potrebbe tranquillamente parlare di schiavitù, di sfruttamento violento e coatto della prostituzione, insomma di una serie di orrori che francamente farebbero passare la voglia non di studiare ma persino di scopare a chiunque. Dopo il miracolo di aver tenuto insieme gli opposti del libertinismo (lo chiamano così) e della benedizione del Vaticano, non farebbe piacere a questa maggioranza un'eccessiva pubblicità su due libri ahiloro cupi e drammatici; di quelli che senza farlo apposta "gettano nel discredito il nostro paese e favoriscono una pessima immagine internazionale" direbbe la signora Carlucci. Già, perchè le inchieste di Carrisi e Isoke Aikpitanyi, ricche di testimonianze e dati a sostegno, rivelano che le mafie italiane lucrano sui traffici delle donne africane, trovano il modo di guadagnare sugli sbarchi nel meridione, preparano le piazze per le stesse donne ingabbiate e irretite da lusinghe e disperazione insieme, fanno (facevano – ora ci tirano le bombe) la cresta ai momentanei fermi nei bordelli libici...
Si dà il caso che nonostante il dominio schiacciante dei media governativi, sia noto come nel Pdl il numero di politici più o meno direttamente implicati con mafia, camorra e altre specialità nostrane sia considerevole e che senza questa occupazione del territorio in tutti i suoi gangli decisivi, l'Italia non potrebbe "ospitare" quella canea di disgraziate schiavizzate a forza di riti voodoo prima, torture vecchio stile poi e mazzate anche mortali per finirla una volta per tutte.
Nei due libri le testimonianze dirette si sprecano, in quello di Carrisi molte pagine sono dedicate all'esperienza terribile di Amina, ragazza nigeriana: un viaggio allucinante nel deserto che l'ha portata fino alla Libia, una traversata drammatica via gommone per l'Italia - il resto merita di esser letto.
Anche nell'inchiesta sulle ragazze africane di 500 storie vere emerge una rete sommersa di complicità che diverse realtà italiane intrattengono con i trafficanti – senza di esse sarebbe molto più difficile sistemare le ragazze nelle zone in cui "vengono assicurati" meno controlli. La rete implica documenti falsi, ricatti, debiti inestinguibili, la "protezione" delle maman (pare circa 10 mila ex prostitute passate di grado), protette a loro volta, e un giro di clienti pazzesco, un numero di puttanieri italici che alcuni insinuano così alto da spiegare in parte il duraturo consenso del capo. Se ci si mette pure il fatto che non di rado sono minorenni, con tutto quello che evoca questo dettaglio, si intuisce perché inchieste di questo genere probabilmente non faranno parte dei cosiddetti "documenti" di storia sociale che accompagnano i testi migliori dei manuali.
Ne potrebbero nascere sinistre associazioni mentali, l'idea che le mignotte possano essere seviziate potrebbe gettare una luce negativa sulle stanze di certe ville sarde o brianzole, per esempio, oppure magari farebbero capolino domande oziose e tendenziose, del genere: perché Berlusconi dava i soldi a Ruby che pure era la nipote di Mubarak per salvarla da certi propositi e niente a queste poveracce che di sicuro la davano a chiunque?
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