ATTUALITA'
Stefano Torossi
Un anniversario importante
Il nostro spiritoso amico Bruno Lauzi (guarda quante volte ritorna nei nostri pensieri adesso che non c'è più) a proposito degli inni diceva che la statura media dei cittadini, anzi, meglio ancora, la lunghezza delle gambe dei soldati di un paese si può facilmente dedurre dal tempo di metronomo del suo inno nazionale. Più veloce è l'inno, più corte le gambe. Lauzi, che di gambe corte se ne in-tendeva, aveva ragione. Basta ascoltare "Fratelli d'Italia" insieme con "God save the Queen", o con l'inno americano, e la differenza di velocità c'è. Questione di gambe.
Ascoltare una banda e trovarsi ad andare al passo con il ritmo dei tamburi è automatico. Noi che siamo degli snob e non vogliamo mostrarci così emozionabili, qualche volta facciamo uno sfor-zo per spezzare la cadenza e passeggiare disinvolti, ma non è facile.
Ora, non è certo una grande scoperta che gli strumenti a percussione, i primi a essere inventati dall'uomo, tendono a riprodurre ritmi naturali. E il ritmo più naturale che accompagna ogni animale perfino da prima della nascita è il battito cardiaco (quello della madre, poi il proprio).
Dunque, il cuore di un uomo giovane e sano batte sessanta volte al minuto. Mentre il tempo della marcia funebre è in sincrono con il cuore: 60, quello della marcia militare è esattamente il doppio: 120. Significa che un soldato che marcia fa due passi per ogni pulsazione cardiaca. E' così naturale seguirlo, che in realtà non servirebbe neanche la musica. (Forse la gente del nord, oltre che le gambe più lunghe, ha il cuore più lento, chissà).
A proposito di cuori e di battiti (in fondo è musica anche questa) c'è una teoria che ci affascina, e un po' ci spaventa. Sostiene che i cuori di tutti gli animali sono programmati per battere, in totale, più o meno lo stesso numero di volte prima di fermarsi. E questo determina la durata della vita di ognuno di noi (umani e bestie). Perché se il cuore di un elefante batte 30 volte al minuto, quello di un uomo 60, e quello di un criceto 420, significa che la vita di un uomo dura la metà di quella di un elefante, ma sette volte quella di un criceto. Naturalmente, e per fortuna, questo non è più vero, uni-camente perché noi abbiamo scoperto la penicillina, e l'elefante e il criceto no. Solo adesso, però. Poche centinaia di anni fa il rapporto doveva essere proprio quello.
Ovvio che questa chiacchierata, partita a ritmo di inni nazionali, ci porta a questo anniversario, il centocinquantesimo dell'Unità d'Italia. Siamo andati in giro, non tanto per la città, quanto per la rete, a cercare testimonianze. Ne abbiamo trovate molte: troppo trombone, troppo banali, troppo commosse (qualcuna anche troppo cafona: vedi Lega Nord).
Allora abbiamo ristretto la scelta a due. La prima è una buona idea realizzata con tre euro. E' un breve video-arte che gira su You Tube. Si intitola "Bandiere", è tutto meno che retorico, è buffo ma non ridicolo, poetico ma non melenso, animazione su immagini reali, una canzone davvero par-ticolare lo accompagna. Insomma, vale la pena di cercarlo perché vale la pena di guardarlo. E' fir-mato da un nome nuovo: Francesco D'Ascenzo.
La seconda, ve la annunciamo con un fremito: è il video di Allevi che dirige l'inno nazionale!
Dopo Sanremo, con l'omaggio di Benigni all'inno, merita guardare il servizietto che in questa occasione gli fa Allevi.
In realtà non è che suoni male, soprattutto perché è uno di quei pezzi che qualunque orchestra sa fare anche senza direzione, figuriamoci la Sinfonica della Rai.
E' che vedere questo pupazzetto con la solita maglietta, i soliti jeans, i soliti capelli, i soliti oc-chialetti, che fa dei gesti e dà all'orchestra indicazioni del tutto futili ci provoca imbarazzo (imba-razzo che ci pare condiviso dal regista della ripresa il quale, con la telecamera, insiste molto sull'orchestra e poco sul direttore). Sempre però misto all'ammirazione che continuiamo a provare per questo genio dell'autopromozione, capace di dire (nell'intervista che accompagna la ripresa) sciocchezze new age, tipo "Tutto sommato sono un artista" oppure "In fondo io sono un simpatico megalomane".
Ma lo sapete che cominciamo ad avere il sospetto che, sotto sotto, ci creda anche lui!?
Ascoltare una banda e trovarsi ad andare al passo con il ritmo dei tamburi è automatico. Noi che siamo degli snob e non vogliamo mostrarci così emozionabili, qualche volta facciamo uno sfor-zo per spezzare la cadenza e passeggiare disinvolti, ma non è facile.
Ora, non è certo una grande scoperta che gli strumenti a percussione, i primi a essere inventati dall'uomo, tendono a riprodurre ritmi naturali. E il ritmo più naturale che accompagna ogni animale perfino da prima della nascita è il battito cardiaco (quello della madre, poi il proprio).
Dunque, il cuore di un uomo giovane e sano batte sessanta volte al minuto. Mentre il tempo della marcia funebre è in sincrono con il cuore: 60, quello della marcia militare è esattamente il doppio: 120. Significa che un soldato che marcia fa due passi per ogni pulsazione cardiaca. E' così naturale seguirlo, che in realtà non servirebbe neanche la musica. (Forse la gente del nord, oltre che le gambe più lunghe, ha il cuore più lento, chissà).
A proposito di cuori e di battiti (in fondo è musica anche questa) c'è una teoria che ci affascina, e un po' ci spaventa. Sostiene che i cuori di tutti gli animali sono programmati per battere, in totale, più o meno lo stesso numero di volte prima di fermarsi. E questo determina la durata della vita di ognuno di noi (umani e bestie). Perché se il cuore di un elefante batte 30 volte al minuto, quello di un uomo 60, e quello di un criceto 420, significa che la vita di un uomo dura la metà di quella di un elefante, ma sette volte quella di un criceto. Naturalmente, e per fortuna, questo non è più vero, uni-camente perché noi abbiamo scoperto la penicillina, e l'elefante e il criceto no. Solo adesso, però. Poche centinaia di anni fa il rapporto doveva essere proprio quello.
Ovvio che questa chiacchierata, partita a ritmo di inni nazionali, ci porta a questo anniversario, il centocinquantesimo dell'Unità d'Italia. Siamo andati in giro, non tanto per la città, quanto per la rete, a cercare testimonianze. Ne abbiamo trovate molte: troppo trombone, troppo banali, troppo commosse (qualcuna anche troppo cafona: vedi Lega Nord).
Allora abbiamo ristretto la scelta a due. La prima è una buona idea realizzata con tre euro. E' un breve video-arte che gira su You Tube. Si intitola "Bandiere", è tutto meno che retorico, è buffo ma non ridicolo, poetico ma non melenso, animazione su immagini reali, una canzone davvero par-ticolare lo accompagna. Insomma, vale la pena di cercarlo perché vale la pena di guardarlo. E' fir-mato da un nome nuovo: Francesco D'Ascenzo.
La seconda, ve la annunciamo con un fremito: è il video di Allevi che dirige l'inno nazionale!
Dopo Sanremo, con l'omaggio di Benigni all'inno, merita guardare il servizietto che in questa occasione gli fa Allevi.
In realtà non è che suoni male, soprattutto perché è uno di quei pezzi che qualunque orchestra sa fare anche senza direzione, figuriamoci la Sinfonica della Rai.
E' che vedere questo pupazzetto con la solita maglietta, i soliti jeans, i soliti capelli, i soliti oc-chialetti, che fa dei gesti e dà all'orchestra indicazioni del tutto futili ci provoca imbarazzo (imba-razzo che ci pare condiviso dal regista della ripresa il quale, con la telecamera, insiste molto sull'orchestra e poco sul direttore). Sempre però misto all'ammirazione che continuiamo a provare per questo genio dell'autopromozione, capace di dire (nell'intervista che accompagna la ripresa) sciocchezze new age, tipo "Tutto sommato sono un artista" oppure "In fondo io sono un simpatico megalomane".
Ma lo sapete che cominciamo ad avere il sospetto che, sotto sotto, ci creda anche lui!?
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