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ATTUALITA'

Giangiacomo Gandolfi

Valis e la 'dissociazione' nelle opere di Philip K.Dick. (Seconda parte)

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In Divina invasione, ancora, troviamo la figura di Linda Fox che oscilla continuamente tra bacini attrattori diversi: spontanea e articiosa, simbolo vuoto dello 'Starsystem' e umanissima compagna ideale, alfiere del Male sulla terra e salvifico riflesso della divinità. Per una volta, qui, costringe il caos a uniformarsi alle sue ansie religiose, alla sua sete di trascendenza, e trasfigura definitivamente la cantante in perfezione paradisiaca, pura umanità, catartica innocenza. Ma è solo un'oasi di temporanea serenità: ovunque, nei romanzi di questo scrittore americano, l'informe finisce per degenerare in entropia, dissoluzione, in quella forza oscura che irrompe anche nella classica regolarità delle rovine romane delle incisioni di Giovanni Battista Piranesi, architetto settecentesco di origini veneziane.

Tornando a Valis dunque, la trilogia è la storia della schizofrenia del narratore Dick, vissuta in soggettiva. Ebbene, lo stesso sedicente Phil Dick afferma nel capitolo 7 del romanzo che Horselover Fat (la sua seconda personalità) è stato sottoposto a test clinici psichiatrici e non è risultato affetto da alcuna forma di schizofrenia. Qualche capitolo più avanti, invece, ammette, in seguito all'intervento del satellite Valis e della bambina-divinità Sophia, che Horselover Fat è lui stesso: Philip (Philos hippon,amante dei cavalli in greco, 'horselover' in inglese) Dick (grasso in tedesco, 'fat' in inglese).

Voltandomi per parlare a Fat... non vidi nessuno (...) Fat era sparito. Nulla restava di lui.

Siamo in presenza di affermazioni squisitamente paradossali, sul genere del notissimo 'Epimenide, cretese, sostiene che tutti i cretesi mentono' o della coppia di affermazioni che si annullano reciprocamente: 'L'enunciato che segue è vero. L'enunciato precedente è falso'.

Ma è chiaro che in questo caso, come in numerosi altri della narrativa dickiana, il problema non è puramente semantico e mira piuttosto ad una provocazione nei confronti del lettore, ad una messa in discussione delle sue categorie percettive e valutative.

Siamo dunque arrivati a quello che è uno dei temi preferiti da Dick, e cioè l'intersezione tra due e più realtà diverse. Spessissimo l'autore utilizza una struttura 'a strati' dello spazio-tempo, coi personaggi che passano da un livello all'altro senza soluzione di continuità. Potremmo parlare di effetto di vertigine per una 'caduta libera' che non ammette distinzioni alto-basso o avanti dietro. Il Barney Meyerson de Le tre stigmate di Palmer Eldritch conosce molto bene questa sensazione: lo stesso ritorno ad una realtà consensuale non garantisce certezza, perché nessuno può dire se il livello a cui si è giunti è quello di partenza, e da un momento all'altro tutto può nuovamente disgregarsi.

Gli 'strati' di cui parliamo non vanno visualizzati necessariamente come piani sovrapposti: ogni romanzo presenta una sua specifica geometria, più o meno identificabile. Vediamone alcuni esempi.

In Ubik che è l'ultimo lavoro della prima fase, abbiamo un universo strutturato come una 'bottiglia di Klein': Joe Chip si ritrova nel mondo della semivita in seguito ad una discontinuità (la morte), ma non se ne accorge se non dopo parecchio tempo. Glen Runciter, dall'altro lato della bottiglia, può comunicare con lui tramite 'interferenze' (ad esempio appare in un televisore durante la fase di dubbio metafisico che Chip attraversa subito dopo il trapasso), ma senza percepire il passaggio si ritrova inglobato anche lui nella nuova e instabile realtà post-mortem (in una memorabile scena finale). Come in questo caso, una creatura che vive sulla superficie del solido di Klein non è assolutamente in grado di avvertire l'inversione interno-esterno.

Un'altra inversione di questo tipo, ma più legata al carattere soggettivo della percezione e leggermente più complessa, la si ritrova in Le tre stigmate di Palmer Eldritch e in Mr Lars sognatore d'armi. I coloni marziani del primo romanzo, per fuggire alla monotonia e alla frustrazione della vita su quel pianeta, assumono una droga che permette loro di immedesimarsi nel mondo del bambolotto 'Perky Pat', un plastico in miniatura che riproduce la normalità terrestre. Vivono così all'interno di quell'ambiente artificiale su un piano puramente mentale, mentre il loro corpo rimane nella squallida abitazione marziana: abbiamo quindi un'inversione interno-esterno associata ad una sorta di stato di 'ubiquità' permesso dalla scissione mente-corpo.

In Dick prevale il modello di 'connessione multipla' con rarissime eccezioni, tra cui Vedere un altro orizzonte, uno dei pochi romanzi in cui sia presente un varco dimensionale, ben definito e localizzato nel tessuto spazio-temporale. Per avere una perfetta esemplificazione del modello opposto, torniamo alla Trilogia di Valis: in Divina invasione Herb Asher, in stato di sospensione crionica, rivive le sue esperienze passate di tecnico su un pianetino del sistema CY30-CY30b, ma risente delle interferenze di una potente stazione radio situata nei pressi del magazzino in cui è custodito il suo corpo congelato.

Sdraiato sulla sua cuccetta, Asher ascoltava il suo nastro preferito di Linda Fox. Stava cercando di capire il perché di un disturbo di fondo, una mielosa versione per archi di un famoso musical di Brodway o di qualche altra porcheria della fine del ventesimo secolo.

La situazione opposta si verifica più avanti, quando Asher è uscito di sospensione crionica e si trova a bordo di un'eliauto, diretto verso la California.

Di colpo si accorse che una sciropposa musica d'archi aveva invaso la cabina (...) Lo stereo dell'auto era acceso? (...) No, non era acceso (...) Sono in sospensione crionica pensò. E' quel gigantesco trasmettitore FM a due passi.

Qui i due strati di realtà coesistono senza alcuna netta discontinuità tra l'uno e l'altro e, come di consueto, insinuano un'inquietante ambiguità percettiva nella mente del lettore.

Concludo questa panoramica sulle strutture topologiche dell'universo dickiano con una delirante e aggrovigliata citazione di inequivocabile sapore 'idealistico' dall'Esegesi di Horselover Fat: Noi ipostatizziamo le informazioni in oggetti. La riorganizzazione di oggetti significa una trasformazione nel contenuto dell'informazione; il messaggio è cambiato. Questo è un linguaggio per cui noi abbiamo perso la capacità di leggere. Noi stessi siamo parte di questo linguaggio; trasformazioni dentro di noi sono trasformazioni nel contesto delle informazioni. Noi stessi siamo pieni di informazioni; le informazioni entrano in noi, vengono elaborate e quindi nuovamente proiettate all'esterno in forma modificata. Noi non ci rendiamo conto di fare questo, che è in realtà l'unica cosa che facciamo.







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