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Alfredo Ronci

Villaggio globale? No anticlericale e la Svezia marcia

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C'è una bellissima intervista a Paolo Villaggio su L'Espresso del 3 luglio 2008. Parlando un po' a ruota libera e un po' pubblicizzando il suo libro Storia della libertà di pensiero (Feltrinelli) l'attore inanella una serie di considerazioni sulla politica e sulla religione che non può non affascinare soprattutto perché impreziosite da una verve anticlericale che un paese come il nostro ha già da tempo relegato tra le pratiche da abbandonare.

Sulla Chiesa dice: E' stata la più grande forza reazionaria della storia, contraria a qualsiasi tipo discoperta, evoluzione, originalità che scalfisse la sua autorità: la terra è piatta e il sole ci gira intorno, roba così. Galileo per non essere bruciato vivo dovette ammettere d'essersi sbagliato in tutto.

Inezie, dirà qualcuno. Certo, d'altronde la Chiesa stessa ha ormai fatto il mea culpa nei confronti dello scienziato, ma ricordare il pensiero schiacciante del potere ecclesiastico credo non sia mai abbastanza.

Sull'attuale papa, Villaggio sentenzia: ...è molto elegante, ha un accento che se si veste da SS con quella faccia fa svenire tutti gli ebrei che incontra. E' inutile che s'incazzi. La retorica della povertà è quella che ha vinto sempre: San Francesco a piedi nudi, Ghandi vestito da paria, Teresa di Calcutta in sandali. Se vuol salire in classifica, si metta un saio da francescano, impari l'arabo e vada a Gaza a fare un discorso...

Mi chiedo quale politico, che si considera pure di sinistra, se non addirittura rifondatore del comunismo, avrebbe il coraggio di parlare a questo modo.

Mi ha incuriosito questa intervista perché, al di là dell'esuberanza, come si diceva, anticlericale, paradossalmente ribadisce un primato, quello dell'influenza della Chiesa, che ha curiosi addentellati in paesi che mai avremmo pensato 'alleati' di un cattolicesimo pervasivo.

Nel libro di Stieg Larsson La ragazza che giocava con il fuoco (1), secondo volume della trilogia 'Millennium' che in tutta Europa ha definitamente consacrato l'autore (purtroppo già scomparso) come uno degli scrittori di noir più convincenti del panorama mondiale, si trova una considerazione sulla religione che, nella sua schematica semplicità, dà da riflettere e ci convince ancora di più dell'assunto poc'anzi indicato. Jan Bublanski, un investigatore ebreo che sta indagando su un triplice omicido, tornando a casa viene colto da una osservazione improvvisa: riteneva che per riflettere una chiesa cattolica fosse un posto buono come qualsiasi altro, ed era convinto che Dio non si sarebbe dispiaciuto. C'era una grossa differenza fra cattolicesimo e giudaismo. Alla sinagoga si andava per cercare la compagnia di altre persone della comunità. I cattolici invece andavano in chiesa mossi dal desiderio di starsene in pace con Dio. L'intera chiesa era un invito al silenzio e a lasciare tranquillo ogni visitatore.

Davvero curioso: come se nelle sinagoghe s'importunassero i visitatori o se un'ottima enoteca non possa essere luogo altrettanto intimo per star in pace con se stessi magari pure bevendo un vinello sostanzioso ed amabile.

Chiariamoci: l'appunto riportato è solo una goccia nel mare di avvincenti avventure del 'Millennium due', ma secondo me lascia nel lettore (lettore, lasciatemi pensare per una volta, convintamente laico) un turbamento che non è facile nascondere. Turbamento che poi viene travolto dal seguito della vicenda.

E qui tranquillizzerei i seguaci di Stieg Larsson. Nonostante le settecento e più pagine del libro, ritroviamo tutte le cose buone del primo volume (che noi orchi abbiamo ampiamente trattato in una precedente sinagoga e precisamente La Svezia noir e la politica sporca) e in più un dispiegamento di un bagaglio psicologico nella costruzione del personaggio di Lisbeth Salander (la ricordate? La giovane hacker tecnologicamente super-efficiente, ma dal passato e dal comportamento burrascosi) che a tratti ricorda, coi dovuti distinguo, la trilogia cinematografica dedicata a Jason Bourne, e quindi proprio il personaggio Bourne.

Stieg Larsson poi non demorde nella sua lucida ed anche appassionata disamina della società svedese. Se nel primo volume aveva messo il dito nella 'piaga' dell'indifferenziazione dell'assetto politico (leggi: i partiti, o comunque li si voglia chiamare, nei loro stanchi proclami, sono un po' tutti uguali), qui insiste nella struttura marcia della società in cui vive (ahimé, viveva). E dice tra l'altro: la Svezia è uno dei paesi che compera (a dir la verità la traduzione dice 'comperano', ma si sa, in un testo di settecento e più pagine, qualche svarione grammaticale può capitare) il maggior numero pro-capite di prostitute dalla Russia e dai paesi balcani.

Prosit verrebbe da dire (ma forse nulla rispetto a quello che si legge nel noir islandese La voce di Arnaldur Indridason, di cui ci andremo ad interessare tra non molto, che presenta un Islanda dove il traffico di prostitute avviene nei più esclusivi alberghi di Rejkiavik e dove la droga circola allo stesso modo dell'acqua che sgorga da una fonte).

Quindi è fin troppo evidente che se cercate un noir appassionato ed avvincente e che smembri le vostre convinzioni che nel mondo esistano isole felice dove abitare serenamente senza dover fare i conti tutti i giorni con la delinquenza e con gli intrighi di palazzo (curioso che questa necessità sia propria del lettore di noir. Una sorta di scaramantico transfert?), La ragazza che giocava con il fuoco fa davvero al caso vostro.

Se poi siete dei laici convinti, portate pazienza. Se no prendetevela con l'ispettore Bublanski. Più di questo non posso suggerirvi.





(1) Stieg Larsson – La ragazza che giocava con il fuoco – Marsilio Editore – Pag. 754 – Euro 19,50







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