RECENSIONI
Luisa Carnielli Ervas&Fulvio Ervas
Commesse di Treviso
Marcos y Marcos, Pag.269 Euro 14,50
Diceva il buon Riccardo Bertoncelli, tempo fa, a proposito di musica, come fosse impossibile star dietro a tutte le proposte che uscivano sul mercato. Dicasi lo stesso per il noir.
E' proprio una questione di abbondanza di materiale in vetrina. E su ciò si discettava, in uno dei tanti incontri in programma, alla mostra della piccola e media editoria.
Ci si chiedeva inoltre: ma come mai tutto questo successo? Tra le tante, a volte anche improvvisate, risposte non ho sentito quella , secondo me, la più azzeccata: è cambiato il modo di leggere degli italiani perché è cambiato il tempo di lettura, nel senso proprio di dedicare al libro le ore necessarie e l'attenzione di cui avrebbe bisogno. E la fretta produce l'imbroglio, anzi... l'intreccio.
La soluzione di un'enigma, sia esso ambientato ai tempi nostri che in epoche passate, aggancia il lettore distratto e produce dunque la moltiplicazione delle offerte, secondo una richiesta di mercato che Marx aveva sapientemente analizzato.
Dunque noir come robaccia? Assolutamente no, si potrebbe persino dire che proprio perché l'aggancio funziona, funziona tutta la struttura e sopravvive. Di più furoreggia.
Occorrono dei distinguo e il noir in questione può darci una mano.
Ri-abbiamo una coppia. In Italia poi la tradizione è di molti carati. Fruttero e Lucentini hanno scritto alcuni dei più bei romanzi gialli del dopoguerra, mai disgiungendo ironia e nettezza sociologica (tra tutti A che punto è la notte).
Luisa e Fulvio Ervas (ma lei, giustamente è anche in Carnielli) giocano di più la prima carta, meno la seconda, ma non per ciò viene meno l'ossatura generale, perché tra riffe e raffe, ad indagare i patri putativi, il sottoscritto sente puzza persino dell'ingegner Gadda e del suo Pasticciaccio.
Stucky suscitò un moto di sorpresa contenuta non appena varcò la soglia senza alcun cenno di bagaglio, senza l'accompagnamento di uno chaperon, senza niente che ne comprovasse l'animo di viaggiatore per diletto nelle terre d'Europa.
Sembra nulla, ma in questi pochi cenni trascritti vi scorgo un'eleganza sonnacchiosa che segna il distacco dai più: una mezza spanna, mica tanto, ma la coppia è misurata e centrata (a volte sembra addirittura trattenuta).
Ma quando si è in due il quesito quasi mai è il bilancio della lingua, ma la divisione del lavoro. Cosa c'è allora della Luisa e cosa del Fulvio? Io azzardo un'ipotesi, perché la frequentazione della materia me lo consente. A Fulvio deputerei la fatica più grossa, quella proprio dello scrivere. Anche nel tratteggio dello stesso ispettore Stucky sento una mano maschile, sicuramente virile. Alla Luisa lascio l'impianto, il tutto intorno, il gioioso parteur delle commesse e la psicologia della vittima.
Qualcuno lo so sbufferà: parli parli, di carte e di bilanci, di maschile e femminile, di Gadda e del pasticcio, ma la trama?
Eccola? Davvero in breve, perché mai come stavolta la lettura del libro m'ha portato a considerare cosa c'è dietro e non quello che brilluccica davanti: Treviso, città davvero amena, una serie di violenze su un gruppo di commesse che lavora in centro. Alla fine ci scappa il morto. Una ragazza di colore figlia di una famiglia benestante del luogo. La soluzione del delitto: il giorno di natale. E dimenticavo: s'aggira tra le righe uno strano imprenditore di rifiuti, un "fondatore" di discarica, eroe e martire nello stesso tempo. Stop tutto qua.
Dicevamo: quel che c'è dietro. Perché il giallo, in sé, ha qualche dimenticanza, un rappresentare la trama che a volte poco c'azzecca e fa grigio. Ma la luce sta nella verve di una lingua viva ed affilata che da segno indelebile più di una volta, e nel migliore dei casi, addirittura consacra il sentimento migliore, quello per eccellenza: "Uno inutile, ascolti me. E forse cattivo. Perché la cattiveria viene dalla scarsità. Se c'è poco ossigeno il carbone brucia e diventa veleno, ma se c'è abbastanza ossigeno non succede nulla. Se c'è abbastanza amore non diventi mai cattivo. Guardi me: io sono stato amato anche da mia nonna...". Anche questa è sociologia. Altro che!
di Alfredo Ronci
E' proprio una questione di abbondanza di materiale in vetrina. E su ciò si discettava, in uno dei tanti incontri in programma, alla mostra della piccola e media editoria.
Ci si chiedeva inoltre: ma come mai tutto questo successo? Tra le tante, a volte anche improvvisate, risposte non ho sentito quella , secondo me, la più azzeccata: è cambiato il modo di leggere degli italiani perché è cambiato il tempo di lettura, nel senso proprio di dedicare al libro le ore necessarie e l'attenzione di cui avrebbe bisogno. E la fretta produce l'imbroglio, anzi... l'intreccio.
La soluzione di un'enigma, sia esso ambientato ai tempi nostri che in epoche passate, aggancia il lettore distratto e produce dunque la moltiplicazione delle offerte, secondo una richiesta di mercato che Marx aveva sapientemente analizzato.
Dunque noir come robaccia? Assolutamente no, si potrebbe persino dire che proprio perché l'aggancio funziona, funziona tutta la struttura e sopravvive. Di più furoreggia.
Occorrono dei distinguo e il noir in questione può darci una mano.
Ri-abbiamo una coppia. In Italia poi la tradizione è di molti carati. Fruttero e Lucentini hanno scritto alcuni dei più bei romanzi gialli del dopoguerra, mai disgiungendo ironia e nettezza sociologica (tra tutti A che punto è la notte).
Luisa e Fulvio Ervas (ma lei, giustamente è anche in Carnielli) giocano di più la prima carta, meno la seconda, ma non per ciò viene meno l'ossatura generale, perché tra riffe e raffe, ad indagare i patri putativi, il sottoscritto sente puzza persino dell'ingegner Gadda e del suo Pasticciaccio.
Stucky suscitò un moto di sorpresa contenuta non appena varcò la soglia senza alcun cenno di bagaglio, senza l'accompagnamento di uno chaperon, senza niente che ne comprovasse l'animo di viaggiatore per diletto nelle terre d'Europa.
Sembra nulla, ma in questi pochi cenni trascritti vi scorgo un'eleganza sonnacchiosa che segna il distacco dai più: una mezza spanna, mica tanto, ma la coppia è misurata e centrata (a volte sembra addirittura trattenuta).
Ma quando si è in due il quesito quasi mai è il bilancio della lingua, ma la divisione del lavoro. Cosa c'è allora della Luisa e cosa del Fulvio? Io azzardo un'ipotesi, perché la frequentazione della materia me lo consente. A Fulvio deputerei la fatica più grossa, quella proprio dello scrivere. Anche nel tratteggio dello stesso ispettore Stucky sento una mano maschile, sicuramente virile. Alla Luisa lascio l'impianto, il tutto intorno, il gioioso parteur delle commesse e la psicologia della vittima.
Qualcuno lo so sbufferà: parli parli, di carte e di bilanci, di maschile e femminile, di Gadda e del pasticcio, ma la trama?
Eccola? Davvero in breve, perché mai come stavolta la lettura del libro m'ha portato a considerare cosa c'è dietro e non quello che brilluccica davanti: Treviso, città davvero amena, una serie di violenze su un gruppo di commesse che lavora in centro. Alla fine ci scappa il morto. Una ragazza di colore figlia di una famiglia benestante del luogo. La soluzione del delitto: il giorno di natale. E dimenticavo: s'aggira tra le righe uno strano imprenditore di rifiuti, un "fondatore" di discarica, eroe e martire nello stesso tempo. Stop tutto qua.
Dicevamo: quel che c'è dietro. Perché il giallo, in sé, ha qualche dimenticanza, un rappresentare la trama che a volte poco c'azzecca e fa grigio. Ma la luce sta nella verve di una lingua viva ed affilata che da segno indelebile più di una volta, e nel migliore dei casi, addirittura consacra il sentimento migliore, quello per eccellenza: "Uno inutile, ascolti me. E forse cattivo. Perché la cattiveria viene dalla scarsità. Se c'è poco ossigeno il carbone brucia e diventa veleno, ma se c'è abbastanza ossigeno non succede nulla. Se c'è abbastanza amore non diventi mai cattivo. Guardi me: io sono stato amato anche da mia nonna...". Anche questa è sociologia. Altro che!
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