CLASSICI
Alfredo Ronci
Il vinaiolo letterato e i suoi diari: 'Il permesso di vivere' di Bino Sanminiatelli.
Dello scrittore Sanminiatelli abbiamo preferito un diario (ne ha scritti in tutto cinque), quello che va dal primo gennaio 1959 al 31 dicembre 1962.
Dice della tentazione di raccontar se stesso: Il diarista deve nascondere l'anima e diffidare della verità, senza mai mentire.
Crediamo, dopo aver letto Il permesso di vivere, che non abbia nascosto alcunché, tanto più abbia mentito. Il suo diario è una sorta di compromesso con la vita. Sembra dire: ne approvo le regole, anche con soddisfazione, ma nessuno mi può costringere ad accettarla in toto.
Sembrerebbe un'esistenza allegra e vissuta: gli incontri importanti (essendo un intellettuale, 'riconosciuto' e ricco di suo, frequenta personalità eminenti, Giacomo De Benedetti, Antonio Baldini, Trilussa... per non parlare di presidenti della Repubblica e ambasciatori di rango), i continui viaggi in giro per il mondo (in questo diario racconta della Penisola Scandinava, della Spagna, della Grecia e delle sue isole, del Marocco) gli svaghi mondani. Eppure Bino Sanminiatelli avverte in tutto ciò una propensione al disfacimento, soprattutto nel tentativo di decifrare il presente: Viviamo nella retorica del Milite Ignoto e dei 'martiri' di partiti ed ideologie che esaltano i loro idoli mediocri sotto forma di effigi degradate. Per chi vive e muore per amore il cielo e la terra sono deserti.
Nonostante, come si diceva, i viaggi, la vera geografia dell'anima dell'autore 'gira' attorno ad un triangolo ben definito: quello costituito da Perignano, il paese in cui è nato, Vignamaggio la località della sua residenza e Ansedonia, che costituisce una vera e propria 'via del mare'.
Non è nuovo l'amore di Sanminiatelli per le sue terre: la Toscana in generale e le colline pisane di Lari in particolare (pensiamo poi a Cervo in Maremma del '42 e soprattutto La vita in campagna, uno dei suoi ultimi libri prima della morte in Greve di Chianti nel 1984).
Ma questo attaccamento ai luoghi di origine, in contrapposizione alla necessità di 'fughe' più o meno regolari nel tempo, non gli impedisce di dover far fronte, in continuazione – e questo diario ne è documento inequivocabile – ad un senso sempre più crescente del mal de vivre.
Ancor di più: sembra leopardianamente creare una linea di congiunzione con l'infanzia e con tutto ciò che essa può rappresentare: La mia vita è imprigionata tra le angosce infantili e la morte sospesa (...) la mia verità è il desiderio; ma penso che il mio desiderio sia il contrario del desiderio, ossia la parte sconosciuta a me stesso, la decalcomania a sorpresa (...) Non ho mai detto: "Addio giovinezza, divento un uomo". Dirò soltanto, a suo tempo: "Addio infanzia, divento un morto.
Non pensi il lettore di trovarsi di fronte opera tristanzuola: Il permesso di vivere è anche divertente, sfiziosa e leggera. Si prenda per esempio il brano in cui l'autore fa la conoscenza delle gemelle Kessler (son quelli gli anni delle calze oscurate delle soubrette tedesche da parte della Rai!): Le due gemelle fanno graziosamente parte di quel che di sterile e di animale, di brutale e di divino (la divinità ha spesso bisogno di un essere bruto e primitivo per manifestarsi) che sa di sangue e di balocco, che è proprio del circo equestre, o l'ironica considerazione sul desiderio suo infantile, negato dal padre, di portar pantaloni bianchi, trovandosi di fronte ad un elegantissimo Trilussa che andava passeggiando per Roma, in via del Corso, con paglietta e pantaloni bianchi appunto.
Sanminiatelli agisce proprio in questo senso: sa shakerare spesso elementi sacri e profani, riconducendo tutto però ad una insopprimibile sensazione di disagio 'contemporaneo': Ho passato tanti guai in età cafona. A quest'età piuttosto chic vorrei evitarne il più possibile (come non essere d'accordo e condividerne l'assunto?).
Non si esime nemmeno dall'individuare in sé una sorta di resistenza al sociale (in fondo, incontrando politici e eminenti personalità si sottrae ad una 'marcatura' ideologica). E si difende così: La realtà sociale è limitata a chi non sa meditare sul problema dell'essere, è lontana da Dio e dalla bestia. La vera realtà è amore, angoscia, gioia, sofferenza, sogno, bellezza, morte. Il cuore e il cervello sono antisociali, e sono le due realtà che contano.
Ma rimane un uomo di mondo, che viaggia e quindi inevitabilmente, per piacere personale e per curiosità intellettuale, incontra altre realtà culturali e di una in particolare offre un ritratto quasi profetico: Il mondo islamico rappresenta una potente forza morta, un argine contro idee e ideologie che vengono da oriente e da occidente. Chi professa la religione maomettana non troverà alcuno spiraglio aperto sul di fuori, come nelle loro case.
Dunque questo diario che, contraddicendo lo stesso autore, sembra davvero raccontar di un'anima, rappresenta un formidabile incontro con un autore imprescindibile. In lui, la forza della disperazione controbilanciata da un senso innato per le gioie della vita gli impediscono comunque di equilibrarsi. Rimane comunque un che di 'rognoso': Sulla mia tomba dovranno buttarci la calce viva come si fa dove si sotterrano i cani idrofobi.
L'edizione da noi considerata è:
Bino Sanminiatelli
Il permesso di vivere
Bompiani - 1963
Dice della tentazione di raccontar se stesso: Il diarista deve nascondere l'anima e diffidare della verità, senza mai mentire.
Crediamo, dopo aver letto Il permesso di vivere, che non abbia nascosto alcunché, tanto più abbia mentito. Il suo diario è una sorta di compromesso con la vita. Sembra dire: ne approvo le regole, anche con soddisfazione, ma nessuno mi può costringere ad accettarla in toto.
Sembrerebbe un'esistenza allegra e vissuta: gli incontri importanti (essendo un intellettuale, 'riconosciuto' e ricco di suo, frequenta personalità eminenti, Giacomo De Benedetti, Antonio Baldini, Trilussa... per non parlare di presidenti della Repubblica e ambasciatori di rango), i continui viaggi in giro per il mondo (in questo diario racconta della Penisola Scandinava, della Spagna, della Grecia e delle sue isole, del Marocco) gli svaghi mondani. Eppure Bino Sanminiatelli avverte in tutto ciò una propensione al disfacimento, soprattutto nel tentativo di decifrare il presente: Viviamo nella retorica del Milite Ignoto e dei 'martiri' di partiti ed ideologie che esaltano i loro idoli mediocri sotto forma di effigi degradate. Per chi vive e muore per amore il cielo e la terra sono deserti.
Nonostante, come si diceva, i viaggi, la vera geografia dell'anima dell'autore 'gira' attorno ad un triangolo ben definito: quello costituito da Perignano, il paese in cui è nato, Vignamaggio la località della sua residenza e Ansedonia, che costituisce una vera e propria 'via del mare'.
Non è nuovo l'amore di Sanminiatelli per le sue terre: la Toscana in generale e le colline pisane di Lari in particolare (pensiamo poi a Cervo in Maremma del '42 e soprattutto La vita in campagna, uno dei suoi ultimi libri prima della morte in Greve di Chianti nel 1984).
Ma questo attaccamento ai luoghi di origine, in contrapposizione alla necessità di 'fughe' più o meno regolari nel tempo, non gli impedisce di dover far fronte, in continuazione – e questo diario ne è documento inequivocabile – ad un senso sempre più crescente del mal de vivre.
Ancor di più: sembra leopardianamente creare una linea di congiunzione con l'infanzia e con tutto ciò che essa può rappresentare: La mia vita è imprigionata tra le angosce infantili e la morte sospesa (...) la mia verità è il desiderio; ma penso che il mio desiderio sia il contrario del desiderio, ossia la parte sconosciuta a me stesso, la decalcomania a sorpresa (...) Non ho mai detto: "Addio giovinezza, divento un uomo". Dirò soltanto, a suo tempo: "Addio infanzia, divento un morto.
Non pensi il lettore di trovarsi di fronte opera tristanzuola: Il permesso di vivere è anche divertente, sfiziosa e leggera. Si prenda per esempio il brano in cui l'autore fa la conoscenza delle gemelle Kessler (son quelli gli anni delle calze oscurate delle soubrette tedesche da parte della Rai!): Le due gemelle fanno graziosamente parte di quel che di sterile e di animale, di brutale e di divino (la divinità ha spesso bisogno di un essere bruto e primitivo per manifestarsi) che sa di sangue e di balocco, che è proprio del circo equestre, o l'ironica considerazione sul desiderio suo infantile, negato dal padre, di portar pantaloni bianchi, trovandosi di fronte ad un elegantissimo Trilussa che andava passeggiando per Roma, in via del Corso, con paglietta e pantaloni bianchi appunto.
Sanminiatelli agisce proprio in questo senso: sa shakerare spesso elementi sacri e profani, riconducendo tutto però ad una insopprimibile sensazione di disagio 'contemporaneo': Ho passato tanti guai in età cafona. A quest'età piuttosto chic vorrei evitarne il più possibile (come non essere d'accordo e condividerne l'assunto?).
Non si esime nemmeno dall'individuare in sé una sorta di resistenza al sociale (in fondo, incontrando politici e eminenti personalità si sottrae ad una 'marcatura' ideologica). E si difende così: La realtà sociale è limitata a chi non sa meditare sul problema dell'essere, è lontana da Dio e dalla bestia. La vera realtà è amore, angoscia, gioia, sofferenza, sogno, bellezza, morte. Il cuore e il cervello sono antisociali, e sono le due realtà che contano.
Ma rimane un uomo di mondo, che viaggia e quindi inevitabilmente, per piacere personale e per curiosità intellettuale, incontra altre realtà culturali e di una in particolare offre un ritratto quasi profetico: Il mondo islamico rappresenta una potente forza morta, un argine contro idee e ideologie che vengono da oriente e da occidente. Chi professa la religione maomettana non troverà alcuno spiraglio aperto sul di fuori, come nelle loro case.
Dunque questo diario che, contraddicendo lo stesso autore, sembra davvero raccontar di un'anima, rappresenta un formidabile incontro con un autore imprescindibile. In lui, la forza della disperazione controbilanciata da un senso innato per le gioie della vita gli impediscono comunque di equilibrarsi. Rimane comunque un che di 'rognoso': Sulla mia tomba dovranno buttarci la calce viva come si fa dove si sotterrano i cani idrofobi.
L'edizione da noi considerata è:
Bino Sanminiatelli
Il permesso di vivere
Bompiani - 1963
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