CLASSICI
Alfredo Ronci
La battaglia antiborghese di un fascista anarchico: 'Il soldato postumo' di Marcello Gallian.
Titolo che riprende paro paro il lavoro di Paolo Buchignani su Marcello Gallian e che sintetizza alla perfezione la tensione ideologica dello scrittore romano.
Su di lui la critica ha eretto una cortina di silenzio a dir poco vergognosa, nonostante si sia di fronte ad uno dei romanzieri più dotati di tutto il novecento italiano, spesso del tutto assente dalle antologie e dalle storie della letteratura (qualcuno, negli anni passati, tentò di sfondare il muro di omertà: Baraghini per esempio, che inaugurò la serie mitica dei Millelire con America, un racconto di Gallian tratto dalla rivista 'Quadrivio').
Il soldato postumo è un romanzo deciso e crepuscolare allo stesso tempo, protagonista del quale è una generazione di giovani alle prese con la 'rivoluzione' fascista: questa progenie, a detta dello stesso autore, si rivela una razza a parte di giovani, a cavallo di due generazioni. Non si tratta di condannarla e nemmeno di accettarla, ma di ammetterla.
Conosciamoli dunque questi giovani che sembrano procedere verso l'ignoto ma che, pur contestando l'assetto borghese della società, trovano il mondo interessante nonostante la corruzione del modello e la sua artificiosità.
C'è Marchino, segnato dalla presenza ingombrante della madre Filomena, sorta di deus ex machina della sua esistenza e sempre un po' a scrocco rispetto a chi è più decisionista ed incazzato; c'è Gustavo, ribelle della prima ora e subito dopo rasserenato dopo il matrimonio con Irene; c'è Matteo, il più incerto di tutti sin dagli esordi, che al cospetto di una tensione rivoluzionaria finisce col dire: ... non capisco, Ivonne, perché questi giovani affermino di voler vedere nelle parate, negli esperimenti sulla terra e sul cielo, nei ginnasti persino, un argomento di guerra e chissà mai quale preparazione per il domani... Io vorrei credere che siano esercizi e null'altro, come in antico i ricreatori e le associazioni di boy-scouts.
Dunque Matteo, nella sua posizione palesemente ridotta, contesta i principi della 'rivoluzione', imposta con prove di forza, violenza, menando le mani e pure i bastoni, ferendo ed uccidendo al fine di instaurare il nuovo ordine.
Nell'agitazione del momento (la storia di Il soldato postumo prende consistenza con la marcia su Roma e si esplicita attraverso le fasi più salienti e controverse del regime. Una fra tutte l'assassinio del cancelliere Dolfuss e la ridicola presa di posizione di Mussolini) c'è già chi avverte un probabile tradimento degli ideali: Amodio, per esempio, che sente il bisogno di ribadire con orgoglio il suo passato combattente: Non mi sono adoprato sempre, io, con Gustavo e Federico, a scancellare quanto di agiato, onesto, educato era in noi per diventare davvero la mano della Rivoluzione?
Ma il vero protagonista, o eroe, secondo le intenzioni di Gallian, è Federico, il più risoluto, quello che capta immediatamente i prodromi di un avvilente voltafaccia del regime e quindi delle istanze più rivoluzionarie e che sin dall'inizio mostra le stimmate di un'aderenza assoluta alla causa. La madre, una di quelle vecchie che continuano a vivere col figlio come spose tradite, è convinta di odiarlo perché nutre nel cuore la segreta predilezione di morire in modo soddisfacente.
Come un soldato si potrebbe dire. Ed infatti sarà proprio Federico a lasciarsi morire in strada quando ormai il sospetto di un tradimento ideologico del fascismo, col suo carro di Tespi di opportunisti che si preoccupano solo di meschini vantaggi, è certezza.
Il soldato postumo, come dice giustamente Cesare de Michelis nella postfazione 'rappresenta il termine estremo di un itinerario ideale definitivamente compiuto. Il mondo – c'è scritto – è portato avanti dai giovani capaci di morire e che muoiono.
Si capisce dunque perché il Gallian sia rimasto sempre ai margini di una rispettabilità letteraria (vogliamo dire che l'ignoranza sull'autore equivale, con qualche parallelismo suggestivo, all'annosa questione sull'onorabilità dei combattenti repubblichini?): perché un 'fiumano' dell'ora, un fascista genuinamente 'rivoluzionario', un anarchico antiborghese, un decisionista mai prono. Poteva dar fastidio, soprattutto negli anni della ricostruzione anche culturale del nostro paese, porre l'attenzione, ma persino una generica e genuina riflessione, sul suo passato letterario. Un passato ingombrante proprio per la straordinaria qualità stilistica delle sue opere.
Basterebbe un passaggio poetico del romanzo per capire le effettive potenzialità narrative di Marcello Gallian, di fronte alle quali, oltre all'impossibilità di rimanere indifferenti, si avverte una capacità universale di raccontare i sentimenti del mondo, capacità che appartiene solo ai grandissimi: Mise una scusa, fuggì, si gettò sul letto. Gli parve di dormire. La spina dorsale era stanca e gli portava la carne sino alla testa attraverso la costruzione delle costole. Poi sentì un paio di labbra addosso sul braccio nudo, - pensò fosse Irene, - certo qualcuno succhiava. La figlietta succhiava , a divertimento, il sale del mare che gli invecchiava addosso. E s'addormentò nella disperazione di sapersi mangiato, finalmente, su quel letto, mentre la bocca gli arrivava alla gola e poi agli occhi. Monco e stravolto.
Di fronte ad una bellezza del genere non ci sono polemiche che tengano.
L'ediazione da noi considerata è:
Marcello Gallian
Il soldato postumo
Marsilio - 1988
Su di lui la critica ha eretto una cortina di silenzio a dir poco vergognosa, nonostante si sia di fronte ad uno dei romanzieri più dotati di tutto il novecento italiano, spesso del tutto assente dalle antologie e dalle storie della letteratura (qualcuno, negli anni passati, tentò di sfondare il muro di omertà: Baraghini per esempio, che inaugurò la serie mitica dei Millelire con America, un racconto di Gallian tratto dalla rivista 'Quadrivio').
Il soldato postumo è un romanzo deciso e crepuscolare allo stesso tempo, protagonista del quale è una generazione di giovani alle prese con la 'rivoluzione' fascista: questa progenie, a detta dello stesso autore, si rivela una razza a parte di giovani, a cavallo di due generazioni. Non si tratta di condannarla e nemmeno di accettarla, ma di ammetterla.
Conosciamoli dunque questi giovani che sembrano procedere verso l'ignoto ma che, pur contestando l'assetto borghese della società, trovano il mondo interessante nonostante la corruzione del modello e la sua artificiosità.
C'è Marchino, segnato dalla presenza ingombrante della madre Filomena, sorta di deus ex machina della sua esistenza e sempre un po' a scrocco rispetto a chi è più decisionista ed incazzato; c'è Gustavo, ribelle della prima ora e subito dopo rasserenato dopo il matrimonio con Irene; c'è Matteo, il più incerto di tutti sin dagli esordi, che al cospetto di una tensione rivoluzionaria finisce col dire: ... non capisco, Ivonne, perché questi giovani affermino di voler vedere nelle parate, negli esperimenti sulla terra e sul cielo, nei ginnasti persino, un argomento di guerra e chissà mai quale preparazione per il domani... Io vorrei credere che siano esercizi e null'altro, come in antico i ricreatori e le associazioni di boy-scouts.
Dunque Matteo, nella sua posizione palesemente ridotta, contesta i principi della 'rivoluzione', imposta con prove di forza, violenza, menando le mani e pure i bastoni, ferendo ed uccidendo al fine di instaurare il nuovo ordine.
Nell'agitazione del momento (la storia di Il soldato postumo prende consistenza con la marcia su Roma e si esplicita attraverso le fasi più salienti e controverse del regime. Una fra tutte l'assassinio del cancelliere Dolfuss e la ridicola presa di posizione di Mussolini) c'è già chi avverte un probabile tradimento degli ideali: Amodio, per esempio, che sente il bisogno di ribadire con orgoglio il suo passato combattente: Non mi sono adoprato sempre, io, con Gustavo e Federico, a scancellare quanto di agiato, onesto, educato era in noi per diventare davvero la mano della Rivoluzione?
Ma il vero protagonista, o eroe, secondo le intenzioni di Gallian, è Federico, il più risoluto, quello che capta immediatamente i prodromi di un avvilente voltafaccia del regime e quindi delle istanze più rivoluzionarie e che sin dall'inizio mostra le stimmate di un'aderenza assoluta alla causa. La madre, una di quelle vecchie che continuano a vivere col figlio come spose tradite, è convinta di odiarlo perché nutre nel cuore la segreta predilezione di morire in modo soddisfacente.
Come un soldato si potrebbe dire. Ed infatti sarà proprio Federico a lasciarsi morire in strada quando ormai il sospetto di un tradimento ideologico del fascismo, col suo carro di Tespi di opportunisti che si preoccupano solo di meschini vantaggi, è certezza.
Il soldato postumo, come dice giustamente Cesare de Michelis nella postfazione 'rappresenta il termine estremo di un itinerario ideale definitivamente compiuto. Il mondo – c'è scritto – è portato avanti dai giovani capaci di morire e che muoiono.
Si capisce dunque perché il Gallian sia rimasto sempre ai margini di una rispettabilità letteraria (vogliamo dire che l'ignoranza sull'autore equivale, con qualche parallelismo suggestivo, all'annosa questione sull'onorabilità dei combattenti repubblichini?): perché un 'fiumano' dell'ora, un fascista genuinamente 'rivoluzionario', un anarchico antiborghese, un decisionista mai prono. Poteva dar fastidio, soprattutto negli anni della ricostruzione anche culturale del nostro paese, porre l'attenzione, ma persino una generica e genuina riflessione, sul suo passato letterario. Un passato ingombrante proprio per la straordinaria qualità stilistica delle sue opere.
Basterebbe un passaggio poetico del romanzo per capire le effettive potenzialità narrative di Marcello Gallian, di fronte alle quali, oltre all'impossibilità di rimanere indifferenti, si avverte una capacità universale di raccontare i sentimenti del mondo, capacità che appartiene solo ai grandissimi: Mise una scusa, fuggì, si gettò sul letto. Gli parve di dormire. La spina dorsale era stanca e gli portava la carne sino alla testa attraverso la costruzione delle costole. Poi sentì un paio di labbra addosso sul braccio nudo, - pensò fosse Irene, - certo qualcuno succhiava. La figlietta succhiava , a divertimento, il sale del mare che gli invecchiava addosso. E s'addormentò nella disperazione di sapersi mangiato, finalmente, su quel letto, mentre la bocca gli arrivava alla gola e poi agli occhi. Monco e stravolto.
Di fronte ad una bellezza del genere non ci sono polemiche che tengano.
L'ediazione da noi considerata è:
Marcello Gallian
Il soldato postumo
Marsilio - 1988
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