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Il Paradiso degli Orchi
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CLASSICI

Alfredo Ronci

Nel lager o si muore o si sopravvive. Non si vive più: 'Il fumo di Birkenau' di Liana Millu.

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Se vogliamo, anche nel giorno della memoria vi è una prevedibile sostanza. Sostanza dettata dalla faciloneria più che dall'ignoranza: di chi vuol raccontare l'immane tragedia attraverso le solite bocche, le solite testimonianze (a cui, quest'appunto, non vuole sottrarre importanza o la benché minima suggestione).

Per carità: obbligatorio parlare della Frank o di Primo Levi o dell'ultimo sopravvissuto della retata del ghetto di Roma, ma vi sono voci straziate che sono state dimenticate, forse per incuria, forse per il semplice trascorrere del tempo (in questo caso sarebbe una delittuosa negligenza: perché altrimenti parleremmo di memoria?): tra queste senz'altro Liana Millu.

Il titolo dato alla segnalazione in qualche modo la investe in modo diretto (il purista mi conceda la libertà: Millu come sineddoche di tutti. Perché esperienze del genere non lasciano vivere nessuno): nel corso della sua vita la scrittrice pisana tornerà più e più volte sulla tragedia: se Il fumo di Birkenau (scritto tra l'altro in condizioni precarie, ancor prima di far ritorno in Italia) è del '47, lo stesso anno di Se questo è un uomo, le opere seguenti, nell'ossessione del dramma non cancellabile, arrivano fino al 2006, l'anno successivo alla sua scomparsa, con la pubblicazione postuma di Campo di betulle: Shoah, l'ultima testimonianza di Liana Millu, con prefazione di Moni Ovadia.

Il fumo di Birkenau è una lettura non facile: la scrittrice non indulge a rappresentazioni raccapriccianti, anzi, ma vi è nello svolgimento quasi 'chiotto' delle vicende un senso della pietas e una rappresentazione del dolore così compito che spesso si ha voglia di gridare e chiudere il libro (creando così un definitivo distacco che ci salvaguarda dal delirio).

Dice Primo Levi nella prefazione: L'autrice compare raramente in primo piano: è un occhio che penetra, una coscienza mirabilmente vigile che registra e trascrive, in un linguaggio sempre dignitoso e misurato, questi eventi che pure sono al di fuori di ogni misura umana.

Il fumo di Birkenau è formato da sei racconti. Nel primo 'Lily Marlene', una sorvegliante tedesca, gelosa che il suo amante abbia messo gli occhi addosso ad una graziosa ebrea di nome Lily, dopo un battibecco la consegna nelle mani del famigerato dottor Mengele.

Ne 'La clandestina' una deportata nasconde fino alla fine la sua gestazione, ma dopo aver partorito muore dissanguata insieme al neonato durante un appello.

In 'Alta tensione' una madre col suo ragazzo si trovano divisi all'interno del campo di concentramento, ma si ritrovano uniti dopo che, nel tentativo di abbracciarsi, rimangono fulminati dalla rete ad alta tensione.

Ne 'Il biglietto da cinque rubli' una donna, venuta a sapere della morte del marito, si lascia andare al dolore e muore dopo essere stata bastonata. Prima di esalare l'ultimo respiro accenna una canzone che parla di fuga e della riconquistata libertà.

In 'Scheiss egal' si racconta la storia di due sorelle: una per sopravvivere decide di prostituirsi, l'altra, coerente coi suoi principi e addolorata della scelta della sorella, comincia a rifiutare il cibo e si lascia morire.

In 'L'ardua sentenza' una moglie innamorata è combattuta tra due possibili destini: mantenere fede al marito e morire di fame, oppure cedere, disonorarsi ma conservarsi per lui (Cerca di aiutarmi, mettiamo le cose in termini chiari: quale è il mi dovere? Tradire mio marito e conservarmi per lui; o rimanergli fedele e abbandonarlo, perché morirò a Birkenau?).

Curiosamente, il primo 'fumo' che si incontra non è quello di una persona mandata a morire nei forni crematori, ma quello dell'alcova d'amore tra il Capo tedesco e la sorvegliante gelosa della graziosa ebrea: Dalla baracchetta del Capo sfuggiva un filo allegro, quasi azzurro, di fumo: ella aveva acceso bene il fuoco. Ed immaginavo la fiamma ardere, la legna crepitare, mentre piccole, ardenti, abbaglianti faville s'involano dal fornello, ed il calore penetra così dolcemente il corpo di chi vi è seduto vicino.

Nella targa commemorativa dedicata alla scrittrice che c'è a Boccadasse (Genova) vi è scritto: Fa o Signore che io non divenga fumo che si disperde. Fumo in questo cielo straniero, ma riposare io possa laggiù nel mio piccolo cimitero sotto la terra della mia terra. Il mare mi cullerà, il vento mi porterà i profumi delle riviere e sarà la pace.

Forse magra consolazione per una donna che, come altri milioni di essere umani, ha vissuto l'indicibile.



L'edizione da noi considerata è:



Liana Millu

Il fumo di Birkenau

Editrice la Giuntina 1986





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